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I giovani italiani? Sfiduciati ma non bamboccioni

I giovani italiani? Sfiduciati ma non bamboccioni

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 19/11/13

Presentato a Milano "La condizione giovanile in Italia", il volume che raccoglie i risultati di una ricerca promossa dall'Istituto Giuseppe Toniolo

P { margin-bottom: 0.21cm; E’ dedicata ai “millenials”, i giovani divenuti maggiorenni nel XXI secolo, l’ultima indagine dell’Istituto Toniolo in collaborazione con Fondazione Cariplo e Università Cattolica. “La condizione giovanile in Italia” raccoglie i risultati di una ricerca che ha coinvolto 9 mila giovani tra i 18 e i 29 anni con la prospettiva di seguire il loro percorso di vita per 5 anni. I giovani di quest’età, emerge dall’identikit fornito dai dati, in genere abitano con i genitori anche perché non hanno un lavoro stabile; la loro principale fonte d’informazione è il web che usano tutti i giorni e sono più istruiti della media della popolazione. In loro è evidente lo scontro tra aspirazione e realtà: c’è il desiderio di un lavoro come strumento di realizzazione personale oltre che di sostegno economico e di una famiglia con almeno due figli, ma l’incertezza del futuro porta ad avere poca fiducia in questi sogni e a ridimensionarli, soprattutto perché è ancora più scarsa la fiducia nelle istituzioni.
E' dedicata ai “millenials”, i giovani divenuti maggiorenni nel XXI secolo, l'ultima indagine dell'Istituto Toniolo in collaborazione con Fondazione Cariplo e Università Cattolica. “La condizione giovanile in Italia” raccoglie i risultati di una ricerca che ha coinvolto 9 mila giovani tra i 18 e i 29 anni con la prospettiva di seguire il loro percorso di vita per 5 anni. I giovani di quest'età, emerge dall'identikit fornito dai dati, in genere abitano con i genitori anche perché non hanno un lavoro stabile; la loro principale fonte d'informazione è il web che usano tutti i giorni e sono più istruiti della media della popolazione. In loro è evidente lo scontro tra aspirazione e realtà: c'è il desiderio di un lavoro come strumento di realizzazione personale oltre che di sostegno economico e di una famiglia con almeno due figli, ma l'incertezza del futuro porta ad avere poca fiducia in questi sogni e a ridimensionarli, soprattutto perché è ancora più scarsa la fiducia nelle istituzioni.

Aleteia ne parla con Armando Matteo, autore del libro “La prima generazione incredula” e da sempre attento all'evoluzione della condizione giovanile.

Quella dei giovani è una sfiducia giustificata?

Matteo: Colpisce nel Rapporto come ci sia in Italia una giovinezza sana e bella che vorrebbe onorare il proprio nome – giovane viene dal latino “iuvare” quindi aiutare – aiutando il rinnovamento della società, ma ne è impedita dalla società stessa. Questo viene fuori in modo evidente rispetto, ad esempio, all'intenzione di genitorialità: i giovani pensano a una famiglia con più di un figlio ma poi rinunciano perché la situazione non consente di mettere su casa. Allo stesso modo emerge dalle priorità che vengono indicate alla classe politica: dopo la richiesta di rinnovamento del sistema e dell'attenzione alle fasce deboli, c'è la richiesta di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico italiano che dovrebbe essere evidente ma non viene fatto e toglie spazi alla possibilità dei giovani di crearsi un futuro. Essi sono immersi in un paradosso: da una parte una società e degli adulti che impediscono loro di vivere le proprie prerogative di giovani e dall'altro delle famiglie e quindi degli adulti che li mettono al centro della loro preoccupazione sostenendoli in tutti i modi, con l'effetto – perverso – che la società nel suo insieme se ne disinteressa perché tanto ci pensano i genitori a farli “galleggiare” nella vita di ogni giorno.

Il Rapporto fornisce quindi una fotografia dei giovani ma anche degli adulti…

Matteo: E' così. Lo strumento prezioso dell'Istituto Toniolo, che ha il grande merito di dare nuovi dati sull'universo giovanile da quando non viene più pubblicato il Rapporto Iard che ci aggiornava ogni 4 anni, ci dà indirettamente una fotografia degli adulti. Una generazione che fa fatica ad ammettere la sconfitta degli ideali di giustizia e di convivenza delle differenze che avevano animato il '68: oggi la prevalenza delle logiche di mercato “succhia il sangue” proprio ai figli che cercano di proteggere. Le famiglie dovrebbero investire di meno sulla protezione e di più nel cercare di cambiare il sistema sociale che marginalizza i giovani, anche perché le politiche a loro favore non sono impossibili, bisogna solo volerle. Invece di sostituirsi ai giovani aiutandoli con la casa o i nipotini, bisognerebbe dare a loro l'opportunità di occupare il proprio posto nel mondo, rendendo effettivo il passaggio tra le generazioni e riconoscendo ai giovani le proprie prerogative, compreso il diritto di sbagliare. Dal Rapporto emerge un appello agli adulti a “lasciarli andare”.

Al contrario di quanto a volte si dice, non si tratta di giovani senza idee chiare…

Matteo: Uno dei miti che vengono sfatati è che sia una generazione che si sta rammollendo dietro l'uso di Internet. In realtà dal Rapporto emerge un uso intelligente di un luogo che abitano con naturalezza. I giovani sono forza, apertura al futuro, novità – in greco giovane si dice “neos”, nuovo – bisogna solo dare l'opportunità di metterla in pratica. Invece oggi la società dice loro continuamente che la loro creatività non gli interessa, che devono stare in panchina ed è chiaro che questo produce sfiducia.

E verso la religione quale atteggiamento si riscontra?

Matteo: E' evidente che la religione oggi non è in grado di dare identità ai giovani: solo uno su due si dichiara cattolico. Le ragazze un po' di più dei ragazzi e i giovani del sud un po' di più di quelli del nord. Tuttavia queste differenze percentuali si annullano quando si passa al dato sulla pratica che è fortemente in riduzione e anche prima di quanto accadesse nel passato: in pratica, è possibile che dopo la cresima i ragazzi non li vediamo più. Gli analisti parlano dell'avvio a una pratica “più consapevole”. A me pare che questi dati continuino a dirci che in questo contesto storico, così caratterizzato nei rapporti tra giovani e adulti, i primi fanno fatica a capire a cosa serva il Vangelo per la loro vita e la parrocchia, gli oratori, l'associazionismo non riescono a dare indicazioni importanti su questo aspetto. Occorre vedere se l'attenzione verso Papa Francesco – la cui popolarità tra i giovani è altissima come emerge dal Rapporto – riuscirà ad essere “catturata” dalle parrocchie. D'altra parte Papa Francesco è il primo a spingere le parrocchie ad un'azione missionaria più decisa e a non rimanere con le 99 pecorelle ma uscire a cercare quella mancante.

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