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Sono un non credente, ma se prego e mi pento dei peccati Dio mi perdona?

Un non credente può avere i peccati perdonati?

© luxorphoto/SHUTTERST OCK

padre Angelo Bellon, o.p. - Amici Domenicani - pubblicato il 28/08/13

Sì, uno può concepire un vero pentimento dei propri peccati anche a prescindere dall’esistenza di Dio e dalla morte redentrice di Cristo

Quesito

Caro Padre Angelo,
non sono credente, probabilmente non lo sono mai stato anche da bambino e solo all’età di 16 anni mi sono posto in maniera seria e critica nei confronti della religione fino ad allora vissuta in modo assolutamente superficiale. Strano a dirsi lo studio di San Tommaso e delle argomentazioni di grandi santi della Chiesa come San Bernardo e S. Agostino, mi hanno portato ad una progressiva perdita di fede, o almeno mi hanno stimolato a chiedermi se esistesse veramente un Dio. Trovo un’assoluta impossibilità a conciliare la mia mentalità razionale e pragmatica con l’idea di Dio, che trovo astratta e che non riesco a ricondurre ad alcun dato di esperienza. Negli anni, con l’affermarsi di una mentalità scientifica in me, critica e pronta a mettere tutto in discussione, sono arrivato alla definitiva convinzione che l’esistenza di Dio non sia supportata da alcun dato della sola ragione (e come potremmo infatti applicare il procedimento logico per dimostrare l’esistenza di un ente del tutto slegato dalla nostra realtà fisica, all’infuori della quale i principi logici che regolano la nostra realtà potrebbero risultare costantemente violati?). La componente fideistica della religione è assolutamente innegabile per me (nonostante spesso e volentieri qualcuno abbia cercato di convincermi del contrario) e, pur non essendo in alcun modo illogica e irrazionale per i motivi che ho sopra esplicitato, non è un qualcosa a cui per me semplice abbandonarsi. Ora, io non riesco proprio a credere nell’esistenza di un Creatore, riesco tuttavia a sperarci e a rivolgermi a Lui nella speranza che esista. La mia preghiera, il mio voler entrare forzatamente in comunione con Dio, essendo tuttavia incapacitato a credere a priori nella sua esistenza, pur sempre senza escluderla, potrebbe risultarGli tale e salvarmi dall’eventuale dannazione eterna? Può realizzarsi un vero pentimento per i propri peccati pur senza credere nel Signore quindi il dispiacere per il dolore a Lui provocato con la nostra condotta? Sarebbe abbastanza squallido esaurire la religione ad una dimensione solo ed esclusivamente morale, cosa che mi porterebbe ad escludere che, in mancanza di un vero e proprio amore per Dio, si possa accedere alla salvezza eterna. Mi scuso per rivolgere a lei, uomo di fede, una domanda spinosa e sconvolgente, le chiedo gentilmente di pregare affinché la mia ricerca continua di Dio, finora amaramente delusa, sia un giorno soddisfatta.
Le vorrei tanto assicurare le mie preghiere, ma credo che a Dio esse non risultino affatto gradite.
Grazie per la sua considerazione,
Daniele

* * *

Risposta del sacerdote

Caro Daniele,
1. concludi la tua missiva scrivendo: “Mi scuso per rivolgere a lei, uomo di fede, una domanda spinosa e sconvolgente…”.
Sono un uomo di fede o, per lo meno, cerco di esserlo. Ma voglio essere anche un uomo razionale, perché la ragione me l’ha data Dio e ne devo far uso.

2. Nel rapporto con Dio vi sono tutti e due questi elementi.
La ragione dà solidità alla fede perché ad esempio mi garantisce l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima e poi mi fa capire la ragionevolezza di quanto viene rivelato.
La fede invece mi dice di Dio quello che la ragione da sola non può conoscere.

3. La nostra ragione può comprendere le realtà di ordine naturale, perché le sono proporzionate.
Quanto invece è di ordine soprannaturale da sola non può comprenderlo, a meno che Dio non le si riveli e le dia una capacità interiore di ordine soprannaturale per poterlo accogliere.
Questa capacità interiore di ordine soprannaturale per poterlo accogliere in gergo teologico si chiama habitus fidei.
È la facoltà o potenza soprannaturale della fede.

