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Il Vangelo spalanca le porte dell’inferno

Vangelo spalanca porte inferno

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Aleteia Team - pubblicato il 20/11/13

Non si evangelizza condannando le convinzioni altrui, ma dando la vita per le proprie

di Juan Ávila Estrada

Evangelizzare (dare la buona novella) è il compito della Chiesa, che a fare questo è stata inviata, per questo è stata fondata, per questo è sostenuta dalla forza dello Spirito. Questa buona novella non è altro che l’amore di Dio, un amore tanto incondizionato, tanto assoluto, tanto vero come la croce; un amore che non è semplicemente “per l’umanità” (espressione che dice molto ma non dice nulla), ma per me e per te, e non è prodotto del guadagno o della conquista personale, ma gratuità benevolente da parte del Signore. Un amore gratuito, così gratuito che non è meritato né è soggetto al cambiamento della nostra condotta, anche se necessariamente deve condurre a questo. Per questo la buona novella è così scandalosa, ferisce il nostro concetto di giustizia, mette a soqquadro la nostra scala di valori e fa entrare in crisi tutte quelle frasi registrate nel cuore quando affermavano che “Dio ci ama solo se siamo buoni”.

Per questo non è facile evangelizzare, perché richiede la propria esperienza dell’amore di Dio, della sua tenerezza, della sua compassione e del suo “fare nuove tutte le cose” in me; il resto può essere semplicemente la trasmissione di verità di fede rivelate dalla Scrittura che, senza sottovalutarsi, corrono il rischio di trasformarci in credenti freddi, di quelli che difendono concetti e uccidono per essi, ma non permettono che questi arrivino a trasformare la vita.

Evangelizzare non è minacciare con la condanna chiunque agisca male, non è brandire la spada della giustizia contro tutti i peccatori relegandoli in un angolo per poterli marcare con il segno dei perduti, né dichiararli nemici della propria causa solo perché l’ignoranza ha impedito loro di vedere la verità (Gesù è la verità). Evangelizzare è mostrare le braccia aperte di Gesù sulla croce che dice “Ho fatto tutto per amor tuo”. Questo è ciò che trasforma davvero il cuore e ci fa possedere l’esperienza di una vita nuova.

Il peccatore non abbandona il peccato quando gli viene rinfacciato il suo atteggiamento con l’obiettivo di fargli intendere quanto sia errato il suo cammino; non è questa la funzione dell’evangelizzazione. Sono del tutto sicuro che mostrare il volto di Dio in Gesù ha di per sé solo la validità di aiutarci a scoprire il peccato; è impossibile non riconoscere il peccato quando abbiamo Gesù davanti come uno specchio, ed è proprio Lui che ci porta a cambiare condotta, e non il rinfacciare in modo costante da parte di coloro che sanno solo condannare e vedere una maledizione in tutto. L’oscurità non scompare quando viene maledetta, ma quando siamo capaci di accendere una luce, per quanto possa essere tenue; è la luce che compie questo miracolo. Evangelizzare è accendere questa luce.

Come si accende questa luce? Mostrando la verità. E cos’è la verità? La verità è una persona, la verità è Gesù: “Io sono la verità…” Ma questa conoscenza della persona di Gesù non si limita a sapere “cose” che lo riguardano, ma a vivere l’esperienza del suo amore e a comprendere che ciò che ha fatto ha una relazione diretta con me, che non sono estraneo alla sua opera, che ha pensato a me quando lo stava facendo e che non potevo nascondermi nell’umanità quando ha dato la sua vita per lei. È lì che l’umanità smette di essere “tutti gli uomini” per essere “io”, con nome proprio, identità propria e il suo sguardo verso di me.

Non si evangelizza riempiendo la testa di concetti e di verità epistemologiche, razionali (come quando impariamo che 2+2=4), perché si punta anche a toccare le emozioni, la volontà, il cuore. Una fede che tocca solo la ragione può farci diventare fanatici
, una fede che tocca solo le emozioni può renderci instabili, ma una fede che tocca la ragione, la volontà e le emozioni è così potente da trasformare la vita in modo notevole. È lì che le condotte si trasformano e si impara che con la fede non si toglie la vita a nessuno, ma si dona a beneficio degli altri.

Evangelizzare non è aprire le porte dell’inferno per i peccatori, ma dichiarare l’amore di Dio per ciascuno perché sia quell’amore a portare alla conversione. Siamo stati catalogati come intolleranti, sterminatori, pieni di pregiudizi, inquisitori, escludenti, severi…, ma è arrivato il momento di mostrare un nuovo volto nella Chiesa: il volto della misericordia e del rispetto, della bontà e dell’accoglienza, di Madre e Maestra. Abbiamo convinzioni, amiamo gli insegnamenti di Gesù e lottiamo per essere fedeli ad essi, non relativizziamo la verità per un falso rispetto delle differenze, ma non dichiariamo empi quanti non la pensano come noi, difendiamo la verità insegnata dal Maestro ma non torneremo a un’epoca in cui per difendere le proprie idee si pensava che la cosa migliore fosse condannare. Non si evangelizza condannando le convinzioni altrui, ma dando la vita per le proprie. Questo è evangelizzare.

Non abbiamo bisogno di cristiani che maledicono gli omosessuali, le prostitute, gli abortisti, ma di cristiani che difendano la vita e la bellezza dell’amore umano, che comprendano il progetto di famiglia di Dio e non credano di essere buoni solo perché non sono cattivi. Non odiamo quanti non la pensano come noi; se così fosse, non esisterebbero movimenti ecumenici che vogliono trovare punti che ci aiutino ad amarci anziché ragioni per odiarci. Gesù ha dato la vita anche per quanti hanno abortito, per gli omosessuali e le prostitute, e il dramma di ciascuno è il suo stesso dolore.

Evangelizzare è guarire le ferite con l’amore di Dio.

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