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“Una sola famiglia umana, cibo per tutti”: la campagna contro la fame di Caritas Internationalis

Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 10/12/13

Papa Francesco denuncia lo “scandalo mondiale” di 1 miliardo di persone che soffrono la fame: “il cibo a disposizione del mondo basterebbe a sfamare tutti”

“Una sola famiglia umana, cibo per tutti”, è la campagna mondiale lanciata dalla rete della confederazione Caritas Internationalis che si pone come obiettivo quello di eliminare la fame entro il 2025. Vi prendono parte tutti i 164 membri dell’organizzazione in quasi 200 Paesi del mondo che provvederanno a declinare i contenuti della campagna a livello nazionale e diocesano. L’iniziativa è stata lanciata a Roma il 10 dicembre in occasione Giornata mondiale dei Diritti Umani: “invito tutte le istituzioni del mondo – ha chiesto Papa Francesco in un videomessaggio per la presentazione della campagna -, tutta la Chiesa e ognuno di noi, come una sola famiglia umana, a dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo”. Massimo Pallottino, che lavora alla campagna per Caritas italiana, spiega ad Aleteia ispirazione e contenuti dell’iniziativa.

Che fine ha fatto uno degli Obiettivi del Millennio che fissava al 2015 il dimezzamento della fame nel mondo?

Pallottino: Molti obiettivi non sono stati raggiunti e non saranno raggiunti. Per quanto riguarda la fame nel mondo è stato registrato un miglioramento, soprattutto in alcune zone dell’Asia, ma in altre aree come l’Africa subsahariana la situazione è rimasta critica. Per questo a livello internazionale si è sviluppato un processo che coinvolge sia i governi che la società civile per la revisione degli obiettivi del Millennio e l’identificazione delle prospettive dopo il 2015. “Beyond 2015”, oltre il 2015, si propone di prendere atto delle luci e delle ombre che circondano il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio per rilanciare una campagna internazionale che tenga conto di alcuni aspetti che all’epoca non erano stati affrontati come l’impatto ambientale delle scelte assunte. Mentre si continua a discutere, però, la campagna lanciata da Caritas internationalis e il messaggio del Papa sono un segno forte per invitare a tenere ben presente lo scandalo di 1 miliardo di persone che soffrono la fame. A tutti viene chiesto un forte impegno perché questo scandalo venga rimosso.

Cibo per tutti” è lo slogan della campagna: ma cosa significa concretamente affermare il diritto al cibo?

Pallottino: Il diritto al cibo si traduce in molti aspetti concreti. Pensiamo al nesso con il cambiamento climatico. E’ acclarato scientificamente il rapporto tra gli stili di vita odierni e il cambiamento del clima con tutte le conseguenze che produce sull’ambiente e le coltivazioni. Il mutamento degli stili di vita richiede però tempi lunghi e per questo nel frattempo occorre lavorare sulla resilienza delle comunità locali, cioè sulla loro capacità di reagire alle catastrofi ambientali. Il concetto stesso di “diritto” al cibo è importante perché sul pianeta c’è cibo a sufficienza per tutti ma ci sono aree che consumano più risorse e aree più povere. Non è un concetto nuovo ma la crisi economica ha aumentato la forbice tra ricchi – che sono sempre più ricchi – e poveri, che sono sempre più poveri. E’ un effetto di cui ci accorgiamo anche in Italia quando vediamo che sono sempre di più di più le persone che fanno la fila alla mensa della Caritas. Occorre prendere consapevolezza che si tratta di un problema trasversale che non riguarda più e solo il sud del mondo ma l’intero modello di sviluppo. Infatti un altro elemento riguarda la governance finanziaria nella quale affonda le sue radici la crisi economica. La speculazione sui prezzi delle derrate alimentari ha aggravato la situazione di insufficienza alimentare di molti paesi del mondo, perché il valore di mercato di quanto produce un contadino della Tanzania non è calcolato nel suo contesto ma è dettato dalla Borsa di Chicago nella quale i prezzi vengono artificiosamente fatti crollare per interessi speculativi. Il diritto al cibo diventa quindi una finestra su questioni essenziali a cui bisogna mettere mano per migliorare la convivenza umana.

La campagna individua tre livelli di impegno: internazionale, nazionale e personale.

Pallottino: Sì, ogni livello ha prospettive diverse di impegno. A livello di governance internazionale vanno rivisti, per esempio, gli accordi sul commercio. Noi ci battiamo affinché il cibo non sia equiparato a qualsiasi merce in quanto parte della cultura di un popolo e la cui produzione è diversa per ogni paese. A livello nazionale occorre promuovere politiche per un consumo di prossimità e all’interno del territorio: non è retorica affermare che ogni territorio deve poter nutrire le persone e in modo sostenibile per non comprometter l’eredità delle generazioni future. A livello personale, affermare il diritto al cibo significa, per esempio, un uso oculato del consumo di carne che ha livelli alti di costi di energia necessari per produrla. E’ sempre più rilevante, da questo punto di vista, l’influenza esercitata dal commercio equo e solidale, dai Gruppi di acquisto solidale, dagli orti urbani e da altre iniziative di consumo sostenibile. Quando questi comportamenti diventano generalizzati aumenta la consapevolezza che il mio personale atto di acquisto è capace di influenzare i modelli di consumo. E questo ha un grande valore educativo perché si rafforza la consapevolezza che le mie scelte sono in grado di influire sul mondo.

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