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MPS verso la ricapitalizzazione?

Monte Paschi Siena

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Lucandrea Massaro - Aleteia Team - pubblicato il 11/10/13

Il governo delle banche in Italia ha molti problemi di trasparenza ed efficienza, il caso della banca senese è emblematico di un sistema che non funziona e danneggia il bene comune
Si è tornato a parlare di MPS in questi giorni, in particolare di due eventi uno l'aumento di capitale che i soci della banca stanno cercando di portare avanti, l'altro i numeri che accompagnano, almeno in parte, questo processo di consolidamento e di risanamento che la banca sta cercando di fare e sono gli esuberi calcolati. Aleteia ha cercato il professor Fabio Angelini, direttore Centro Studi Tocqueville-Acton, per cercare di capire cosa stia accadendo e perché – in questo procedimento – sia coinvolta indirettamente anche l'Unione Europea con i trattati circa la cosiddetta “unione bancaria”. Da qui inizia l'intervista telefonica con il nostro esperto. Cos'è l'unione bancaria professore e come entra nella situazione di MPS?
Angelini : È un passo, che arriva in estremo ritardo, deciso dalla UE come misura di stabilizzazione dell'area Euro, necessaria per disinnescare il pericoloso intreccio tra debito privato e debito sovrano. Bisogna ricordare che la crisi è iniziata sul fronte del debito privato che poi ha costretto gli stati ad intervenire, spostando il problema dal settore privato a quello pubblico, con ripercussioni negativa sia sul funzionamento dei meccanismi democratici dei singoli stati che delle tasche contribuenti. In Italia il caso Monte Paschi è un caso eclatante. Lo scandalo dell'acquisto dei derivati e quello dell'acquisto di Antonveneta dal Banco Santander (pagato assai meno pochi mesi prima, ndr), segnala come queste siano spesso scelte più legate alle logiche di un capitalismo relazionale e lontano dall'economia reale, che non ad una gestione prudente della banca. Le nuove norme dovrebbero introdurre regole e strumenti di vigilanza uniformi in tutta l'area euro in grado di garantire una più efficace capacità' di intervento pubblico per fronteggiare crisi del sistema bancario e salvaguardando la stabilità' del sistema economico europeo. 
La gestione di MPS è stata "prudente" e nell'interesse degli azionisti alla luce di quello che si sa ora?

Angelini : Sicuramente fin qui non certo l'interesse dei correntisti. Per quello che riguarda gli azionisti ne possiamo parlare. Le fondazioni sono sì degli enti no profit ma spesso fortemente alla politica o potentati locali che le pongono spesso in pieno conflitto di interessi. C'è da chiedersi perché manchino in questa vicenda delle azioni volte ad una responsabilizzazione del management di queste banche e dell'intero sistema di governance delle stesse. 
C'è chi dice: facciamo uscire le Fondazioni dalla gestione delle banche. Nel caso MPS sembrerebbe una buona idea, ma come garantire quegli utili sociali che solo così – in qualche misura – tornano sul territorio?
Angelini : La legge Amato era una giusta intuizione che garantiva la privatizzazione senza togliere al mondo sociale delle risorse utili per la collettività. Il problema è il capitalismo relazionale in cui si muovono le banche e le fondazioni stesse. Se lee fondazioni costringono il management a fare scelte non dettate dall'interesse di mercato si vengono a creare quei cortocircuiti dannosi che rischiano – come è ora – di far fallire tutto. MPS ha certamente operato sul territorio ma poi ha anche fatto scelte che hanno inciso negativamente sulla banca stessa. 
La ricapitalizzazione è dunque parte di questo processo legato all'unione bancaria voluta dalla UE?
Angelini : L'unione bancaria, sulla scia di Basilea 3, imporrà alle banche il rispetto di una serie di rigidi requisiti patrimoniali che potrebbero dar luogo a nuove operazioni di aggregazione di gruppi bancari europei, che dovrebbero indurre a scelte più responsabili sul fronte degli impieghi oltre che minor costi di founding. Sul fronte MPS spesso ci si dimentica che si tratta di una banca tecnicamente “fallita”: prima i “Tremonti' poi i cosiddetti “Monti bond” hanno salvato la banca ma hanno anche determinato un intervento diretto dello Stato che di fatto – se non ci sarà la restituzione del prestito – comporterà una trasformazione del credito in azioni di MPS con la conseguenza che lo Stato ne diventerà azionista. Questo avverrà se l'aumento di capitale di 2.5 miliardi di euro non dovesse essere sottoscritto dagli azionisti o da nuovi investitori, ed esiste comunque il rischio concreto che ciò accada. 
Ben 8000 esuberi e 500 sportelli chiusi, la risposta alla crisi anche in questo caso è stata quella dei tagli. E' giusto oppure pagano i lavoratori la scelta del management?
Angelini : Questo dipende dal fatto che queste banche spesso hanno dato credito a soggetti o progetti che in realtà non avevano un merito di credito sufficiente, ovvero investito il risparmio in attività finanziarie eccessivamente rischiose, senza assicurare le necessarie garanzie patrimoniali. Anche in questo caso sarebbe una diretta responsabilità delle scelte di management e di un perverso sistema di governance che è' vittima di troppi conflitti di interesse. Purtroppo, sin qui, non si riscontrano interventi significativi sul fronte della soluzione a questo problema che blocca l'intera economia italiana. Questi tagli sono dolorosi ma necessari per riportare MPS sul mercato e per renderla competitiva. Spesso, in passato, le passività delle banche internazionali sono state in qualche modo (anche surrettiziamente in alcuni casi) coperte con attività finanziarie "spericolate” che spero rappresentino ormai un capitolo chiuso. Certo, sin qui pagano sempre i soliti noti. 

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