Le mafie non come “emergenza” ma come elemento costitutivo della nostra societàdi Lucia Lipari
L’ascesa dei clan calabresi in Italia e nel mondo, la lotta alla corruzione. Le mafie non come “emergenza” ma come elemento costitutivo della nostra società. Di questo e molto altro ha parlato il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, intervistato da Libera Informazione in vista della visita fatta a Reggio Calabria dalla Direzione Nazionale Antimafia. Una relazione tecnica, quella portata in Calabria da Roberti, che ha fornito importanti indicazioni a tutti i parlamentari circa le procedure e le caratteristiche legislative necessarie nel campo dell’antimafia.
Colletti bianchi e corruzione sono il binomio del momento?
La corruzione è un dato acquisito. La risoluzione del Parlamento Europeo del 25 ottobre 2011, ma ancor più la risoluzione del 23 ottobre 2013 mette in evidenza la stretta connessione tra criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di danaro, considerando che la criminalità organizzata. ha ampliato il proprio raggio d’azione su scala internazionale, oltre che dalla globalizzazione economica e dalle nuove tecnologie, stringendo alleanze con altri gruppi criminali di altri paesi. La corruzione entra a pieno titolo nel metodo e nell’essenza dell’agire mafioso. Il mafioso non spara subito, prima di agire compra. La corruzione, i suoi modelli, abbiamo avuto modo di coglierli anche in una recente operazione a Reggio Calabria, l’“Araba Fenice”, in cui addirittura un’amministratrice giudiziaria è risultata tra gli imputati.
Quali sono gli strumenti per riconoscere le infiltrazioni delle mafie?
Ci sono state numerose operazioni che hanno avuto risultati brillanti. Prestare attenzione, seguire le indagini, le intercettazioni, può essere uno strumento di difesa dalle infiltrazioni, perché può aiutare la gente a rendersi conto della pervasività mafiosa e riconoscerla nei territori non infestati. La indagini portate avanti grazie alla sinergia tra Procure e Forze dell’ordine, non si sono svolte esclusivamente nel Meridione d’Italia. Si pensi alla serrata attività svolta dalle Procure di Milano e Reggio Calabria o ancora alle inchieste trattate in Piemonte.
La legge 109/96 ribadisce l’utilità sociale della confisca dei beni ai mafiosi, cosa auspica?
La funzione svolta dagli amministratori giudiziari è decisiva, però non sono stati ancora attuati interventi normativi basilari, come regolamenti attuativi che dispongano in materia di iscrizione nell’Albo degli amministratori giudiziari, secondo il Decreto Legislativo del 4 febbraio n. 14 del 2010. Fino a quando non si disporrà al riguardo, non ci sarà un adeguato avvicendamento tra gli amministratori e non si potrà amministrare i beni sequestrati e confiscati in modo tale da poter essere restituiti utilmente alla collettività. In questo quadro l’Agenzia nazionale deve anche dotarsi di ulteriori mezzi e strutture.
Come si configura la criminalità organizzata oggi?
Nel panorama criminale, la mafia siciliana è stato superata dall’ascesa dei calabresi. Va notato come le mafie non siano un’emergenza, ma un elemento costitutivo della società. Vanno contrastate con continuità ed attraverso un sistema di cooperazione internazionale. E’ indispensabile coordinarsi con gli altri Paesi dell’Unione Europea. Non bisogna dimenticare che già venti anni fa sono stati rinvenuti insediamenti mafiosi in Australia. Se il contrasto è debole, il rischio è che si espandano ulteriormente. La criminalità organizzata è diventato un problema transnazionale, che ricava ingenti profitti dalla droga, come per i cartelli sud americani o nei Balcani, dalla tratta degli esseri umani, traffici illeciti, contrabbando di organi ed armi, riciclaggio.
Ci sono strumenti nuovi di contrasto al malaffare?
Magistratura ed europarlamentari stanno ponendo il problema al vaglio dell’Europa. Del resto dopo il Trattato di Lisbona, l’armonizzazione dei sistemi giuridici e più in generale della giustizia fa ben sperare. E’ in cantiere la confisca allargata, il provvedimento che aggredisce i beni dei terzi, quei beni di cui i condannati non possono giustificare la provenienza e che detengono per interposta persona. Ancora importante è la figura del Procuratore Europeo, annunciata dalla Commissione UE, con estesi poteri di indagine.
C’è un momento significativo che ha segnato la sua professione?
Diversi casi mi hanno segnato, ma adesso di getto mi torna in mente quando trent’ anni fa ero sostituto alla Procura di Napoli. Mi colpì trovare un bambino di appena undici anni, morto, colpito durante un conflitto a fuoco a Casoria, che avrebbe dovuto uccidere un pregiudicato ed accidentalmente colpì lui. Stava dietro un bancone a lavorare in nero, mandato dai genitori, mentre si sarebbe dovuto trovare altrove, a scuola. Ho incontrato il Ministro della Pubblica amministrazione per l’inaugurazione dell’anno scolastico a Casal di Principe e le ho espresso la mia opinione sul fatto che la magistratura fa il proprio dovere, ma non è sufficiente. La scuola deve lottare contro la dispersione scolastica, anticamera del reclutamento mafioso. In certi ambienti si ritiene che la scuola non sia più un passaggio obbligato, è un fatto grave. Si deve assicurare e garantire l’istruzione a tutti come sancito dall’articolo 34 della nostra Costituzione.