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Testimoni di Geova: il falso mito dell’anima mortale

Testimoni di Geova: l’anima muore con il corpo

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Aleteia - pubblicato il 14/10/13

Sostengono che i primi filosofi cristiani hanno ereditato l'insegnamento sulla immortalità dell'anima dalla filosofia greca

di Jorge Luis Zarazúa

Una lunga catena di miti

Nella loro rivista quindicinale La Torre di Guardia del 1° novembre 2009, i Testimoni di Geova presentano in modo estremamente conciso i loro insegnamenti fondamentali e gli attacchi alla fede cattolica che sono risultati loro più efficaci per confondere il cattolico che manchi di un'adeguata formazione biblica e di un'opportuna competenza nell'apologetica o nella difesa della fede.

Di fatto, presentano questi temi in modo ripetitivo nelle loro pubblicazioni più recenti, approfittando per far conoscere quello che è ora il loro libro principale, intitolato “Cosa insegna realmente la Bibbia?”.

In questo numero balzano agli occhi alcune caratteristiche peculiari dei Testimoni di Geova, soprattutto dei loro dirigenti, il cosiddetto Corpo Governante:

a) la loro apparente cultura biblica e profana, che cercano di mostrare presentando citazioni dei più svariati documenti, libri ed enciclopedie e passi biblici tratti dalle più diverse traduzioni della Bibbia, inclusa la loro stessa traduzione, chiamata Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.

b) Il loro tentativo di dissolvere il cristianesimo, negando le verità fondamentali della fede cristiana: la dottrina della Santissima Trinità, la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, la maternità divina di Maria, la sopravvivenza dell'anima dopo la morte, l'esistenza del cielo e dell'inferno, l'unicità del cielo e la legittimità delle immagini sacre. Non stupisce che in ampi settori non vengano considerati cristiani, perché respingono ciò che è specificatamente cristiano e si fermano a un'interpretazione molto povera dell'Evento Cristo.

c) La loro abilità a presentare sofismi e capziosità.

In questa serie di articoli che iniziamo oggi, rispondiamo a tutte le loro obiezioni, approfittandone per presentare la bellezza della fede cattolica, che è la finalità di una sana apologetica.

Primo mito:
“L'ANIMA MUORE CON IL CORPO”

Un'altra formulazione del mito:
“Quando una persona muore, smette di esistere”.

Origine del mito:
I Testimoni di Geova affermano che i primi filosofi cristiani hanno tratto l'insegnamento dell'immortalità dell'anima dalla filosofia greca.
In realtà questa affermazione è volta a negare l'aspetto caratteristico del cristianesimo per presentarsi come qualcosa di unico e speciale in campo religioso. Per il resto, ricorrono ad alcuni testi biblici (Ezechiele 18, 4; Genesi 2, 7; Ecclesiaste 9, 5-6), mal letti e interpretati peggio, in base ai quali cercano di fondare il proprio atteggiamento.

Cosa dice la Bibbia
In realtà la dottrina dell'immortalità dell'anima è già presente nell'Antico Testamento:

La polvere torna alla terra dalla quale è venuta, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato (Eccl 12, 7).

Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere (Salmo 104 [103], 29).

Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace
(Sap 3, 1-2).

Il Nuovo Testamento lo ribadisce con straordinaria chiarezza:

E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna (Mt 10, 28).

Poiché i Testimoni di Geova non credono nell'immortalità dell'anima, come potrebbe qualcuno uccidere solo il corpo e non uccidere l'anima? Essi affermano che non esiste anima che sopravviva al corpo, e che morendo il corpo muore anche l'anima. Non è questo, però, che dice Gesù in quel passo, ma il contrario. Un incidente o qualsiasi evento naturale può uccidere il corpo senza uccidere l'anima, per cui Gesù ci esorta a non temere questa eventualità, ma ciò che può uccidere entrambi. In questo modo, il contesto di morte o distruzione dell'anima della quale si parla in quel caso non è un annichilimento, ma uno stato di morte spirituale definitiva.

Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa (Ap 6, 9).

Se l'uomo è un'anima vivente, che muore con la morte, com'è possibile che siano sotto l'altare le anime di coloro che sono stati immolati?

Dall'altro lato, è assai illuminante l'episodio della Trasfigurazione del Signore (Mc 9, 1-10; Lc 9, 28-36 y Mt 17, 1-7).

E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù (Mc 9, 4).

Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme (Lc 9, 30-31).

Se con la morte per la persona finisce tutto, come si spiega l'apparizione di Elia e Mosè a Nostro Signore Gesù Cristo e agli Apostoli sul Monte Tabor il giorno della Trasfigurazione?

Ascoltiamo ora San Paolo:

Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio (Fil 1, 21-23).

Nel testo precedente, San Paolo è consapevole del fatto che morendo abbandonerà il suo corpo per stare con Cristo; preferisce, tuttavia, restare ancora nella carne, ma a causa dell'annuncio del Vangelo. Il passo seguente è ancora più esplicito:

Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore. Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi (2 Cor 5, 6-9).

Come si può notare, San Paolo parla di una riunione del cristiano con Cristo, subito dopo la morte individuale, come afferma anche in Fil 1, 21-23.

Vediamo ora le parole di Gesù al ladrone pentito, crocifisso insieme a lui:

Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43).

L'aspetto interessante di questo fatto è che Gesù promette al buon ladrone che quel giorno sarà con Lui in paradiso, ma come potrebbe accadere se l'anima non sopravvive al corpo? Visto che questo semplice testo smonterebbe all'istante tutta la teologia dei Testimoni di Geova, questi hanno inventato un'argomentazione piuttosto originale per giustificarsi, che consiste nel sostenere che visto che a quell'epoca non esistevano i segni di interpunzione, ciò che Gesù voleva dire era “Io ti assicuro oggi, sarai con me in paradiso” (si noti dove pongono la virgola) oppure, il che è lo stesso, “Io ti assicuro oggi, che un giorno sarai con me in paradiso” – la posizione di una virgola può cambiare tutto il senso di una frase.

È estremamente rilevante anche la parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Lc 16, 19-31):

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo (Lc 16, 22a).

Come si può vedere in questo passo (Lc 16, 19-31), qualcosa muore e viene sepolto (il corpo. Cfr. Lc 16, 22b: “Morì anche il ricco e fu sepolto”) e qualcosa sopravvive (l'anima. Cfr. Lc 16, 22a:
“Il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo”). Si noti che “seno di Abramo” è un'espressione biblica per descrivere l'intimità con una persona. Qui si presenta la partecipazione del povero Lazzaro con Abramo al banchetto messianico. Il Nuovo Testamento presenta qualcosa di simile relativamente a Gesù per indicare la sua intimità speciale con il Padre: “Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv (Jn 1, 18).

L'espressione “seno di Abramo” designa quindi la dimora beata delle anime dei giusti dopo la morte, accanto ad Abramo, nostro padre nella fede (cfr. Mt 8, 11-12). Per i cristiani, è stare vicino a Gesù, colui che inizia e consuma la nostra fede (cfr. Ebr 12,2), come si può vedere in Lc 23, 43, Fil 1, 21-23 e 2 Cor 5, 6-9.

Un altro passo significativo è quello in cui San Pietro ci dice che Cristo ha predicato agli spiriti imprigionati:

Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua (1 Pt 3,18-20).

In questo testo, San Pietro allude alla discesa di Cristo agli inferi (il Seol per gli ebrei) dopo la sua morte in croce, dove predica a tutti quei giusti che erano imprigionati in attesa che Cristo con la sua morte e resurrezione aprisse la strada per entrare in cielo (Eb 2,10; 9,8.15; 10,19-20; 1 Pt 3,19). Non c'è bisogno di dire che in questo evento si trova un'altra prova palpabile dell'immortalità dell'anima, visto che la predicazione di Cristo è rivolta a defunti.

Verità:
L'anima è immortale; non muore con il corpo.

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