Feli Merino sul libro “Sposati e sii sottomessa” di Costanza Miriano
Mi chiamo
Feliciana Merino, dirigo il centro di studi per la donna
Maryam e sono membro del consiglio direttivo della casa editrice Nuevo Inicio, di cui hanno parlato tutti i quotidiani e le televisioni per la recente pubblicazione del libro di
Costanza Miriano
“Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura”.
Feliciana Merino, dirigo il centro di studi per la donna
Maryam e sono membro del consiglio direttivo della casa editrice Nuevo Inicio, di cui hanno parlato tutti i quotidiani e le televisioni per la recente pubblicazione del libro di
Costanza Miriano
“Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura”.
Non scrivo queste righe per difendere il libro della Miriano. Come ogni libro, buono o cattivo che sia, conterrà cose giuste ed errori, parti migliori e altre con le quali i lettori o altre persone dissentiranno. In ogni caso, la nostra casa editrice lo ha pubblicato proprio perché propone una visione diversa, nuova e originale, che apre al dialogo e alla discussione e si allontana dalla ripetizione incessante delle parole d’ordine per la questione, peraltro del tutto inutili. A Nuevo Inicio – che gente strana – pubblichiamo libri che ci sembrano interessanti. Non ricordo nessun libro sul cui contenuto tutti i membri del consiglio, qualunque sia la visione (o missione) che hanno nella vita, siano stati d’accordo al cento per cento: non ci dedichiamo a fare ideologia, ma cultura.
Personalmente ho una chiara consapevolezza del fatto che è necessario riprendere il dibattito sul posto della donna nella società contemporanea, e dobbiamo farlo liberandoci di tutta la gigantesca serie di teorie ristrette e discorsi vuoti che tante volte popolano il panorama dei nostri politici, giornalisti e “opinionisti”. Queste persone, va detto e non è sempre per colpa loro, hanno tanto da fare che non possono impiegare del tempo in un’attività che ha qualcosa a che vedere con la nostra comune umanità: pensare, studiare, riflettere. È chiaro che chi non può dedicare una parte ragionevole della propria vita a queste occupazioni finisce per essere un portavoce delle opinioni di altri, che li manipolano a loro piacimento.
Tornando al posto della donna nella società contemporanea, un primo passo è rendersi conto, cosa che il libro citato aiuta a fare, che non può essere quello definito “matrimonio tradizionale” (donna chiusa in casa e dedita alle sue occupazioni). Sono in profondo disaccordo con questo concetto (il cui uso è rimasto, del resto, circoscritto all’ambito della demagogia), e sono anche in profondo disaccordo con l’idea assurda per cui la Chiesa difenda qualcosa di simile. Perché? Perché il “matrimonio tradizionale” nasce come un modello di relazione adeguato alle necessità che la borghesia e il capitalismo avevano in un contesto concreto. In quel momento al sistema economico è convenuto chiudere la donna in casa, dedita esclusivamente alla cura del focolare e dei figli, perché una parte importante della popolazione potesse dedicarsi corpo e anima a produrre, ovvero a servire le forze impersonali del capitale.
In buona misura, è un fenomeno che in Spagna abbiamo vissuto durante il franchismo, con l’arrivo nella periferia delle città di molti immigrati che abbandonavano le campagne per cercare di guadagnarsi il pane nei nuovi poligoni industriali. In questo modo entrambi, uomo e donna, ugualmente alienati, hanno occupato il proprio spazio nell’ingranaggio produttivo. Questa situazione ha imprigionato sia l’uomo che la donna, imponendo un sistema di ruoli che, come qualsiasi altro di questo tipo, incapsula, schiaccia l’orizzonte della vita fino a lasciarci prigionieri in una cassa di cemento.
In questo concetto del matrimonio e della famiglia, in realtà della vita intera, si impediva la crescita personale e la libera espressione di capacità e vocazione di tutti i soggetti, anche se in modo particolare della donna, visto che questa aveva ben poche alternative, per non dire nessuna. Nessuno che goda di un minimo di sano senso comune vorrà tornare a un modo simile di intendere le relazioni. I paladini del capitalismo, inoltre – e tra noi ce ne sono che si dicono sia di sinistra che di destra (nel nostro “emiciclo” occupano tutti i posti) –, non sono più interessati a promuovere il “matrimonio tradizionale” perché il ciclo economico esige un’altra forma di dipendenza organica dal sistema.