superbus", operando un vero e proprio atto di "hybris". Egli, nella tela di Caravaggio, afferra la mano di Matteo "mano-di-Dio", tentando di bloccarne il contatto con la palma del martirio che, dall’alto, è porta da un angelo. L’Adamo michelangiolesco è dunque ridipinto da Caravaggio, ma con una variazione sostanziale che allude a un’importante variazione di significato: Adamo posto in piedi, Adamo cioè divenuto peccatore, uscito dal Paradiso terrestre, è l’immagine della cieca superbia che si pone in contrasto con l’azione redentrice. Un nuovo significato viene, dunque, aggiunto: la superbia dell’uomo si contrappone al martirio che salva.
Il modo con cui Caravaggio utilizza il linguaggio di Michelangelo rinnova i segni pittorici senza creare equivoci. La mutazione di significato, che sottolinea l’“hybris” come supponenza di sé, viene infatti palesata dal cambiamento prodotto anche nella forma esteriore: Adamo è posto in piedi. Entro quest’ottica interpretativa risulta estremamente ricca di significato la scelta compositiva che contrappone il sicario, in piedi, nudo, urlante, e san Matteo, sdraiato, vestito dei paramenti, silente. Adamo, sottolinea sant’Agostino, è uscito dal Paradiso Terrestre per la sua superbia, egli è privato della presenza di Dio, egli grida; la sua superbia, come ogni superbia, si contrappone dunque alla posizione dell’umile24, coperto dalla Grazia, come san Matteo dai suoi paramenti25. In questa tela vengono riproposte le mani come possibilità di rappresentare il rapporto tra umano e divino, in una dinamica però più complessa: la mano angelica porge la palma, san Matteo vuole prenderla; ovvero, nel martirio, l’umano e il divino si incontrano e la mano dell’uomo superbo (Adamo in piedi contro Dio) tenta di opporsi e di impedire il contatto.
Nell’opera caravaggesca, dunque, i segni subiscono uno spostamento, in una reinterpretazione che riesce a dire insieme il medesimo e altro: la mano di Adamo diviene la mano di Cristo che chiama Matteo; il volo di angeli intorno a Dio creatore diviene volo d’angelo su san Matteo evangelista; il corpo di Adamo appena creato si erge e diventa il superbo corpo dell’assassino di san Matteo martire. La Creazione dell’uomo di Michelangelo non subisce uno smembramento linguistico, piuttosto è assunta in un metabolismo di significato: Caravaggio l’ha talmente interiorizzata da poterla riutilizzare. Così l’“exemplum” diviene fonte per parlare ancora un linguaggio nuovo dagli etimi antichi, un linguaggio profondo e vero, che il nostro papa Francesco sa ben comprendere: «In pittura ammiro Caravaggio: le sue tele mi parlano».
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Sul
Ciclo di San Matteo di Caravaggio, cfr. R. Papa,
Da Michelangelo a Michelangelo. Il ciclo di San Matteo di Caravaggio, “ArteDossier”, n. 127, ottobre 1997, pp. 22-26. Su Caravaggio, cfr. anche le seguenti monografie di R. Papa, C
aravaggio. Le origini e le radici, Dossier n. 266, Giunti, Firenze 2010;
Caravage, Imprimerie Nationale Éditions, Paris 2009 ;
Caravaggio. Lo stupore dell’arte, Ed. Arsenale, Verona 2009; Ca
ravaggio. L’arte e la natura, collana “Grandi monografie”, Giunti, Firenze 2008;
Caravaggio. Vita d’Artista, Giunti, Firenze 2007(nuova edizione riveduta );
Caravaggio. Gli anni giovanili, Dossier, Giunti, Firenze 2005;
Caravaggio pittore di Maria, Ancora, Milano 2005;
Caravaggio. Gli ultimi anni, Dossier n. 205, Giunti, Firenze 2004;
Caravaggio. Vita d’artista, Giunti, Firenze 2002 (sono in corso di pubblicazione le traduzioni in lingua francese, spagnola, ceca, coreana e inglese).
Tra i numerosi commenti al Vangelo di Matteo diffusi nel XVI secolo, ricordiamo quelli dei francescani Nicola da Lira e Johann Wild (Giovanni Fero) e del domenicano Alfonso de Avendaño