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L’amore, un’attenuante per i pedofili? Sgomento per una sentenza della Cassazione

L’amore un’attenuante per i pedofili?

@Shuttershock

Emanuele D'Onofrio - Aleteia Team - pubblicato il 09/12/13

Rinviata in appello una condanna di cinque anni ad un sessantenne trovato a letto con una bambina di 11 anni. Motivo: la piccola sarebbe stata innamorata

C’è ancora grande confusione intorno ad un caso giudiziario esploso mediaticamente pochi giorni fa. La sentenza della Suprema Corte di Cassazione è stata depositata e solo gli avvocati delle parti avrebbero avuto modo di accedervi ed analizzarla; tuttavia, “Il quotidiano della Calabria” ne racconta alcuni dettagli che lasciano senza parole, ed assai preoccupati. Un uomo di 60 anni, dipendente dei Servizi Sociali di Catanzaro, era stato condannato in primo ed in secondo grado a cinque anni di carcere per violenza sessuale su minore, una bambina di 11 anni che gli era stata affidata, dopo che i poliziotti a seguito di centinaia di intercettazioni avevano trovato i due nudi ed abbracciati in un letto. L’accondiscendenza della bambina, anzi, il sentimento intenso che la piccola avrebbe manifestato per il sessantenne potrebbe essere, così racconta il giornale calabrese, motivazione sufficiente per la Cassazione per chiedere alla Corte d’Appello di considerare nuove circostanze attenuanti nella definizione della condanna.

Noi di Aleteia abbiamo deciso di approfondire questa notizia, perché anche se non ancora confermata, ed in questo caso la decisione dei giudici sarebbe senz’altro sconcertante, mette già in evidenza diversi aspetti interessanti. Uno di questi è, come l’avvocato Gassani, penalista della famiglia ed esperti in delitti intrafamiliari, sottolinea, la tendenza da parte dei media che si è rivelata traditrice in passato a lanciarsi in giudizi spesso basati su cattive interpretazioni se non su informazioni lacunose.

Avvocato, come giudica questa sentenza?

Gassani: Nessuno degli avvocati che io conosco ha avuto modo di leggere questa sentenza, ma certamente i titoli dei giornali sono inquietanti. Al momento, dunque, noi abbiamo solo titoli di giornali ed alcuni commenti. Se la Suprema Corte di Cassazione ha preso questa decisione, a mio parere ha preso un grande abbaglio, perché la pena di detenzione da 6 a 12 anni vale per chiunque abbia rapporti con minori di 14 anni, indipendentemente da qualsiasi altro fattore, tanto meno quello sentimentale. Per cui io stento a credere a questo tipo di sentenza, perché probabilmente c’è altro che noi non conosciamo. Tante volte abbiamo commentato questo tipo di sentenze e poi abbiamo scoperto che dicevano altro, perché c’è anche una voglia di “sensazionalismo” a volte in Italia nel commentare le sentenze della Cassazione. Ma se dovesse esserci una motivazione di questo tipo, cioè che basta essere innamorati per andare a letto con una bambina di 11 anni, beh a questo punto c’è davvero molto da preoccuparsi. Dovrebbero intervenire davvero organi superiori alla Suprema Corte. Questo è un problema del comune sentire, dell’uomo comune di strada, senza arrivare a quello che sancisce l’articolo 609 del Codice Penale: certamente non può essere un’attenuante il sentimento della bambina verso il sessantenne. E’ una cosa raccapricciante da un punto di vista sociale. Credo e mi auguro che tutti quanti ci siamo sbagliati. Altrimenti come padre, come avvocato e come cittadino, sarei davvero molto allarmato.

Al di là di questa sentenza in particolare, com’è la tendenza riguardo alle sentenze che coinvolgono minori da parte della Cassazione?

Gassani: Negli ultimi anni la Suprema Corte di Cassazione per la verità ha rinforzato il principio secondo cui chi ha fatto sesso con bambini al di sotto dei 14 anni deve essere condannato senza pietà. Quindi, francamente, questa sentenza si colloca come una sorta di mosca bianca in un ginepraio di sentenze in cui invece c’è una grande severità da parte dei giudici. La pedofilia non è minimamente scusabile, sotto nessun profilo. Neanche l’amore, tra un bambino e un essere adulto, addirittura in terza età, può giustificare rapporti sessuali o amorosi di qualsiasi natura. Quindi se noi stabiliamo un principio, non solo giuridico, ma naturale e sacro, non credo che la Suprema Corte, che è l’organo di garanzia della legalità nel nostro Paese, possa aprire la porta ad una deriva di questo tipo di pedofili. Credo dunque onestamente soltanto quando leggerò la sentenza, e forse neanche dopo averla letta, potrò credere ad un principio di questo genere.

