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Il futuro della Terra: le soluzioni sono meno costose dei danni

Il futuro della terra visto da un nobel

© nikkytok / Shutterstock

L'Osservatore Romano - pubblicato il 30/10/13

Un premio Nobel per la chimica riflette sui cambiamenti climatici

di Mario José Molina

La società umana ha interferito con l’ambiente sin dagli inizi delle civiltà. Negli ultimi due decenni del XX secolo, soltanto allora, abbiamo capito che la civiltà umana è capace di interferire con l’ambiente globale, non soltanto quello locale o regionale, perché vi sono effetti veri e propri su scala planetaria.

Probabilmente, il primo problema globale che abbiamo capito chiaramente è stato quello di cui mi sono occupato direttamente, cioè la protezione dello strato di ozono, uno strato atmosferico che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette che vengono dal sole e che rompono le molecole del Dna che controllano l’ereditarietà. Ne deriva che l’evoluzione della vita non potrebbe essere quale la conosciamo se non ci fossero strati di ozono. Sicuramente i composti industriali rilasciati all’inizio del secolo scorso hanno interferito con lo strappo dell’ozono.

Il messaggio principale che vorrei lasciarvi è che tutti i Paesi devono risolvere questo problema. Dobbiamo affrontare un problema serio: il cambiamento climatico che è una grande sfida per la società di questo secolo. Tutto questo si è messo in dubbio,  sono stati avanzati dubbi da parte della stampa, negli Stati Uniti c’è stata una campagna per screditare gli scienziati che si occupano dei cambiamenti climatici, perché vi sono dei gruppi potenti che pensano che per loro ci saranno delle grosse perdite se si affronta questo problema. È però chiara una cosa: noi, come comunità scientifica, stiamo cercando di far passare un messaggio nella società, ciò significa che il consenso tra gli esperti è ormai prevalente, non è solo una questione di opinioni isolate. Ormai il 97 per cento degli esperti scientifici si è dimostrato d’accordo sul fatto che c’è un cambiamento climatico e che questo è provocato dalle attività dell’uomo.

La preoccupazione nasce dal fatto che, se la società non affronta questa sfida, ne risulterebbero dei danni molto gravi all’economia e anche ai Paesi in via di sviluppo, pertanto sarà più difficile per l’economia progredire e sarà più difficile anche sopprimere la povertà. Questa non è una previsione futura, è qualcosa che si sta già verificando, che è in corso.

La causa principale è l’utilizzo dei combustibili fossili. L’energia certamente è molto importante per lo sviluppo dell’economia e bisogna pensare a come la società possa ricorrere ad altre fonti di energia. Gli esperti, gli economisti hanno già sviluppato delle equazioni sia complesse sia semplici per l’economia globale, arrivando a concludere che il problema si può risolvere a un costo abbastanza modesto. Stiamo parlando dell’1 per cento o forse il 2 per cento  del Pil globale. Sarebbe molto meno del costo dei danni che già vediamo e che sono previsti per il futuro, che avrebbero un valore molto più elevato.

Bisogna anche dire che i danni non potrebbero essere nemmeno calcolati in dollari. Perdere delle specie nella biodiversità quanto costa? Causare la migrazione di migliaia di persone perché sono troppo povere e non ce la fanno più a vivere quanto costerebbe? È una cosa inestimabile.

Il clima è un sistema complesso, è incerto quanto cambia, anche con i modelli migliori, tra l’altro abbiamo moltissime combinazioni di modelli economici climatici del pianeta, si possono calcolare solo delle probabilità. C’è una qualche probabilità che i cambiamenti climatici non siano così pericolosi come pensiamo, ma, dall’altro lato, c’è anche una significativa possibilità che questi siano enormi, di vastissima portata. Parliamo di un aumento di temperatura superiore di 5 o 6 gradi, una probabilità del 20-30 per cento  che questo si verifichi. È come una roulette russa.

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