Se le tecniche del gioco possono essere usate per buoni propositi, come aiutare a trovare una cura per l'Aids, ci può essere anche un lato più oscuro
di Eugene Gan
Pensate che i videogiochi siano solo per bambini? Sbagliato. L’età media della persona che utilizza i videogiochi è ora di 37 anni, e nel 2012 i consumatori hanno speso 20.77 miliardi di dollari in videogiochi, hardware e accessori. Il 77% delle famiglie americane ha dei videogiochi, e nel caso in cui si pensi erroneamente che sia un fenomeno diffuso solo negli Stati Uniti ecco un paio di dati interessanti: la Cina ha il più alto numero di giocatori, e il 66% della popolazione della Germania è giocatrice attiva. Si può star certi che è un settore a cui il mondo degli affari presta molta attenzione.
Pensate che i videogiochi riguardino solo i ragazzi? Sbagliato. In base all’ultimo rapporto della Entertainment Software Association, il 45% di tutti i giocatori è di sesso femminile, con le donne con più di 18 anni che rappresentano una porzione significativamente superiore della popolazione giocatrice (31%) rispetto ai ragazzi di 17 anni o meno (19%).
Pensate che potete evitare i videogiochi nella vostra vita quotidiana? Potete provarci, ma saranno sempre più difficili da evitare. Il modo di pensare “alla videogioco”, inoltre, è sempre più la filosofia su cui si costruiscono i social media online. È definito “ludicizzazione” e punta a permeare i nostri media, il nostro intrattenimento, il nostro sistema educativo e il posto di lavoro, per non menzionare i possibili cambiamenti nel modo in cui interagiamo con la vita stessa. Probabilmente l’avete già incontrato, forse senza nemmeno rendervene conto. È proprio perché i videogiochi sono così onnipresenti nella nostra cultura che l’ambiente è perfetto perché la ludicizzazione faccia presa e prosperi. La ludicizzazione è il nuovo social media. È lo zeitgeist [spirito del tempo, a indicare la tendenza cultura predominante] della nostra epoca. È nell’aria. Lo si respira (o ci si soffoca). È surreale, spaventoso ed eccitante allo stesso tempo.
La ludicizzazione non riguarda la creazione di video di per sé. È, in base alla definizione popolare, l’applicazione del pensiero e delle pratiche del videogioco (ad esempio il design del gioco, la meccanica, la teoria e le tecniche) ad attività e processi diversi dal gioco per trovare modi nuovi e creativi per risolvere problemi e attirare il pubblico. In altre parole, consiste nel prendere i principi e le pratiche migliori di giochi come Angry Birds, Plants vs. Zombies e The Sims e usarli per creare qualsiasi cosa da siti web che vi faranno tornare, a programmi Frequent Flyer, alle diete e ai piani che promuovono una vita sana fino a quel timer infernale che conta il numero dei secondi che rimangono per comprare quell’oggetto e spinge a raggiungere il telefono (o a cliccare su “Compra ora!”).
Come può raggiungere tutto questo la ludicizzazione? C’è un’intera serie di principi di design della ludicizzazione, ciascuno dei quali lotta per emergere nel mercato perché ci sono tanti modi di lucidizzare quante sono le idee per fare qualcosa di divertente e accattivante. Uno dei miei esempi preferiti comprende il fatto di giocare a un puzzle online chiamato Foldit che ha giocatori in tutto il mondo che collaborano a incrociare molecole di proteine in tre dimensioni. L’obiettivo? Trovare modelli o stati ottimali nelle strutture proteiche (può essere davvero divertente per le persone che amano i puzzle). Ma non è tutto; il vero fattore decisivo è che si tratta di un esperimento per più giocatori in cui chi gioca risolve reali problemi della ricerca scientifica. In particolare, gli scienziati hanno passato 15 anni a cercare di svelare la struttura di una proteina collegata all’Aids che, se risolta, rappresenterebbe un significativo passo avanti nella cura delle malattie retrovirali. Quando Foldit è arrivato online (o a livello virale, si potrebbe dire – scusate il gioco di parole), i giocatori hanno risolto il puzzle in 10 giorni. 15 anni contro 10 giorni, ragazzi. La ludicizzazione vince.