In attesa di ulteriori conferme, per commentare quanto oggi si legge sui quotidiani Aleteia ha voluto interpellare alcuni esperti di psicologia infantile e di diritto sui minori in Italia. In particolare, ci siamo rivolti a Filippo Petruccelli, avvocato psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione presso l’Università di Cassino, e ad Antonio Marziale, fondatore e Presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori.

Professor Petruccelli, è possibile parlare di “amore” per quanto riguarda una bambina di 11 anni, da un punto di vista giuridico e da un punto di vista psicologico?

Petruccelli: Bisogna premettere che i due modelli di interpretazione, giuridico e psicologico, sono molto diversi tra di loro. Quando cerchiamo di metterli insieme nel concreto ci troviamo in difficoltà. Da un punto di vista giuridico, che la Corte abbia trovato delle attenuanti generiche – che peraltro cambiano poco, perché gli atti sessuali con minori rimangono, indipendentemente da tutto – alcuni comportamenti e situazioni che secondo lui fanno parte della fattispecie, questo è “lecito”. Ripeto, su una condanna a 5 anni le attenuanti non è che giochino un ruolo fondamentale; tuttavia è interessante come abbiano preso in considerazione l’innamoramento, che è una forma di relazione squisitamente psicologica. Non esiste nel diritto una rilevanza giuridica del fatto che io possa essere o meno innamorato di qualcuno, o di qualcosa, un quadro o una fantasia. Infatti, le attenuanti generiche si danno in genere con motivazioni extragiuridiche. Il problema è: che cosa possiamo intendere per “innamoramento” o “relazione”, da un punto di vista psicologico? Queste sono parole legate a codici filosofici o linguistici, anche perché la psicologia è più tranchant se si parla di relazioni o di sentimento. Per la psicologia una relazione può essere congrua o incongrua, può essere sessuale o finalizzata alla costruzione di una famiglia, e così via. Sono definizioni che hanno poco del sentimentale, ma qui invece si parla di sentimento. E la psicologia distingue tra tantissimi tipi di sentimento: padre e madre, fidanzati ecc. Ma il problema è: posso usare questa parola per una bambina di quindici anni? Da un punto di vista psicologico io mi posso innamorare di un “oggetto” congruo se mi innamoro di una persona alla quale per età non faccio danni, mentre tutte le perversioni sessuali hanno oggetti “incongrui”, sono delle storture della mente che mi fanno vedere un oggetto congruo e finalizzato al soddisfacimento dei miei bisogni affettivi o sessuali in uno che non lo è, o lo è solo in maniera parziale. Ma nella nostra cultura e società ormai l’idea della finalizzazione dell’oggetto ad un rapporto sessuale completo viene compromessa ogni giorno di più. Fino a poco tempo fa c’era un forte sistema di protezione verso i rapporti sessuali generativi. Adesso tutto questo è messo in crisi dalla società dei consumi, dal sesso e dai sentimenti vissuti in modo consumistico. Anche per i nostri bisnonni c’erano situazioni incongrue, ma erano limitate, erano vizi che si tenevano nascosti. Adesso è tutto molto più “esibito”, e c’è una sessualizzazione del mondo dei bambini.

In questo atteggiamento dei giudici di Cassazione lei registra un affanno nel voler andare dietro a queste mode?

Petruccelli: La cosa non è molto consapevole, come quando io regalo a mia nipote o a mia figlia di 5 anni quel costume o vestito, o quando la invito ad un atteggiamento che magari deriva dal mondo dei mass media. La pubblicità che si rivolge ai bambini, specie sui vestiti o sul trucco, tende a farli vedere come più grandi. Li si spinge a truccarsi, ad esempio, quando non sono neanche adolescenti. Tutto questo diventa via via un sapere comune o condiviso, per cui che la Cassazione parli di “innamoramento” non significa che stia andando dietro una moda, ma che è diventata l’espressione del senso comune. Ormai l’immagine del bambino che ci trasmettono la televisione e tutti i mass media è molto sessualizzata rispetto a quello che poteva essere l’immagine che due generazioni fa avevamo dei bambini.

Ma lei teme che questo ci porterà a rivedere le nostre convinzioni sull’età infantile?

