In famiglia, a scuola o in parrocchia si tende a dare per scontato il tempo che i ragazzi “iperconnessi” dedicano allo schermo
di Lorenzo Lattanzi
Come efficacemente afferma il sociologo Zygmund Bauman viviamo un’epoca “liquida”. Le innovazioni tecnologiche che si succedono a ritmo vorticoso e il continuo flusso d’informazioni da cui siamo letteralmente sommersi rischiano di stordirci e disorientarci; per individuare punti di riferimento pedagogici attendibili è imprescindibile analizzare i mutamenti avvenuti nel campo della comunicazione. Ogni educatore per svolgere adeguatamente il suo compito dovrebbe dotarsi di uno “sguardo” speciale in grado di osservare criticamente la realtà dal punto di vista culturale, antropologico e sociale.
Quale impronta lasciano oggi i media nella nostra vita e qual è l’impronta nostra che volontariamente o meno lasciamo nel continente digitale attraverso network sociali come Facebook, Twitter, WhatsApp… etc….? In famiglia, a scuola o in parrocchia si tende a dare per scontato il tempo che i ragazzi “iperconnessi” dedicano allo schermo: chat, video, musica, film, fiction, talk show, reality, spot, documentari etc… nell’alternarsi e sovrapporsi di contenuti di ogni genere, frullano con estrema disinvoltura contenuti violenti, osceni o frivoli insieme ad altri decisamente più formativi, in un flusso costante ideato appositamente per attirare l’attenzione. Invece, conoscere e analizzare i contenuti fruiti, condivisi o pubblicati come pure la “dieta mediale”, ovvero tempi, modi e spazi della fruizione dei media, offrirebbe spunti utilissimi alla riflessione nell’impostazione di qualsiasi azione educativa che si voglia in qualche modo incisiva. Ad esempio, negli Stati Uniti l’Università di Stanford1 ha condotto studi molto interessanti sulla valanga d’informazioni che vengono immesse nel web ogni 60 secondi nella rete; riportiamo solo alcuni dati:
- Oltre 200 milioni di e-mail inviate;
- 100 mila tweets;
- 277 mila contatti attraverso Facebook;
- oltre 2 milioni di ricerche su Google;
- 1,3 milioni di visualizzazioni su YouTube (ogni minuto vengono caricate 48 ore di video);
- 639.800 Gigabyte di dati trasferiti.
Domandarsi quali siano gli effetti di questo costante flusso che insegue e “spia” tutti, pure attraverso il cellulare, è doveroso e indispensabile. I genitori purtroppo si preoccupano più di ciò che mangiano o respirano i propri figli senza porre la dovuta attenzione ai messaggi espliciti o subliminali che bombardano le loro menti. Per delineare in maniera specifica le dimensioni del problema vanno studiati fenomeni quali: l’INFORMATION OVERLOAD, ovvero il surpluss d’informazioni che incanta e al tempo stesso disorienta
l’utente2, l’INTERNET ADDICTION e la NOMOFOBIA ad essa correlata, ovvero la dipendenza da internet con la conseguente ansia da eventuale “scollegamento”, insieme a patologie tristemente note come LUDOPATIA, CYBERBULLISMO e SEXTING, che troppo spesso rappresentano l’ingrediente base delle sempre più ricorrenti notizie di cronaca nera che coinvolgono giovani e famiglie colpevolmente “disarmate” rispetto alle insidie del mondo della comunicazione moderna. Inoltre, secondo studi autorevoli non adeguatamente pubblicizzati, sarebbero correlati all’uso-abuso di videogame e tv fenomeni “di confine”, quali l’aumento esponenziale sin dalla scuola dell’Infanzia di casi di ADHD cioè la sindrome dell’iperattività e il disturbo cronico dell’attenzione.3
Attraverso i vari devices tecnologici le nuove generazioni sono bombardate da pseudo-risposte che rischiano di far vivere in una sorta di perenne alienazione. Eppure, incrociando lo sguardo dei ragazzi “oltre lo schermo” e utilizzando la media education come proposta per la riflessione o il dibattito, possiamo cogliere ancora forte in loro la ricerca di un senso più profondo da dare alle esperienze realizzate non esclusivamente nell’ambiente mediale. I nativi digitali, infatti, sono i primi a rendersi conto che non può bastare sapere “di tutto un po’” in tempo reale, poiché la conoscenza è qualcosa che va oltre qualsiasi motore di ricerca! Socrate esortava l’uomo innanzitutto a conoscere se stesso: oggi più che mai è necessario che gli educatori aiutino le giovani generazioni a non essere distratte rispetto al senso della vita, facendo emergere interrogativi latenti che esigono adulti responsabili e preparati ad educare (nel senso etimologico: educere, tirar fuori). Gli stessi giovani sanno che i contenuti dei messaggi più cliccati privilegiano l’aspetto emotivo