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Il cardinale O’Malley e l’idraulico cattolico

Alver Metalli - Terre D'America - pubblicato il 25/11/13

L’arcivescovo di Boston, grande elettore di papa Francesco, su riforme e Chiesa nell’epoca del pontefice latinoamericano

Tra qualche giorno sarà a Roma per parlare di riforme con gli altri sette, designati come lui da papa Francesco all’arduo compito. E’ probabile che qualche parola l’abbia già scambiata con il cardinal Rodriguez Maradiaga nelle giornate appena trascorse in Messico per l’incontro delle Chiese delle due Americhe nella basilica di Guadalupe. Il francescano Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, è il più “papista” dei cardinali americani. “Papa Francesco esalta una spiritualità dell’incontro, dell’amicizia” commenta a Terre d’America, “e l’amicizia nasce dal riconoscere che quello che ci unisce – al nord e al sud del continente americano – è molto più forte delle differenze di cultura e di idioma. Presto, molto presto, la maggioranza dei cattolici negli Stati Uniti sarà ispana per l’immigrazione dall’America Latina. Credo lo si possa considerare l’avvenimento più importante di questo secolo. Assieme al Papa latinoamericano…”.

“La cultura dell’incontro” del Papa, come la chiama O’Malley, giocherà eccome nelle riforme in discussione, che – nella sua visione – dovranno avere i laici come protagonisti. “Non ci può essere riforma della Chiesa senza di loro” afferma il francescano inoltrandosi poi in un appassionato mea culpa. “Siamo noi a clericalizzarli” argomenta. “Quando qualche laico si avvicina alla Chiesa corriamo per dargli funzioni liturgiche anziché lanciarlo nel mondo per trasformarlo…”. Ricorda un detto popolare: “Costruiamo lo stadio e la gente verrà”. Per molto tempo ha funzionato, osserva, adesso non più. Lo considera il retaggio di un cattolicesimo identitario. ”Sono cresciuto in un’epoca dove se eri irlandese, italiano o lituano, eri un cattolico che andava in Chiesa e che pagava e obbediva (paid and obeyed)”. Ricorre alla sua infanzia per ribadire il concetto. «Ricordo una volta, quando ero un bambino, che le tubature di casa si erano congelate in un inverno particolarmente freddo. Mio padre non era riuscito a rintracciare l’idraulico abituale, e così ne ha cercato uno con le pagine gialle. Mia madre gli ha detto, quasi supplicandolo, “Cerca di chiamare a un cattolico”. Per i miei genitori irlandesi non c’era niente di peggio che un protestante che metteva mano alle nostre tubature rovinate». Non è più così. Anche perché l’idraulico di allora oggi è probabilmente tutt’altro che religioso. La “disaffiliazione” è stata tremenda, riconosce O’Malley. “La cultura dell’incontro di Papa Francesco, il suo accento su un vangelo sociale ha generato molto entusiasmo. Conosco molte persone che ritornano a dare una seconda occhiata alla Chiesa”. Ma è efficace anche nelle battaglie che ci sono da fare. “Recentemente, nel corso di una campagna per prevenire l’eutanasia nel Massachusetts abbiamo chiesto aiuto agli evangelici, ai mussulmani, ai mormoni e alle Chiese protestanti negre e siamo riusciti a prevalere”.

O’Malley ha parole d’elogio per la consultazione sulla situazione della famiglia contemporanea voluta dal Papa latinoamericano. «E’ curioso; quando abbiamo ricevuto le 38 domande sono iniziate le lamentele sul fatto che il tempo che avevamo per rispondere era poco, che non c’era stata buona organizzazione da parte del Vaticano… il mio vicario generale era un po’ angustiato. Allora gli ho detto: “domani abbiamo la riunione del consiglio pastorale diocesano, mandiamo le domande oggi stesso per mail e iniziamo a parlarne”. Il giorno dopo sono rimasto attonito vedendo quanto fossero felici per essere consultati su una cosa così importante. Abbiamo deciso di mandare le domande a tutte le parrocchie… I sacerdoti giovani, quelli ordinati negli ultimi cinque anni con cui ho preso l’abitudine di riunirmi tutti i mesi… anche loro sono entusiasti di poter partecipare”. Anche per questo ritiene che il metodo della consultazione possa essere adottato per altre questioni. “E’ un modo di coinvolgere le persone, sentire da loro come potrebbe migliorare la pastorale familiare e allo stesso tempo capire come loro recepiscono gli insegnamenti della Chiesa in questa materia”.

“Non è un referendum sulla dottrina, come qualcuno ha voluto presentare l’iniziativa del Papa” obietta. Il riferimento è alle critiche mosse da settori tradizionalisti. Su cui ci tiene a fare un distinguo. “Negli Stati Uniti non ci sono grandi gruppi lefebristi, come in Francia e in altri paesi europei… piuttosto abbiamo gruppi conservatori, che vorrebbero che il papa parlasse sempre sull’aborto… Io rispondo: il Santo Padre ci sta dando il contesto del nostro insegnamento che è la bontà di Dio, la misericordia, il potere di trasformazione del rapporto con Cristo. Siamo pro-vita perché siamo gente compassionevole, non perché siamo lamentosi e sgridiamo le persone che sbagliano. Siamo cristiani per mostrare la misericordia alla donna che in un momento di crisi prende decisioni che la faranno soffrire per tutta la vita…”.

O’Malley considera opera dello Spirito Santo la presenza di Papa Francesco in questo momento della Chiesa. “Ci sono molti americani che tornano a dare un’occhiata alla chiesa, che sono affascinati dalla bontà, dalla misericordia, dalla tenerezza di cui parla il Papa… questo è quello di cui abbiamo bisogno”.

La crisi della pedofilia, che ha scosso alle fondamenta le Chiesa americana è alle spalle. “A Boston è esplosa nel 2002; sono stati oltre 4000 i casi di sacerdoti accusati di abusi sessuali, la maggior parte commessi tra il 1960 e il 1985. Abbiamo pagato cifre enormi… due milioni di dollari mi sembra, e almeno otto diocesi si sono dichiarate in bancarotta. Abbiamo imparato la lezione, una lezione dura, che ci ha portato a fissare norme che adesso priorizzano la protezione dei bambini”.

L'articolo è stato pubblicato in Terre d'America

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