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C’è una preoccupante perdita di fiducia nel progetto europeo

C’è una preoccupante perdita di fiducia nel progetto europeo

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Inma Alvarez - Aleteia Team - pubblicato il 11/11/13

Più che per la crisi economica in sé, il cittadino europeo è preoccupato per come è stata gestita

La crisi economica sta minando la fiducia degli europei nell'Unione, o almeno così si deduce dai sondaggi degli ultimi anni. Alcune correnti d'opinione attribuiscono all'euro parte della colpa della crisi e propongono di porre fine all'unione monetaria. La crisi di fiducia deriva solo da questioni economiche? Ha parlato di questo Enrique Banús, direttore dell'Institute Carlemany d'Estudis Europeus dell'Università Internazionale della Catalogna.

La crisi economica sta indebolendo la fiducia dei cittadini europei nell'Europa, secondo quanto si deduce dai dati forniti dalla Fundación de las Cajas de Ahorros (FUNCAS). Che diagnosi fa di questa crisi di fiducia?

Enrique Banús: Forse non è la crisi che sta indebolendo la fiducia, ma il modo in cui è stata gestita. Il cittadino ha l'impressione che sia mancata una leadership nell'affrontare la crisi, ma anche che è dall'“Europa” che vengono le misure puramente restrittive, i tagli, l'austerità. L'immagine che si sta trasmettendo (che come sempre corrisponde solo parzialmente alla realtà) sta fomentando questa perdita di fiducia. Il fenomeno è molto grave, perché senza una certa fiducia qualsiasi progetto politico e sociale diventa impossibile. È quindi importante ristabilire quanto prima la fiducia, lanciare segnali che mostrino chiaramente che si comprendono i problemi e si cercano soluzioni che difendano al massimo il cittadino.

La base dell'Unione Europea è stata ed è il mercato comune, insieme alla moneta unica, ma questo modello viene messo in discussione dalla crisi economica? Si potrebbe prospettare un'uscita dall'euro di alcuni Paesi?

Enrique Banús: Evidentemente, in tempi di crisi si mettono in discussione le basi del modello economico. Non credo che i dubbi interessino il mercato interno: non mi immagino attualmente tendenze autarchiche o l'opinione per cui le economie funzionerebbero meglio in un contesto senza libera circolazione. Si riferiscono invece all'unione monetaria: da questo punto di vista in molti forum e dibattiti ci si chiede se ad alcuni Paesi andrebbe meglio senza l'euro.

Fin da prima della sua introduzione sappiamo che avrebbe portato non solo vantaggi, ma anche inconvenienti. Uno di questi è che i Governi avrebbero smesso di disporre delle politiche monetarie come elemento di reazione in una crisi (il che, d'altra parte, è un'arma a doppio taglio): la politica monetaria passa ad essere comunitarizzata e quindi non sono più i Governi a decidere sulla svalutazione o meno della moneta. Per questo, c'è chi dice che la crisi sarebbe stata meno forte se ci fosse stata una moneta propria.

Di fronte a questo bisogna considerare che molte monete europee (ad esempio la peseta) sarebbero state monete deboli, molto più suscettibili di vedersi scavalcate nella pressione dei mercati internazionali. Quanto all'uscita dall'euro, si è prospettato il caso della Grecia. Alla fine si è optato per non applicare questa misura, considerando che ha più inconvenienti (nella destabilizzazione della zona euro nella sua totalità) che vantaggi. Gli altri Paesi che non vogliono stare nella zona euro, in effetti, non ci sono…

L'Europa come progetto politico potrebbe entrare anche in un processo di revisione? La crisi colpisce il modello politico dell'Unione, ad esempio con la constatazione del fatto che esiste un'Europa a due velocità?

Enrique Banús: Esiste un'Europa a molte velocità, non solo a due. Il panorama è molto diversificato, se si guarda non solo ai temi economici, ma anche, ad esempio, al coordinamento della politica estera e di sicurezza e ad altri settori. Suppongo che sarà sempre così, che non si arriverà all'unificazione assoluta e che è meglio che sia così.

Credo che non si debba drammatizzare questo continuo gioco di avvicinamento e diversità, sempre che nell'essenziale si mantenga l'unità di criterio. Il progetto politico è già in via di revisione. Di fronte a quanti chiedono “più Europa” ci sono quelli che dicono sia già sufficiente. Non so se in questo momento ci sia davvero un fervore generalizzato per avanzare sulla linea di un'unione politica. Non vedo molti sintomi.

Suppongo che prima bisognerà consolidare l'economia post-crisi, si dovrà avanzare nel rafforzamento dell'unione bancaria e nella creazione di un'unione fiscale (che sono parti essenziali di un'unione economica e hanno un importante effetto politico) e poi si entrerà in nuove prospettive. Bisogna anche finire di digerire gli ultimi ampliamenti ad altri 13 Stati, in cui molti elementi della normalità politica devono stabilizzarsi.

Quando Adenauer, De Gasperi, Monnet o Schuman hanno concepito la creazione di un'unità politica ed economica chiamata Europa, questa si basava sulla solidarietà tra i popoli. Crede che questo ideale, come affermano alcuni, sia stato “tradito”?

Enrique Banús: Si basava fondamentalmente sul fatto di superare la sfiducia stabilendo il dialogo e la negoziazione come principio di azione politica, basata sullo sviluppo di un mercato unico che favorisse i contatti e il superamento delle barriere. Credo che la solidarietà sia in questo, ma forse a livello implicito. Solo in seguito diventa più esplicita. È certo che nella crisi esiste la tendenza – forse sbagliata – a chiudersi e cercare di risolvere i propri problemi in modo autonomo, senza “imposizioni”. Nella crisi, però, c'è stata molta solidarietà: il “riscatto” di Paesi o banche è un atto di solidarietà, solidarietà sicuramente interessata, perché il fallimento di alcuni porterebbe a gravi conseguenze per altri, ma di fatto c'è stata solidarietà.

A livello umano è assai abituale che le motivazioni si mescolino. E la solidarietà allo stato puro è qualcosa tipica dei santi; gli esseri umani normali sperano che, essendo solidali, le cose vadano meglio anche a loro. Non credo che ci sia stato “tradimento”, ma mescolanza di motivazioni. Si è però mantenuta l'“idea madre”: negoziare, negoziare, negoziare fino a trovare soluzioni che tutti possano accettare. In questo caso, ci sono soluzioni che non mi sono piaciute, perché la “logica di Stato” ha espulso dal sistema molti cittadini e cittadine, che alla fine sono quelli che formano lo Stato. In questo tema i “peccati” di alcuni Stati (si veda la Spagna) sono stati molto maggiori di quelli dell'“Europa”.

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