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“Un cristiano non può essere antisemita”, Papa Francesco nel solco della ‘Nostra Aetate’

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 03/09/13

Dagli incontri con le associazioni dell'ebraismo mondiale agli auguri per le celebrazioni del Capodanno, Bergoglio rende vivo il magistero conciliare
«In prossimità delle feste di Rosh ah-Shanah, Yom Kippur e Sukkot – scrive il pontefice nella missiva – desidero far pervenire all’intera comunità ebraica di Roma l’augurio più vivo, unito al ricordo nella preghiera, affinchè il Dio dei Padri effonda abbondanti benedizioni lungo tutto il corso del nuovo anno e rafforzi il cammino di amicizia tra ebrei e cristiani».
E’ questo l’augurio che Papa Francesco ha rivolto alla Comunità ebraica di Roma, inviandolo al Rav Riccardo Di Segni. (Corriere della Sera, 3 settembre)
Ancora di recente Papa Francesco ha ribadito che “Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita”. L’occasione è stata una udienza in Vaticano della delegazione dell’International Jewish Committee on Interreligious Consultations. La chiave dei rapporti tra cristianesimo ed ebraismo è il documento conciliare “Nostra Aetate” a cui il Pontefice si è richiamato. In particolare il quarto capitolo del documento, ha spiegato il Pontefice, “rappresenta per la Chiesa Cattolica un punto di riferimento fondamentale per quanto riguarda le relazione con il popolo ebraico: la Chiesa riconosce che gli inizi della sua fede si trovano già nei patriarchi, in Mosè nei profeti”. E il Concilio ricorda “San Paolo, secondo cui i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili, e condanna fermamente gli odi, le persecuzioni, e tutte le manifestazioni di antisemitismo”. (Repubblica, 24 giugno)
Papa Francesco non prosegue però solo una relazione “istituzionale” – figlia certamente di una pur importante posizione teologica tra Antico e Nuovo Testamento -, egli intesse questa relazione con rapporti personali, come quello con il rabbino  di Buenos Aires Abraham Skorka, suo amico personale da moltissimi anni. Amicizia e collaborazione che ha anche generato un ciclo di incontri e conversazioni su diversi temi e che sono finiti in un libro “Sobre el cielo y la tierra”, pubblicato nel 2012 dalla casa editrice Sudamericana, ancora non tradotto in italiano purtroppo. 
(Aleteia, 14 marzo)
Ancor più di recente il Papa ha incontrato anche il Presidente del World Jewish Congress, Ronald Lauder  che ha  successivamente elogiato il Papa affermando che “la guida di Francesco non ha solo rafforzato la Chiesa cattolica ma ha anche dato nuovo slancio alle relazioni con l’ebraismo. Mai nei passati duemila anni di storia le relazioni tra Chiesa cattolica e popolo ebraico sono state così buone. La guida dei Papi che si sono succeduti negli ultimi cinquanta anni ha aiutato a superare molto pregiudizio. Ciò ci permette ora di lavorare inisieme in difesa della libertà religiosa dovunque essa sia minacciata e qualsiasi comunità religiosa sia coinvolta”. Segno di una continuità pastorale che proviene da una acquisizione completa delle disposizioni conciliari nel Magistero dei Papi. (Vatican Insider, 2 settembre)
Questa consapevolezza scaturisce direttamente dalla luce del Concilio Vaticano II nell’ormai lontano 1965: “la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo. Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l’Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9). (Nostra Aetate, 4)
Da qui una presa di posizione netta che tuttavia non deve far pensare ad una svolta esclusivamente post bellica, anzi basta pensare a Pio XII, il cui contributo alla salvezza della Comunità ebraica romana ed europea è sempre più riconosciuto, al netto delle difficoltà che la Chiesa dovette sostenere durante quel periodo e la ferocia nazista contro ogni tipo di oppositore. Contributi storiografici che stanno facendo luce su quella che è a tutti gli effetti una “leggenda nera” .
(Aleteia, 30 gennaio)

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