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La “rivoluzione” Bergoglio contempla anche la critica

papa francisco 16 – it

© CCP

Papa Francisco saluda a los fieles

Vinonuovo.it - pubblicato il 29/10/13

Solo il clericalismo spinto può evitare di criticare un Papa che per qualche motivo non piace, il cambiamento operato da Francesco è nel linguaggio, non nel Magistero
Però è vero. È vero che – come ha notato qualcuno commentando il mio ultimo post – l'arrivo di Papa Francesco ha come improvvisamente spento il dibattito, che prima si innalzava feroce tra "tradizionalisti" e "innovatori". Come mai? Secondo me, da una parte (convenzionalmente la "sinistra"), perché l'impressione di "aria nuova" è viva e palpabile, si vive il senso che qualcosa finalmente sta cambiando e dunque sono ormai inutili le proteste e le recriminazioni di prima. Dall'altra parte – diciamo "da destra" – non si condivide parecchio di quanto il Papa fa o dice (e come lo fa o lo dice), tuttavia si ha ritegno a criticarlo perché… perché il Papa secondo i super-cattolici non si può e non si deve mai criticare! (P.S. tra l'altro, fa leggermente sorridere notare oggi su questo blog i commenti anti-francescani di persone che fino a ieri sembravano intransigenti nel sostenere che il Pontefice – qualunque Pontefice – non si può mai contestare…).
Per questo non m'inquieto se i colleghi Gnocchi & Palmaro (con le cui idee peraltro sono spesso in disaccordo) sostengono che "questo Papa non gli piace": ritengo sia una posizione legittima, sempre; su questo Pontefice, su quello precedente e su tutti gli altri – san Pietro compreso. Chi lo nega è destinato a finire nella gabbia del clericalismo, con l'idea che il cristianesimo pretende un'adesione "tutto compreso", prendere o lasciare.
Piuttosto mi fa più paura un altro atteggiamento, riferitomi da un amico prete; al quale il suo parroco (tutt'altro che anziano…) avrebbe detto più o meno così, riferendosi naturalmente a Papa Francesco: "Ma dove crede di andare, questo qui?". E mi preoccupo non tanto perché si tratti di possibile lesa maestà, o magari di una sorta d'insubordinazione al "capo supremo" della Chiesa; no: è ben peggio. È la sfiducia nella possibilità di cambiare (in linguaggio cattolico si direbbe "convertirsi"), è la concezione della fede come una catena che – certo – fornisce sicurezza e appoggio, ma è anche laccio dal quale si ha paura di slegarsi, magari per non perdere i vantaggi che finora ha procurato. Una immutabile (?) fedeltà in cambio della propria libertà.
Triste, soprattutto per un uomo di Vangelo. Non si tratta qui di stare pro o contro Bergoglio, pro o contro Ratzinger (questioni più che altro "di pancia"). Quanto di riconoscere che i due sono soltanto umane sfaccettature dell'infinita modalità di essere Chiesa, una modalità che si esprime secondo il solito "et et" cristiano: uno è studioso, l'altro pastore; uno punta più sulla verità, l'altro sulla misericordia; uno è algido, l'altro caloroso, e così via… Però nessuno può sostenere che gli orientamenti del primo escludano la bontà, la verità, la necessità di quelli del secondo o viceversa. Tanto per criticare anche il buon Papa Francesco: bisogna pur ammettere che certi suoi discorsi a braccio sono poco più che fervorini, cose da parroco: vedi la storia, già ripetuta due volte, dei piatti che volano in famiglia e della necessità di chiedersi scusa e dirsi grazie tra coniugi…
Anzi, io vado oltre: a mio parere la "marcia in più" di Papa Francesco è che, proprio attraverso la sua stessa insistita e talvolta eccessiva "normalità", egli vuole contestare un certo modo di essere Papa, come se fosse l'unico; sta picconando il piedestallo altissimo su cui – dalla santa Caterina del "dolce Cristo in terra" al "pastore angelicus" di Pio XII – si è collocata nei secoli la figura del pontefice. Bergoglio nega dunque in radice l'assolutismo di cui sopra, a partire dalla sua stessa funzione "infallibile" e allargandosi a tutto un modo di guardare alla fede.
In tal senso hanno ragione Gnocchi & Palmaro a essere insoddisfatti; anche se forse non si rendono conto che, nel momento stesso in cui lo fanno, partecipano alla medesima "rivoluzione" di libertà ecclesiale cui Papa Francesco ha dato finalmente speranza.

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