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Da cristiani obbiamo “legare” la custodia del creato a quella del prossimo

La cura del creato e quella del prossimo

© FOTOLIA

Vinonuovo.it - pubblicato il 06/09/13

Non sono la crisi o lo spauracchio della bolletta che dovrebbero non farci sprecare le risorse del pianeta: energia, acqua, cibo

di Maria Teresa Pontara Pederiva

Qualche settimana fa mi giunge una mail amica con oggetto: "Precedi Joseph". Rapido giro d'orizzonte mentre apro: ne conosco 4 e scarto subito un ex vicario generale che mai avrei potuto "precedere". E invece … si tratta proprio di un altro don", ma del vescovo di Roma emerito. In un elenco di autori di testi recenti sul creato, stilato dall'Ufficio CEI e inserito nel sito, l'ordine alfabetico (si comincia con Bartholomeos I e siamo 3 donne su 19) mi ha giocato questo scherzo: P-R, appunto.

Tornando seri, sono convinta che, oltre ad una responsabilità in più che mi sento addosso, in occasione di questo Tempo del creato – il periodo che la Chiesa ha dedicato alla riflessione sul tema e che va dal 1° settembre, Giornata per la custodia del creato, al 4 ottobre, festa di san Francesco patrono degli ecologisti – sia quanto mai necessario deciderci come ci ha raccomandato papa Francesco sin dall'omelia d'inizio pontificato, giorno della Festa di san Giuseppe "custode": "Vediamo qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!".

E papa Bergoglio sapeva bene che, detto così, alcuni si sarebbero subito defilati: se non per motivi ideologici – non sono bastate le parole di Benedetto XVI sul movimento verde pronunciate a Berlino – bensì per quel senso di frustrazione e impotenza che attanaglia parecchi con quella domanda che credono priva di risposta "e io che posso fare?". Così, da buon gesuita, l'Ordine che ha "scelto" di allargare la propria missione alla salvaguardia del creato ancora nella Congregazione generale di 30 anni fa, ha subito spiegato: "E' il custodire l'intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d'Assisi: è l'avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l'ambiente in cui viviamo. E' il custodire la gente, l'aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E' l'aver cura l'uno dell'altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E' il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell'uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti".

Ecco il punto: siamo tutti responsabili, altro che defilarsi con l'alibi che non ci si può far nulla. A patto, però, di tener ben unite le 2 custodie: il creato e il prossimo. Non si può essere ecologici a parole, biologici nel mangiare o vestire (che può diventare anche un businnes), da cristiano occorre "legare" la custodia del creato a quella del prossimo.

Prendiamo un esempio da vita familiare quotidiana: benissimo se differenzio la frazione umida dei rifiuti domestici (è solo un esempio di senso civico da diffondere!), ma se nel bidoncino finiscono interi piatti di cibo lasciati da parte dai figli cresciuti schizzinosi, mentre milioni di persone andranno a dormire la sera con lo stomaco, se va bene, semivuoto, allora non ci siamo.

Sono le motivazioni etiche (siamo sempre noi a scegliere, mai altri) che inducono comportamenti di custodia dell'ambiente – per questo parliamo tanto di "educare al creato" – nella consapevolezza che siamo tutti quanti legati al resto dell'umanità. Ecco perché termini come sostenibilità ambientale ed emergenza ecologica si collocano tra i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa che parla dirispetto per la dignità umana, giustizia, sussidiarietà, solidarietà e responsabilità per il bene comune. Non è un problema della scienza o di quanti se ne occupano per professione, è un tema di tutti, è una questione di ordine morale, anzi, come scrivevano nel 2008 i vescovi europei riuniti nella COMECE, la Commissione dei vescovi accreditati presso l'Unione Europea: "il problema ecologico è il primo problema di etica pubblica".

Ora, se quasi totalità degli scienziati al mondo ci mostra come la stragrande responsabilità del cambiamento climatico sia di origine antropica (l'ha ricordato a chiare lettere anche il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon alla Conferenza di Doha in Qatar) sarebbe possibile limitare i danni con una "conversione" (è proprio il termine usato da papa Giovanni Paolo II nel 2001) dei nostri comportamenti e stili di vita: solo allora qualcosa cambierebbe per davvero e il futuro del pianeta sarebbe assicurato. A partire dalle nostre famiglie.

"Il vissuto familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali, come il rispetto delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la cooperazione" ci aveva ricordato papa Benedetto XVI parlando a Bresso all'ultimo Incontro mondiale delle famiglie. Più chiaro di così. E a Bressanone nell'estate 2008 aveva puntato il dito contro lo "spreco della creazione", che poi è quella "cultura dello scarto" di cui ha parlato papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale dell'ambiente, il 5 giugno scorso.

Cominciamo allora ad abolire la parola "spreco" (che per il gesuita Kavanaugh in un bel libro di qualche anno fa si associa giocoforza a "consumismo"). Non sono la crisi o lo spauracchio della bolletta che dovrebbero non farci sprecare le risorse del pianeta: energia, acqua, cibo ("il cibo che si butta è rubato alla mensa del povero", ci ricorda il papa).

Pensiamoci quando organizziamo una festa, un pranzo in compagnia, una gita, le prossime ferie … Pensiamoci quando mangiamo carne (sempre troppa!): il mangime per alimentare quel manzo può aver tolto terra coltivabile a più famiglie, acqua per i servizi igienici che per noi sono scontati, ma altrove no. Pensiamoci quando quel cappotto nuovo ammiccherà tra qualche settimana da una vetrina luccicante. Ma è proprio da buttare quello dello scorso anno? I nostri figli ci giudicano, e vengono educati, dai nostri comportamenti: se parlo di sobrietà, debbo metterla in pratica per primo come genitore e allora non si sogneranno neppure di chiedere uno zainetto nuovo, un cellulare ultimo modello perché basta quello che c'è già.

"Se ciascuno prendesse per sé solo ciò che basta per le sue necessità, lasciando ciò che resta a disposizione di quanti ne hanno bisogno, forse nessuno sarebbe ricco, ma neppure vi sarebbe alcun povero": sono parole di san Basilio nell'Omelia sull'avarizia nel solco della grande tradizione dei Padri della Chiesa i cui principi fondano la Dottrina Sociale della Chiesa. Che è poi il Vangelo nel quotidiano, la nostra vita cristiana.

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