Approfondiamo con Marco Guzzi una delle domande del questionario preparatorio al Sinodo sulla famiglia
Marco Guzzi, poeta e filosofo, ha sempre affiancato alla ricerca un’attività di comunicazione culturale, anche lavorando a lungo nei mezzi della comunicazione di massa. Da 14 anni ha sviluppato e anima l’esperienza dei gruppi di Darsi pace. A lui abbiamo proposto di riflettere sul terzo gruppo di domande del questionario preparatorio del prossimo Sinodo straordinario, quello sulla “pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”.
Proviamo a rispondere all’ultima domanda del gruppo 3: che attenzione pastorale ha manifestato la Chiesa per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?
Guzzi: Rispondo innanzitutto con una domanda: il cristiano e la cristiana di oggi fanno un’esperienza di vita spirituale adeguata al tempo che viviamo? E quindi in grado, nello specifico, di rinnovare la relazione coniugale e superare i motivi (giusti) della crisi del matrimonio tradizionale che stiamo vivendo? Secondo me, no. Semplicemente perché non viene affrontato il problema più vasto della trasformazione antropologica in atto. In crisi non è solo il matrimonio! In crisi sono la vita consacrata e il sacerdozio, la democrazia e la politica, la scuola e la sanità, il modo in cui nasciamo e quello in cui moriamo. Tutte le forme egoico-belliche in cui abbiamo costruito matrimoni, rapporti gerarchici, democrazie, economie, stanno tracollando.
È per questo che non salveremo il matrimonio con gli stessi argomenti di un mondo morente o con qualche sua difesa retorica da parte magari da politici patetici se non tragici. Una pastorale adeguata alla crisi e al rinnovamento della famiglia – come d’altra parte ci ha indicato Benedetto XVI indicendo l’Anno della Fede – dovrebbe partire dalle problematiche antropologiche inerenti anche la fede. Perché è in corso qualcosa di molto profondo che riguarda chi è l’uomo e chi è l’uomo rigenerato in Cristo. Serve una nuova antropologia e una nuova esperienza cristiana.
In questo contesto di crisi antropologica quale luce è o potrebbe essere per la Chiesa e per il mondo il matrimonio cristiano?
Guzzi: Innanzi tutto, dobbiamo comprendere meglio il matrimonio come luogo massimo della relazionalità profonda: l’essere umano esiste solo “in relazione con l’Altro” e in questa relazione esplica la sua fecondità. Nel matrimonio questa relazionalità si esprime nella forma più alta perché è il luogo in cui “l’essere umano nasce”. E nasce in una relazione coniugativa, affettiva, intima di due persone sessualmente opposte.
Tutta la grande filosofia sostiene che è dalla coniunctio oppositorum, dalla coniugazione degli opposti che nasce la vita, la novità. Questo è anche l’archetipo del rapporto tra l’uomo e Dio, tra la Chiesa e Cristo. Nel Genesi si dice che “Dio creò l’uomo a sua immagine… maschio e femmina li creò”. Maschio e femmina coniugati sono l’immagine di Dio. Da qui derivano una serie di conseguenze concrete.