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In cosa consiste l’ascesa cristiana?

Che cos’è l’ascesa cristiana?

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Dimensione Speranza - pubblicato il 30/10/13

Il termine dell'ascesa, scandito dalle Beatitudini, è il raggiungimento dello Spirito, della scintilla divina, del germe della seconda nascita.

di Giovanni Vannucci

Per iniziare l’ascesa cristiana bisogna porre il piede sul primo scalino che è, nell’enunciazione delle Beatitudini, l’ottava beatitudine: essa è il primo segno sul quale siamo invitati a misurare la nostra fedeltà alla parola evangelica. «Beati quando vi insulteranno e vi perseguiteranno per causa mia» (Mt 5, 11). L’evangelista Luca precisa questa beatitudine con più vigore: «Guai a voi quando gli uomini parleranno bene di voi!» (Lc 6, 26).

Il regno di Dio è il rovesciamento del regno del Principe di questo mondo, il cristiano cittadino del primo è emarginato dal secondo, mentre il cittadino del mondo vi è accolto e applaudito. «Il mondo non odia voi, odia me e chi odia me, odia colui che mi ha mandato» (cfr. Gv 15, 18-24).

Non vi è innocenza, purezza, virtù, non vi è prodigio che muti questa ferrea legge. L’opera dello Spirito è esiziale alle forme che reagiscono e si oppongono. Accettando questa posizione possiamo conoscere se siamo con Cristo o se siamo del mondo.

Se siamo con Cristo, respinti dal mondo, né la morte, né l’inferno ci separeranno da Lui; se non siamo con Cristo, applauditi dal mondo, la stessa virtù ci allontanerà da Lui. Il mondo che è cristallizzazione di forme ed è ovunque, anche dentro la nostra Chiesa, non potrà vedere nella sconfinata libertà di Cristo e di chi è con Lui nulla di più che un’ingiuria all’ordine costituito.

La sola presenza del discepolo di Cristo è un insopportabile biasimo a quelli che camminano in conformità ai principi del mondo.

Seguire Cristo vuoi dire vivere in accordo con una giustizia differente da quella della carne e del sangue, la quale è diretta dall’egoismo: «Ciascuno per sé, Dio per tutti»; la giustizia del Regno dei cieli è animata, invece, dall’altruismo: «Amatevi gli uni gli altri» (Gv 15, 17).

Esistono due giustizie: quella della materia ed è la legge del taglione; la giustizia del cielo ed è lo slancio dell’Amore. Le armi della seconda non sono la durezza dei dispotismi, o l’astuzia delle passioni possessive, ma la dolcezza, la pietà, la pazienza, la tolleranza.

Esteriormente i suoi seguaci sono destinati all’insuccesso, il mondo li calpesta; sul piano della verità trionfano del mondo, e la loro vittoria è certa perché combattono per lo Spirito. A essi basta la certezza di servire il Padre, che attraverso Gesù Cristo è venuto loro incontro come amico, che dona loro tutto quello che è suo, perché a loro volta lo partecipino ai loro fratelli scoraggiati.

Il dono primo che ricevono nella loro ricerca della giustizia è la pace in se stessi, pace che riversano a larghe mani sugli altri. Pace che nasce dalla presa di coscienza che l’uomo è immerso nella guerra tra la materia e lo spirito. Pace che discende continuamente nei cuori pronti a riceverla. Pace che invade i cuori che hanno raggiunto la pazienza che tutto tollera, l’umiltà che li guida a scegliere sempre gli ultimi posti. Pace che li rende instancabilmente oranti, e dona loro un comportamento comprensivo e sorridente, che non è coinvolto nelle passionalità che incontra, perché animato dalla passione delle cose eterne. Pace che, distaccando il cuore da tutto ciò che trae verso il basso, trasformando tutte le energie di una coscienza, rende chi la possiede figlio del cielo.

Il gradino superiore e la purezza del cuore. Puro è l’incorruttibile, l’integro, l’intatto, il metallo non alterato da altre leghe. Puro è il cuore che non cerca alcuna gioia per se stesso, che vede il mistero divino in tutte le cose che incontra, e in ogni creatura scorge un segno della Presenza invisibile. Puro è il cuore che tende con tutte le sue forze verso Dio, verso il suo Cristo, orientamento assoluto che rende capace di accogliere in sé l’Infinito, l’Inesprimibile, l’Inconcepibile, l’Assoluto, di vedere Dio. Il puro di cuore entra nel Regno della Misericordia divina. Il Regno della Misericordia è la pietà estesa a tutto ciò che vive ed esiste, a tutti gli uomini senza giudicarli, ma comprendendo le loro tragedie oscure, vedendole come via verso la luce. È l’oblio spontaneo degli inganni, delle offese, delle noie che le creature possono recarci. Il Regno della Misericordia è l’impossibilità di reagire alle offese, non perché non colpiscano la sensibilità, ma perché in esso l’uomo diventa così minuto da non essere centrato da nessun colpo.

L’invulnerabilità del discepolo nasce dalla sua ricerca totale della giustizia, delle qualità essenziali della vita divina.

La terra a questo punto apre le sue porte al discepolo fedele e fermo che ha raggiunto la mitezza, la perfetta spogliazione da ogni forma di opposizione e di chiusura egoistica. Accoglie tutta la vita con indulgenza comprensiva, con tolleranza e fiducia.

Il mite indirizza tutte le sue energie verso la bontà essenziale e costante del Padre che è nei cieli. Vivendo in Dio, nel permanente, è indulgente con tutti gli smarrimenti del transitorio, avvolge di serena mansuetudine le manifestazioni dell’essere creato; essendo fondato nell’onnipotenza divina, non teme alcuna ribellione; vivendo nella verità, orienta con mitezza chi è smarrito verso la verità.

Agli occhi del mondo appare come un rovinato: non cerca il successo, la violenza, il potere, non è avido di beni esteriori, avendo la consolazione, la pace armoniosa che lo Spirito porta a chi è divenuto suo tempio. «Beati quelli che piangono» (Lc 6, 21; Mt 5, 4).

Il termine dell’ascesa, scandito dalle Beatitudini, è il raggiungimento dello Spirito, della scintilla divina, del germe della seconda nascita, del punto di tangenza con l’assoluto, nella sua essenza liberata da quelle incrostazioni che l’esistenza vi ha depositato, la conquista della nudità dello Spirito, spoglio di quelle vesti che la carne, la volontà, la ragione vi hanno costruito sopra.

Il cammino delle Beatitudini è la perfetta legge dell’identificazione della materia e dello Spirito, la legge dell’unità, perciò della giustizia e dell’amore. La perfetta sinfonia che assomma i valori e i ritmi del ritorno dell’uomo nell’unità, semplice e spoglia, della sua origine divina.

(1° novembre – Festa di tutti i santi – Anno C – in La vita senza fine, V ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII. Sotto il Monte – CENS. Milano 1985, pp. 234-237).

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