Questa domenica in occasione della celebrazione conclusiva dell’Anno della FedeLa celebrazione liturgica presieduta da papa Francesco che ha chiuso domenica 24 novembre l'Anno della Fede ha avuto un “ospite” d'eccezione: per la prima volta, infatti, le reliquie che la tradizione riconosce come quelle dell'apostolo San Pietro sono state esposte pubblicamente davanti alle migliaia di persone che hanno partecipato alla cerimonia.
Si tratta di otto frammenti ossei tra i due e i tre centimetri, esposti su una base d'avorio in una cassetta di bronzo su un piedistallo in Piazza San Pietro.
I frammenti sono stati scoperti nel 1939 durante alcuni scavi nella necropoli vaticana sotto l'altar maggiore della Basilica di San Pietro, luogo ritenuto fin dall'antichità la sepoltura del primo pontefice. I frammenti sono stati trovati avvolti in una stoffa color porpora e oro e gli studi hanno dimostrato che appartenevano a un uomo “robusto” che al momento della morte aveva tra i 60 e i 70 anni (Ucatholic, 24 novembre). Secondo la tradizione, l'apostolo venne martirizzato a Roma nell'anno 67 dell'era cristiana.
Il reliquiario di San Pietro è giunto alla celebrazione chiuso, venendo aperto prima dell'inizio della Messa. Dato in omaggio a papa Paolo VI nel 1971, è rimasto da allora nella cappella dell’Appartamento papale nel Palazzo Apostolico Vaticano. Sulla cassetta di bronzo, che misura 30 centimetri per 10, c'è una scritta in latino che recita “Dalle ossa rinvenute nell’ipogeo della Basilica Vaticana, che sono ritenute del Beato Pietro Apostolo”. Papa Francesco ha incensato il reliquiario durante la celebrazione. Al termine della Messa, dopo la benedizione, le reliquie sono state riportate con una processione nella Basilica per poi tornare nella cappella dell’appartamento pontificio (Il Tempo, 24 novembre).
Prima di questa domenica, il reliquiario era uscito solo un'altra volta dalla cappella, per essere portato nella stanza al decimo piano del Policlinico Gemelli dove Giovanni Paolo II era appena stato ricoverato dopo l'attentato in piazza san Pietro del 13 maggio 1981 (Avvenire, 23 novembre).
La storia del ritrovamento delle reliquie del primo papa è “uno dei gialli archeologici più intriganti del XX secolo”. I lavori nelle Grotte sotto la basilica di San Pietro per costruire la tomba di Pio XI, morto nel 1939, portarono a uno scavo archeologico sotto il pavimento delle Grotte. Dal 1940 al 1949 gli archeologi del Vaticano scoprirono una necropoli romana, e proprio sotto l’altare della Basilica di San Pietro venne trovato un piccolo monumento che evidentemente doveva ricordare l’apostolo e molto probabilmente la sua sepoltura, visto che si trovava in un cimitero.
Il monumento è ritenuto della II metà del II secolo, “un momento storico a poche generazioni di distanza dalla morte dell’apostolo”. “Si trattava di una piccola edicola, addossata al muro stesso del recinto, coperto da intonaco rosso, dove una nicchia decorativa saliva dal livello del terreno come per indicare un luogo particolarmente importante. La nicchia era affiancata da due colonnine che reggevano una lastra di travertino, come una piccola mensa” (Korazym, 24 novembre). I quattro archeologi – Antonio Ferrua, Bruno Maria Apollonj Ghetti, Enrico Josi, ed Engelbert Kirschbaum – erano certi di aver trovato il luogo di sepoltura di San Pietro.
Nel suo Radiomessaggio natalizio del 23 dicembre 1950, Pio XII dichiarò: “La questione essenziale è la seguente: È stata veramente ritrovata la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione finale dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo 'sì'. La tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata. Una seconda questione, subordinata alla prima, riguarda le reliquie del Santo. Sono state esse rinvenute? Al margine del sepolcro furono trovati resti di ossa umane, dei quali però non è possibile di provare con certezza che appartenessero alla spoglia mortale dell’Apostolo. Ciò lascia tuttavia intatta la realtà storica della tomba”.
Negli anni Sessanta, l’epigrafista Margherita Guarducci annunciò di aver identificato le ossa dell’apostolo. Il 26 giugno 1968, papa Paolo VI dichiarò: “Nuove indagini pazientissime e accuratissime furono eseguite con risultato che Noi, confortati dal giudizio di valenti e prudenti persone competenti, crediamo positive: anche le reliquie di S. Pietro sono state identificate in modo che possiamo ritenere convincente”.
Per la Guarducci, la prova che si trattasse delle ossa di Pietro era un pezzo di intonaco rosso trovato nel loculo con incise poche lettere. La studiosa ci vide l’espressione greca “Petros eni”, che secondo lei significava “Pietro è qui”. Altri epigrafisti non sono d’accordo. Carlo Carletti, ad esempio, legge la breve iscrizione in modo diverso: “Petr[os] / en i[rene) (Pietro in pace), una acclamazione rivolta all’Apostolo con la più tipica delle formule ireniche di uso corrente fin dal III secolo, nella prassi epigrafica dei cristiani”. La stessa lettura era già stata proposta da Ferrua negli anni Cinquanta. Per Danilo Mazzoleni, “parrebbe davvero strano che nel pieno IV secolo per accreditare il contenuto di una cassetta-reliquiario così importante Costantino facesse porre un misero frammento di intonaco di reimpiego, pertinente ad una fase precedente della memoria e non un’iscrizione molto più nobile e di altro materiale”.
Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha affermato che l'esposizione delle reliquie non aveva alcuna intenzione di aprire un nuovo dibattito sull’autenticità delle ossa di San Pietro (La Repubblica, 23 novembre 2013).
L'obiettivo, ha spiegato, era quello di mostrare la fede di Pietro, che conferma “ancora una volta che la porta per l'incontro con Cristo è sempre aperta e attende di essere varcata con lo stesso entusiasmo e convinzione dei primi credenti”.