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I cristiani sono fuggiti da Maaloula

Cristiani cacciati da Maaloula

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Chiara Santomiero - pubblicato il 09/09/13

L'assalto dei fondamentalisti collegati ai ribelli siriani messo in fuga la popolazione cristiana

Appena rientrato in Italia, il giornalista della Stampa Domenico Quirico, tenuto ostaggio in Siria per 5 mesi, ha denunciato: "Questa non è più la rivoluzione siriana che ho cominciato a raccontare due anni fa. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un'altra cosa". Forse una delle evidenze di questa affermazione è quanto accaduto a Maaloula, l'unico villaggio al mondo dove si parla ancora l'aramaico dei tempi di Gesù, deserto dopo l'assalto degli estremisti islamici, che nei giorni scorsi hanno provocato gravi distruzioni all'abitato per conto dell'Esercito libero siriano.

"I terroristi hanno distrutto le croci dalla cupola del monastero dei santi Sergio e Bacco. Il loro atto è una dichiarazione di guerra nei confronti della comunità cristiana. Togliendo la croce vogliono lanciare un messaggio preciso: è arrivato il turno dei cristiani, ora tutto può accadere". E' la denuncia di un sacerdote del villaggio di Maaloula, anonimo per motivi di sicurezza, all'Agenzia Asia News (6 settembre). Il sacerdote ha anche spiegato che i ribelli erano attestati da oltre sette mesi nelle vicinanze del villaggio ma solo in questi giorni è iniziata l'offensiva contro i cristiani.

L'Esercito libero siriano ha sempre negato i legami con al-Qaeda e diffuso su Youtube video dove i miliziani difendono le chiese e i cristiani: si tratta solo di propaganda per la fonte di Asia News secondo la quale: "L'Esercito libero di libero ha solo il nome. In realtà è da molto tempo che minacciano i cristiani, ripetendo che prima o poi sarebbe arrivato anche il nostro turno".

Maaloula, patrimonio dell'Unesco, si trova a 40 km a nord di Damasco ed è uno dei luoghi simbolo della cristianità per la presenza del monastero di S. Tecla, abitato da monache ortodosse, e il monastero dei santi Sergio e Bacco gestito dai sacerdoti greco-cattolici (melkiti), da secoli meta di pellegrinaggio di fedeli cristiani e musulmani. Unico luogo al mondo dove è ancora parlato l'aramaico, il villaggio è considerato un simbolo della convivenza interreligiosa.

"Finora la maggioranza della comunità islamica è ancora con i cristiani – ha spiegato nell'intervista ad Asia News il sacerdote, nonostante tra le fila degli islamisti abbia visto alcuni dei musulmani del villaggio – lo sheick ha condannato gli attacchi affermando che quanto sta avvenendo è contro l'islam: 'La violenza non si può attuare né in nome di Allah né di Maometto'. Purtroppo i guerriglieri non rispettano nemmeno i leader musulmani locali, che come noi sono impotenti di fronte a tutto questo odio".  

Sempre Asia News (9 settembre) ha raccontato che i ribelli islamisti hanno ucciso tre persone – lasciati in strada come monito alla popolazione – e preso prigionieri sei giovani cristiani greco-cattolici. La maggior parte degli abitanti del villaggio è riuscita ad allontanarsi e si è rifugiata presso le parrocchie della capitale Damasco ma ha perso tutto: "Questa gente è traumatizzata – aggiungono le fonti di Asia News – intere famiglie hanno lasciato tutta la loro vita a Maaloula. Non hanno bisogno solo di beni materiali come cibo, acqua, un letto in cui riposare ma anche di sostegno spirituale, soprattutto gli anziani, le donne e i bambini". D'altra parte anche nella capitale i viveri cominciano a scarseggiare. Diverse famiglie, invece, sono rimaste bloccate nelle case del villaggio e non si sa nulla della loro condizione.

Un

(in arabo) diffuso in rete da Tube Syria in queste ore mostra le suore del monastero di Maaloula che sembrerebbero costrette dai ribelli ad affermare che sono trattate bene e che va tutto bene nel villaggio. I sottotitoli affermano che uno dei capi dei mercenari, prima di essere ucciso dall'Esercito regolare, ha tenuto le suore in ostaggio e che sono state costrette a dire qualunque cosa per proteggere le donne e gli orfani.

Il conflitto siriano mostra di aver inglobato elementi e protagonisti diversi da quelli dell'inizio. "Erano jihaditi ceceni, minacciavano di ucciderci tutti se non ci convertivamo" hanno dichiarato alcuni abitanti di Maaloula terrorizzati  all'inviato de Il Giornale (8 settembre) cui un'altra fonte anonima per motivi di sicurezza ha spiegato la vera ragione dell'attacco al piccolo centro addossato alla montagna: "Quella dietro è la valle della Bekaa libanese. Da lì i musulmani di casa nostra contrabbandavano prima in hashish e poi armi. Quando l'esercito ha cercato di bloccarli i loro figli si sono trasformati in combattenti per la libertà e sono fuggiti a Iabroud, un villaggio a dieci chilometri da qui controllato dagli integralisti. Lì per sopravvivere i cristiani pagano la “jizzhia”, la tassa per la protezione degli infedeli come ai tempi del califfato. Poi Iabroud è diventata la roccaforte di Al Qaida, i musulmani di casa nostra hanno fatto il grande salto e hanno occupato con i loro amici pakistani, ceceni, egiziani e libici l'hotel e il monastero di Sergio e Bacco sopra Maloula. Noi avevamo chiesto all'esercito di non entrare nel villaggio e ci eravamo impegnati a mantenere buone relazioni anche con quei pazzi, ma con loro gli accordi non valgono".

Per Maaloula si è pregato in particolare durante la veglia che si è tenuta nella cattedrale melchita di Damasco in adesione all'appuntamento per la pace lanciato da Papa Francesco per il 7 settembre. "Si è pregato per la pace in tutto il Paese – ha spiegato il nunzio a Damasco mons. Mario Zenari – soprattutto per Maaloula, il villaggio invaso lo scorso 5 settembre dai ribelli simbolo della cristianità siriana" (Asia News, 9 settembre).  

Alla veglia, guidata dal patriarca melchita Gregorio III, hanno partecipato le autorità religiose cattoliche, ortodosse, protestanti e musulmane, rappresentanti delle autorità governative, del parlamento e migliaia di persone di tutte le fedi. Zenari che ha definito la giornata di preghiera un evento eccezionale, ha sottolineato che essa "ha dato un soffio di incoraggiamento e speranza a tutta la popolazione siriana, senza distinzione di credo, in questi giorni cupi e incerti" e che tutti "i siriani si sono commossi per la partecipazione di tutto il mondo alle loro sofferenze. Alcuni musulmani mi hanno chiesto di ringraziare il papa per il suo gesto". 


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