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Il francescanesimo di papa Francesco

Il francescanesimo di papa Francesco

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padre Pietro Messa - pubblicato il 12/09/13

Un papa gesuita per le strade di Assisi

Nella conferenza stampa durante il volo di ritorno dal viaggio a Rio de Janeiro, domenica 28 luglio 2013, alla domanda se da quando è papa si sente ancora gesuita, papa Francesco ha affermato: «Io mi sento gesuita nella mia spiritualità; nella spiritualità degli Esercizi, la spiritualità, quella che io ho nel cuore. Ma tanto mi sento così che fra tre giorni andrò a festeggiare con i gesuiti la festa di Sant’Ignazio: dirò la Messa al mattino. Non ho cambiato di spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come gesuita».

Ma allora perché ha scelto come nome pontificio quello del Santo di Assisi? Papa Bergoglio lo ha spiegato in occasione del suo primo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede […].

Anche se in parte trova risposta nel suddetto intervento, uno dei primi del suo pontificato, sorge la domanda di quale immagine del Santo di Assisi ha il Papa: infatti si sa che dell’Assisiate sono proposte molteplici letture, se non proprio contrastanti tra loro, certamente a volte divergenti. A questo riguardo vi è un intervento del 29 giugno 2011 in cui l’allora cardinal Jorge Bergoglio, in quanto arcivescovo di Buenos Aires, illustrando la figura di san Bonaventura presenta una vera e propria sintesi della sua concezione del francescanesimo: «È curioso che san Bonaventura lo mettiamo in relazione con l’umiltà. La parola umiltà significa modestia, sottomissione e deriva dal latino: humilitas-humus-terra e significa abbassarsi. San Paolo descrive la vocazione di Gesù nell’abbassarsi: si è abbassato, si annullò, si è fatto servo pur essendo Signore. L’umiltà consiste in questo abbassarsi. E nel sud della provincia di Corrientes usiamo normalmente quest’aggettivo per descrivere qualcosa che ha poco valore, come per esempio “questo è un libro umile” come se non valesse nulla, invece l’umiltà è l’atteggiamento più grande di Dio che si abbassa, ci si avvicina, si fa prossimo. […] Un’anima umile tutto soffre, tutto sopporta, tutto spera, tutto perdona; è paziente come Gesù, pensiamo alla pazienza di Gesù, ricordiamolo in quella notte tra il giovedì santo e il venerdì quando gli hanno fatto di tutto è stato burlato, gli hanno sputato, schiaffeggiato, beffeggiato, picchiato e lui è restato in silenzio. Questo Gesù inchiodato nel legno e paziente ha insegnato a Bonaventura l’umiltà e il dispregio delle dignità. Lui ha compreso la Parola del Vangelo “chi si umilia sarà innalzato”. Della virtù dell’umiltà dipendono tutte le altre virtù, è come la guardiana e la bellezza, cocchiera di tutte le altre virtù e mentre ci rende pazienti ci rende anche magnanimi. L’uomo umile sa perdonare, è comprensivo, e san Bonaventura attraverso il carisma di Francesco proprio perché era umile, era paziente e magnanime».

[Il testo completo da cui è tratto P. Messa, Francesco, un papa gesuita per le strade di Assisi]

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