Petruccioli: Siamo noi che li trattiamo sempre più da grandi. Per quanto riguarda l’educazione, una volta il bambino non aveva diritto – ed era sicuramente un eccesso – di esprimere un’opinione. Ora si va al ristorante e la prima cosa che si fa è rivolgersi al bambino di 5 anni e chiedergli “caro, cosa vuoi mangiare?”: è un trattarli da grandi, quando grandi non sono. Questa è la tragedia evolutiva attuale. Un bambino di 11 anni che vive nel mondo di Facebook ha già subito il contagio di una parola come “amore”. Basta andare davanti ad una scuola media per rendersi conto che bambine e bambini sono vestiti e truccati da grandi, e che gli si chiede un comportamento da adulto. Siamo noi che stiamo spingendo i bambini, sempre più piccoli, fuori dalla loro età. Loro avrebbero bisogno di viversi la loro età dell’incoscienza, si diceva una volta, che arriva fino alla pubertà. I principi morali vanno gestiti dai genitori, un bambino non può capire se una cosa è giusta o sbagliata. Mettete un motorino in mano ad un bambino di 11 anni e quello farà dei disastri; allo stesso modo, mettete l’innamoramento in mano ad una bambina di 11 anni e farà altrettanti disastri. Nella sentenza della Corte c’è il riconoscimento di qualcosa che a noi, mass media, genitori, società, sta sfuggendo di mano. Ci sta sfuggendo di mano il bambino, perché vorremmo degli adulti. Questo avviene anche perché c’è una rincorsa dei genitori, che si sentono in colpa perché non hanno più tempo né spazio per i figli, verso un’educazione permissiva, che in senso teorico può essere anche giusta, ma che va verso una super-responsabilizzazione del bambino.

Dottor Marziale, questa notizia ci parla di una deriva teorica riguardo a quello che è il diritto sui minori?

Marziale: Questa sentenza conferma che la Cassazione di tanto in tanto ama scioccarci. Penso per esempio alla sentenza sulla donna che qualche anno fa fu uccisa dopo una violenza sessuale all’uscita dalla metropolitana di Roma: i magistrati scrissero che se la donna non avesse reagito probabilmente la donna non sarebbe morta. E’ inaccettabile ed è inammissibile che la discrezionalità del giudice che pure in giurisprudenza in Italia esiste, possa spingersi fino al punto di giustificare, di dare attenuanti ad una situazione che meriterebbe solo aggravanti. Noi qui infatti parliamo di una bambina di 11 anni e di un signore che ha 60 anni, di un signore che avrebbe dovuto “accudirla” perché lavorava proprio nell’ambito dei servizi sociali ai quali era stata affidata la cura della bambina, e invece lo si ritrova nudo a letto con lei. Bene, allora se vogliamo gloriarci, come spesso capita in questo Paese, del fatto che la giurisprudenza è piena di norme a difesa del minore, dobbiamo dall’altra parte prendere atto che tutta questa montagna di carta serve solo a fare un grande falò perché manca la cultura di fondo del rispetto del bambino. Questo è un problema culturale, prima che giurisprudenziale: non può e non deve essere accettato che un crimine contro l’umanità come la pedofilia – ed un uomo di 60 anni che si congiunge carnalmente ad una bambina di 11 è da considerarsi pedofilo a tutti gli effetti – possa godere di attenuanti. Fintanto che la giustizia in questo Paese funziona così, vuol dire che dev’essere in qualche modo riparata.

Trova preoccupante che il diritto, come afferma il professor Petruccelli, sembri lasciarsi influenzare dal modo in cui i media rappresentano il mondo dei bambini oggi?

Marziale: Il professor Petruccelli ha ragione. Noi da anni siamo abituati ad avere i bambini “adultizzati”. Guardi, basti pensare ad “innocenti” trasmissioni televisive che noi come Osservatorio non abbiamo mai accettato culturalmente, ad esempio “Ti canto una canzone”, dove i bambini vanno a scimmiottare i grandi; non ci si rende conto del problema culturale che creano. Avere i bambini di 10, 11, 12 anni che si esibiscono in bambini che cantano “Non son degno di te” o “perdere l’amore” è di fatto uno scimmiottamento del mondo degli adulti, tra le altre cose sanzionato dal Codice TV e minori del quale sono stato tra gli ispiratori e gli estensori. I media che in qualche modo ci aiutano a considerare adulti i minori, ma non è solo colpa dei media, perché se io penso ai legislatori che hanno fatto delle proposte di legge, come quella di dare porto d’armi e patente a 16 anni, di far votare a 16 anni, vede, questa è gente che si arroga il diritto di rubare anni preziosi all’infanzia, perché per quante emozioni culturali oggi i bambini abbiano rispetto al passato, biologicamente sono sempre dei bambini. Oggi, poi, abbiamo genitori, in particolare le mamme, che hanno invertito una tendenza culturale: un tempo avevamo le bambine che giocavano a fare la mamma, adesso abbiamo un vulcano potenzialmente esponenziale di mamme che giocano a fare le bambine. Tutte queste cose contribuiscono a smorzare lo sdegno che, di fronte ad un caso come quello che la Cassazione c’ha proposto, deve essere normale.

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