Durante la messa in suffragio il Papa ricorda che la fedeltà alla vocazione non viene dispersa nella morte, ma si conserva nelle mani di Dio
di Alessandro De Carolis
“Uomini dediti alla loro vocazione”, il cui bene prodotto a servizio della Chiesa “è ben custodito” nelle mani di Dio. È il ritratto che Papa Francesco ha fatto questa mattina, dei cardinali e dei vescovi scomparsi nel corso dell'anno. In loro suffragio, il Papa ha presieduto la Messa nella Basilica di San Pietro, affermando che la speranza di un cristiano ha ragioni ben più profonde del limiti imposto dalla morte.
La speranza cristiana è imbattibile, perché il peggiore dei mali può recidere il legame d’amore tra Dio e l’uomo, men che mai la morte, che è una porta verso la vita e non un ponte che crolla tra una esistenza alle spalle e un abisso buio e sconosciuto di fronte. La lezione è di San Paolo e Papa Francesco la ricorda ai cardinali e ai vescovi che con lui ricordano i confratelli scomparsi nel corso dell’anno. Angeli e principati, presente e futuro, altezze, profondità, creature: niente, afferma l’Apostolo, “potrà separarci dall’amore di Dio”. E in questa medesima, rocciosa convinzione riposa – osserva Papa Francesco – “il motivo più profondo, invincibile della fiducia e della speranza cristiane”:
“Anche le potenze demoniache, ostili all’uomo, si arrestano impotenti di fronte all’intima unione d’amore tra Gesù e chi lo accoglie con fede. Questa realtà dell’amore fedele che Dio ha per ciascuno di noi ci aiuta ad affrontare con serenità e forza il cammino di ogni giorno, che a volte è spedito, a volte invece è lento e faticoso. Solo il peccato dell’uomo può interrompere questo legame; ma anche in questo caso Dio lo cercherà sempre, lo rincorrerà per ristabilire con lui un’unione che perdura anche dopo la morte, anzi, un’unione che nell’incontro finale con il Padre raggiunge il suo culmine”.
Certo, riconosce Papa Francesco, un dubbio può insinuarsi quando una persona cara, che abbiamo conosciuto bene, muore: “Che cosa ne sarà della sua vita, del suo lavoro, del suo servizio nella Chiesa?”. La risposta, soggiunge, arriva dal Libro della Sapienza, citato nella prima lettura: tutti loro “sono nelle mani di Dio”, laddove “la mano è segno di accoglienza e di protezione”, di “un rapporto personale di rispetto e di fedeltà”:
“Questi pastori zelanti che hanno dedicato la loro vita al servizio dei Dio e dei fratelli, sono nelle mani di Dio. Tutto di loro è ben custodito e non sarà corroso dalla morte. Sono nelle mani di Dio i loro giorni intessuti di gioie e di sofferenze, di speranze e di fatiche, di fedeltà al Vangelo e di passione per la salvezza spirituale e materiale del gregge loro affidato”.
Questi, conclude Papa Francesco, sono stati i cardinali e i vescovi scomparsi durante gli ultimi mesi, “uomini dediti alla loro vocazione e al loro servizio alla Chiesa", che "hanno amato come si ama una sposa”. A Dio interessa questa carità e questa dedizione, non i limiti umani contro i quali si deve lottare per testimoniare entrambe:
“Anche i peccati, i nostri peccati, sono nelle mani di Dio; quelle mani sono misericordiose, mani ‘piagate’ d’amore. Non per caso Gesù ha voluto conservare le piaghe nelle sue mani per farci sentire la sua misericordia. E questa è la nostra forza e la nostra speranza. Questa realtà, piena di speranza, è la prospettiva della risurrezione finale, della vita eterna, alla quale sono destinati ‘i giusti’, coloro che accolgono la Parola di Dio e sono docili al suo Spirito”.
E un’ultima preghiera, spontanea, Papa Francesco la dedica a chi non ha ancora attraversato la porta che prelude all’incontro con Dio:
"Preghiamo anche per noi, che il Signore ci prepari a questo incontro. Non sappiamo la data, però l’incontro ci sarà!".