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I rapporti con l’ebraismo nella Buenos Aires di Bergoglio

I rapporti con l’ebraismo nella Buenos Aires di Bergoglio

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Esteban Pittaro - pubblicato il 19/11/13

Un docente analizza l'operato dell'attuale pontefice nell'avvicinamento al popolo ebraico

La recente irruzione di un gruppo che si opponeva alla celebrazione di un atto interreligioso nella cattedrale di Buenos Aires fa volgere lo sguardo su un aspetto che a quanto pare caratterizzerà il pontificato di papa Francesco: le relazioni con l'ebraismo. Roberto Bosca, docente di Dottrina Sociale della Chiesa presso l'Università Australe, in Argentina, spiega alcuni degli elementi fondamentali per comprendere sia l'avvicinamento del papa agli ebrei che il rifiuto che hanno incontrato le sue iniziative in alcuni gruppi integralisti.

Quali caratteristiche ha avuto il dialogo interreligioso a Buenos Aires negli ultimi anni?

È trascorso poco più di mezzo secolo dall'inizio del dialogo interreligioso nella Chiesa cattolica. Visto che si tratta di processi lunghi, non si può ancora dire che ci si trovi a uno stadio avanzato, anche se si possono verificare evidenti ed enormi progressi rispetto al passato.

In concreto, a Buenos Aires nei tempi più recenti si sono moltiplicate le iniziative di una parte e dell'altra, in modo molto superiore ad altri luoghi. L'aspetto che spicca maggiormente in questi ultimi anni mi sembra che sia una nuova istanza caratterizzata dalla generalizzazione, ovvero che il dialogo stia aumentando a livello numerico, nel senso che sta scendendo, per così dire, dagli ambienti gerarchici e specializzati a quelli più ampi del popolo.

Il dialogo include solo ebrei e cristiani?

Risulta evidente che in questo momento si sta consolidando un nuovo clima che ha già una certa tradizione nel Paese, soprattutto tra cristiani, specialmente cattolici, ebrei e musulmani. Per le sue caratteristiche, in Argentina c'è sempre stato un clima di dialogo che è frutto della convivenza prodotta da una consistente immigrazione, e si possono trovare ad esempio nei primi decenni del secolo scorso club sociali fondati da immigrati siro-libanesi e formati da cristiani, ebrei e musulmani.

Che influenza ha avuto in questo processo il cardinale Jorge Bergoglio?

Il cardinale ha avuto un ruolo da protagonista in questo processo, e si può ritenere che questo aspetto sia stato uno dei più caratteristici del suo governo pastorale dell'arcidiocesi di Buenos Aires in tutti questi anni. Questo dato è riconosciuto non solo all'interno della Chiesa cattolica, ma soprattutto al di fuori di essa, dove papa Francesco gode di un enorme prestigio, anche superiore a quello che ha avuto nella Chiesa locale.

I suoi dialoghi con il rabbino Abraham Skorka, rettore del Seminario Rabbinico Latinoamericano, che lo considera un carissimo amico, sono esemplificativi di questa realtà. Il rabbino Sergio Bergman, che attualmente ricopre una carica politica nel Congresso della Nazione ma al quale è riconosciuta anche una leadership sociale e spirituale, ritiene l'attuale papa il suo maestro spirituale, e molti cattolici si sentono rappresentati da lui. È noto che Bergoglio è stato un attore fondamentale in questo processo, e questi esempi concreti lo dimostrano in modo preciso ed evidente.

Benedetto XVI ha concesso al rabbino argentino León Klenicki l'ordine di San Gregorio Magno. Quali attori importanti del giudaismo figurano nel dialogo ebraico-cristiano?

In questa lunga storia, nell'ebraismo ci sono state grandi personalità che hanno tracciato un nuovo cammino nel dialogo interreligioso, specialmente con la Chiesa cattolica, tra le quali spicca il rabbino León Klenicki non solo a livello locale, ma nell'orizzonte più ampio del mondo intero.

Il rabbino Klenicki fa parte di una feconda storia iniziata negli anni precedenti il Concilio da grandi personalità ebraiche che tuttavia fino ad oggi sono state poco conosciute o quasi ignorate dal popolo cristiano, e anche, pur se in misura minore, tra gli stessi ebrei, come lo scrittore Jules Isaac e il rabbino Abraham Heschel, tra i tanti. Tutti loro hanno aiutato a dare vita a una nuova visione degli ebrei da parte dei fedeli cristiani, superando il cosiddetto “insegnamento del disprezzo”, il cui primo passo è stata la soppressione dell'accusa di deicidio.

In questo contesto, quanto è importante il lefebvrismo?

Il lefebvrismo non ha una grande importanza in sé a livello globale, ma ce l'ha per la sua influenza negli ambienti conservatori e tradizionalisti, soprattutto all'interno della Chiesa cattolica, che si mostrano resistenti al grande cambiamento pastorale prodotto a partire dal Concilio Vaticano II ormai più di mezzo secolo fa.

L'integrismo (del quale il lefebvrismo è un'espressione, forse la più importante nel mondo cattolico) costituisce una patologia della fede che non si riduce alla Chiesa cattolica, ma può trovarsi in qualsiasi espressione religiosa e che ha evidenziato per vari motivi una notevole capacità di sopravvivenza. Si tratta di una minoranza molto esigua ma che in genere fa molto rumore, in modo non proporzionato alla sua reale identità, come risultato del fatto che preferisce i modi di azione propri del terrorismo, la cui forza risiede soprattutto nell'impatto mediatico.

Quanto è forte nell'Argentina che lascia papa Francesco?

In Argentina, a causa dell'influenza che ha avuto per gran parte del secolo scorso il cosiddetto “nazionalismo cattolico”, anche nella gerarchia ecclesiastica, il lefebvrismo trova ancora ai nostri giorni un certo sostegno che pur delimitato permette la sua sopravvivenza, anche se oggi è ormai anacronistico. In questi ambienti c'è stato prima un duro rifiuto della riforma promossa da papa Giovanni XXIII e dai suoi successori fino a Francesco, e di conseguenza della figura di Bergoglio, che incarna lo spirito conciliare in modo molto vivo e radicale e per questo è oggetto di una sordida opposizione della quale l'incidente nella cattedrale di Buenos Aires è un segno evidente. Anche se questo processo potrebbe allargare la ferita dello scisma, si può pensare che nel caso in cui si verificherà sarà di proporzioni piuttosto ridotte, allo stile dei veterocattolici al Concilio Vaticano I.

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