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Quando ci si può rifiutare di dare l’Eucarestia per evitare un sacrilegio?

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padre Angelo Bellon, o.p. - Amici Domenicani - pubblicato il 18/09/13
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Il comportamento del sacerdote dipende dal fatto se la persona in questione è un peccatore occulto oppure manifesto

Caro Padre,
In quali casi un sacerdote può rifiutarsi di dare l’eucarestia ad una persona per evitare di fargli commettere un sacrilegio?
 


Carissimo,

1. il sacerdote, mentre ha il dovere di comunicare i sacramenti a coloro che sono ben disposti a riceverli, da fedele amministratore dei misteri di Dio deve evitare che i sacramenti vengano profanati.

2. Da parte dei fedeli i sacramenti possono essere profanati in due casi: quando il sacramento non può essere celebrato se non in maniera invalida, come succede quando si voglia dare di nuovo il Battesimo o la Cresima a chi è già stato battezzato o cresimato, oppure quando i sacramenti sono esposti del tutto all’infruttuosità e la loro amministrazione generasse scandalo nella comunità.

3. Quest’ultimo caso si riferisce a coloro che vivono in una situazione oggettiva di peccato grave. Permanendo in questa situazione non possono ricevere l’assoluzione  dei peccati che richiede il proposito di cambiare vita e di evitare le occasioni prossime.

4. Coloro che si trovano in questa situazione possono essere peccatori occulti oppure notori (manifesti).
Allora il comportamento del sacerdote sarà diversificato. E cedo volentieri il posto al pensiero di San Tommaso: “Riguardo ai peccatori bisogna distinguere. Alcuni sono occulti; altri manifesti o per l’evidenza dei fatti, come i pubblici usurai e i rapinatori; oppure per la sentenza di un tribunale ecclesiastico o civile. Ebbene, ai peccatori manifesti non si deve dare la santa comunione, neanche se la chiedono. Scrive in proposito S. Cipriano: "Per la tua gentilezza hai creduto di dovermi chiedere il parere sugli istrioni e su quello stregone che, stabilitosi in mezzo a voi, continua ancora nel suo vergognoso mestiere: se a costoro si debba dare la comunione come agli altri cristiani. Credo che disdica e alla maestà divina e alla disciplina evangelica lasciar contaminare la santità e l’onore della Chiesa da contagi così turpi e infami" (Epist. 61).

Invece se i peccatori non sono notori ma occulti, non si può negare la santa comunione quando la chiedono. Perché, essendo ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una ragione manifesta. Per questo, commentando le parole di S. Paolo, "Se uno tra voi, chiamandosi fratello, ecc." (1 Cor 5,11), S. Agostino afferma: "Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile" (Glossa di Pietro Lombardo).

Nondimeno il sacerdote che è al corrente della colpa, può ammonire privatamente il peccatore occulto, oppure avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa. Poiché dopo il pentimento e la riconciliazione, non si può negare la comunione neppure ai peccatori pubblici, specialmente in punto di morte. Tanto che in un Concilio di Cartagine si legge: "Agli uomini di teatro, agli istrioni e alle altre persone della stessa risma, come agli apostati, quando si convertono a Dio, non si neghi la riconciliazione" (III, 398, c. 5)” (San Tommaso, Somma teologica, III, 80, 6).

5. San Tommaso, tornando sul sacramento amministrato ad un peccatore occulto, scrive: “È proibito dare le cose sante "ai cani", ossia ai peccatori notori. Ma le colpe occulte non si possono punire pubblicamente, bensì rimetterle al giudizio di Dio” (Somma teologica, III, 80, 6, ad 1).

6. E a chi obietta che è minore il peccato dell’infamia pubblica che il sacrilegio, risponde: “Sebbene per un peccatore occulto sia peggio peccare mortalmente ricevendo il corpo di Cristo che essere infamato, tuttavia per il sacerdote che lo amministra è peggio peccare mortalmente infamando ingiustamente un peccatore occulto, che permettergli di peccare mortalmente; perché nessuno deve commettere un peccato mortale per evitare la colpa di un altro. Perciò S. Agostino ha scritto: "È una compensazione pericolosissima commettere noi qualche cosa di male allo scopo che un altro non faccia un male più grave" (Quaest. in Gen. 19,8).
Il peccatore occulto però da parte sua è tenuto a preferire l’infamia alla comunione sacrilega” (Somma teologica, III, 80, 6, ad 2).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo