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Come vivere il quarto comandamento con i genitori anziani?

Caring nurse or doctor looking kindly on the elderly patient – it

© Lighthunter

don Antonio Rizzolo - Credere - pubblicato il 20/11/13

Il rispetto e l'amore disinteressato per il padre e la madre non possono mai venir meno

Caro direttore,

scrivo perché mi piacerebbe che si parlasse di più del tema della terza età. Da giovani si pensa che sia difficile obbedire ai genitori ma da adulti ci si rende conto che il problema è ben più complesso quando si deve onorare e amare una persona anziana. Senza contare che questo va a incidere sulla propria attuale famiglia. Cosa può dire su questo?

Silvia La Valle, provincia di Napoli

Come vivere il quarto comandamento: “Onora il padre e la madre”? Non c'è un unico modo, perché esso, forse più degli altri, ha una forte dimensione relazionale. Riguarda cioè il rapporto tra persone. Persone in questo caso di generazioni diverse, genitori e figli. Questo rapporto muta in base all'età e a seconda delle circostanze. Diversa infatti è l'obbedienza dei figli verso i genitori nel corso della vita. Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia”. E continua: “Crescendo, i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto”. Anche le diverse circostanze influiscono sul modo di relazionarsi. L'obbedienza ai genitori, ad esempio, non è dovuta se si è persuasi in coscienza che è “moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine”.

Il quarto comandamento ricorda in modo particolare ai figli divenuti adulti le loro responsabilità nei confronti di coloro dai quali sono stati messi al mondo mediante il dono della vita, dell'amore e del lavoro. E' un debito di riconoscenza. Come leggiamo ancora nel Catechismo, i figli, “nella misura in cui possono, devono dare ai genitori l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza”. Il libro del Siracide, che dedica tutto il capitolo 3 al rapporto tra genitori e figli, è molto forte su questo: “Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore. […] Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore” (3,12-13.16). Il comandamento include indirettamente anche il dovere dei genitori nei confronti dei figli. Nel Catechismo troviamo scritto ancora: “I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone umane. Educano i loro figli ad osservare la Legge di Dio mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre dei cieli”. Non è solo la generazione fisica che rende tali i genitori: c'è ancora di più la generazione alla fede, alle virtù, ai valori.

Se il quarto comandamento si può vivere in diversi modi, c'è però un elemento unificante che può rispondere alla tua domanda, cara Silvia. Si tratta della parola “onora”, che è più del semplice obbedire o rispettare o essere riconoscenti. La parola ebraica del testo originale viene riferita anche all'onore dovuto a Dio. E' una particolare manifestazione dell'amore che racchiude in sé anche il rispetto, l'obbedienza, la riconoscenza; ma implica anche il servizio generoso senza chiedere nulla in cambio, la benevolenza, l'ammirazione commossa, la dedizione, la comprensione, la misericordia. Quando Gesù chiede ai discepoli di imitarlo nell'amore che giunge fino a dare la vita, come il chicco di grano caduto in terra, dice che questo è il vero servizio; e conclude: “Se uno serve me, il Padre lo onorerà”. “Onora il padre e la madre”, dice il Signore, cioè amali davvero, come è giusto che sia. L'amore sa sempre che cosa è meglio fare: quando essere accondiscendenti, e quando essere decisi. L'amore vero cerca semplicemente il bene. Riesce sempre a manifestare l'affetto, il sentimento profondo di benevolenza che ci anima.

Il tema meriterebbe ulteriori approfondimenti ma ti consiglio due testi magisteriali: La lettera agli anziani di Giovanni Paolo II e il documento del Pontificio Consiglio per i laici La dignità dell'anziano e la sua missione nella Chiesa e nel mondo. Concludo con due brevi considerazioni: di solito chi è umile, paziente misericordioso, gentile, rimane tale anche da anziano; cominciamo perciò a preparare la nostra vecchiaia con una vita buona. In secondo luogo consideriamo anche gli aspetti positivi dell'essere anziani. Ricordo le bellissime parole di Benedetto XVI in visita ai suoi coetanei in una casa-famiglia della comunità di Sant'Egidio: “Rivolgendomi idealmente a tutti gli anziani pur nella consapevolezza delle difficoltà che la nostra età comporta, vorrei dirvi con profonda convinzione: è bello essere anziani! In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche “acciacco” e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza”.

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Inviate le vostre lettere al direttore di Credere: lettori.credere@stpauls.it

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