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Asl: poca trasparenza e a rischio corruzione

Asl: poca trasparenza e a rischio corruzione

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 09/12/13

Il monitoraggio di Libera e Gruppo Abele nelle 237 Asl italiane sull'applicazione della legge anti-corruzione

La legge 190/2012 prevede che tutti gli enti pubblici, aziende sanitarie comprese, si avvalgano di strumenti per raggiungere l'obiettivo della trasparenza contrastando la corruzione. Per questo le aziende sanitarie, entro il 31 gennaio 2014, devono, tra le altre cose, nominare il responsabile locale anticorruzione, pubblicare online il Piano triennale anticorruzione e fornire informazioni complete sui vertici dell'organo di indirizzo politico (direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo). La campagna “Riparte il futuro” promossa dall'associazione contro le mafie Libera e dal Gruppo Abele ha monitorato lo stato di applicazione di questi tre parametri nelle 237 aziende sanitarie italiane e ha diffuso i dati il 9 dicembre in occasione della Giornata mondiale della corruzione: il risultato non è incoraggiante per il rispetto della legalità nel nostro Paese.

Nelle Marche e in Molise la figura del responsabile anticorruzione non esiste, in Calabria ce l'ha solo una Asl sulle nove esistenti, in Campania una su dieci. Non va meglio in Sardegna, 1 su 10. E, a sorpresa, nemmeno la Toscana ha fatto i compiti a casa: su 16 Asl presenti, solo in 5 lo hanno nominato (Repubblica.it 9 dicembre). Questi i dati relativi alla nomina del soggetto che dovrebbe costituire l'antidoto per il tentativo sempre in agguato di trarre utili dalla spartizione degli appalti in sanità.

Fortemente negativi anche i dati sui piani triennali. Su scala nazionale sono stati adottati e resi disponibili sul web solo nel 20,7 per cento dei casi: sono inesistenti in Abruzzo, Calabria, Emilia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Umbria. Spicca in positivo il Friuli, dove 9 Asl hanno predisposto il piano, ancora indietro la Lombardia della sanità tradizionale "fiore all'occhiello" dove ce l'ha solo il 36 per cento delle aziende (Repubblica.it 9 dicembre).

L’obiettivo che si prefigge la campagna di informazione e lotta alla corruzione, è quello di “tutelare e difendere da opacità, illegalità e corruzione il servizio sanitario pubblico che dal 1978 garantisce cure e assistenza ai cittadini”.

Ma la trasparenza è evidentemente è ancora un miraggio se il responsabile ad hoc è stato nominato solo nel 67 per cento delle Aziende, i piani triennali sulla trasparenza, obbligatori per legge, sono presenti solo in 22 Asl su cento. Nessuno li ha adottati in Emilia, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Trentino e Valle d'Aosta. Il decreto legislativo 133 impone anche di adeguare i siti web per consentire l'accesso civico ai cittadini, cioè la visione di un certo tipo di documenti e dati. Su 237 aziende italiane, solo 129 hanno predisposto sui propri siti le informazioni sull'accesso civico (Repubblica.it 9 dicembre).

E per quanto riguarda le nomine dei direttori generali, sanitari e amministrativi: sono messe online insieme ai rispettivi emolumenti? Sì, ma solo sei volte su dieci (Vita di donna, 9 dicembre).

Nel sito www. riparteilfuturo.it i cittadini stessi possono attribuire a ogni Asl un punteggio, così da aggiornare il monitoraggio svolto finora. C'è anche una petizione online intitolata "Salute: obiettivo 100%". “Se la mafia è la peste – ha scritto il fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti per sottolineare la necessità dell'impegno di tutti in questa battaglia – la corruzione è il suo agente. Il parassita che divora le risorse economiche e morali di una democrazia”.

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