4. Detto questo come premessa, passo a confutare alcune tue affermazioni.
Mi dici “che l’esistenza di Dio non è supportata da alcun dato della sola ragione”.
È un’asserzione che non corrisponde ai fatti perché molti, o quasi tutti, giungono all’esistenza del Creatore con le risorse della ragione.
Il filosofo pagano Aristotele parlavano di motore immobile, che è all’inizio di tutto.
È un’affermazione grandiosa perché aveva capito che all’inizio di tutto vi è un datore dell’esistenza a tante realtà che non hanno in se stesse la fonte dell’esistenza. Perché se l’avessero in se stesse, sarebbero da sempre e per sempre (tra queste realtà ci siamo anche noi, tu e io).
E aveva anche capito che questo Creatore, creando, non è passato dalla potenza all’atto, non si è perfezionato, perché il passare dalla potenza all’atto è segno che non si possiede la pienezza dell’essere.
Se noi passiamo dalla potenza all’atto è solo in virtù di Colui che è Atto che di istante in istante, senza che ce ne accorgiamo conserva e alimenta la nostra esistenza.
Questo vale per tutti: per gli esseri inorganici e per gli esseri organici di qualunque tipo (vegetali, animali e razionali).

5. Un’altra tua asserzione che va corretta è la seguente: “Trovo un’assoluta impossibilità a conciliare la mia mentalità razionale e pragmatica con l’idea di Dio, che trovo astratta e che non riesco a ricondurre ad alcun dato di esperienza”.
Se per esperienza intendi ciò che si vede con gli occhi e si tocca con le mani, ti do ragione.
Perché se Dio si potesse vedere con gli occhi e se si potesse toccare con le mani non sarebbe più Dio.
È proprio la ragione che assicura questo.
Come potrebbe Dio essere infinito se avesse un corpo?

6. Quando i sovietici, che grazie a Dio oggi non ci sono più, sono andati nello spazio con lo sputnik, hanno detto di essere andati in cielo e di non aver visto Dio. E così pensavano di rinforzare l’ateismo.
Ma un Dio di tal fatta non esiste, non sarebbe Dio.
Più intelligentemente Giobbe, vissuto nell’Antico Testamento, aveva detto: “Senza questa mia carne io lo vedrò” (Gb 19,26).
Se Dio è spirituale, solo ciò che è spirituale ha la capacità di vederlo.
Solo con l’occhio dell’intelletto o dell’anima lo si può conoscere, non con l’occhio corporale.

7. Un uomo di scienza come Enrico Medi, che commentò in diretta alla televisione italiana lo sbarco dei primi uomini sulla luna, ha scritto: “Una grande parola dice la fisica d’oggi che forse in altri tempi non si poteva dire. La materia ci si presenta ordinata, in perfetta razionalità fin nelle sue più intime e profonde strutture, fino al limite estremo della sua costituzione prima; per cui non ha senso pensare ad una materia amorfa, poi ordinata: ma è una materia che non può essere se non costituzionalmente ordinata. Chi l’ha ordinata, l’ha anche creata, l’ha ordinata creandola, l’ha creata nell’ordine. Creatore e Ordinatore sono Uno solo, dice la scienza; non poteva ordinare l’intimo essere se non Chi lo creava” (E. Medi, Il mondo come lo vedo io, p. 23).

8. Certo la scienza, come è intesa oggi, coglie solo ciò che è sensibile e pertanto non può appurare l’esistenza di Dio che è sovrasensibile.
Alla scienza del resto sfuggono anche i pensieri e i desideri umani. Nessuno li può captare direttamente nella mente di una persona, neanche con i mezzi più sofisticati.
Ma lo scienziato rimane sempre un uomo che può andare al di là della scienza e porsi le domande dei filosofi e anche dei teologi.
E alla luce di queste discipline, diverse dalla scienza, può cogliere con certezza sia l’esistenza di Dio sia alcune sue perfezioni.

9. Mi piace citare ancora Erico Medi: “Scienza e filosofia non si confondono, ma non si contraddicono. L’uomo non è fatto a cassetti: qui il fisico, là il religioso, il politico, il filosofo.
L’uomo è uno ed ha delle cose una concezione unitaria: distinta, ordinata, ma armonica.
Ha dei principi che reggono il pensiero e l’opera; se sono principi di verità non lo fanno schiavo, ma libero….
Quindi anche nella scienza, l’uomo che ha dentro di sé principi superiori di infallibile certezza divenuti vita della sua vita, può osservare più sapientemente il mondo che lo circonda e muoversi con piena serenità da più panoramiche posizioni” (Ib., p. 30).

10. Detto questo, per non farla troppo lunga, vengo alla tua domanda diretta: “Può realizzarsi un vero pentimento per i propri peccati pur senza credere nel Signore quindi il dispiacere per il dolore a Lui provocato con la nostra condotta?”.
Sì, uno può concepire un vero pentimento dei propri peccati, anche a prescindere dall’esistenza di Dio e dalla morte redentrice di Cristo.
I peccati, almeno alcuni, sono violazione della legge naturale, sono violazione del rispetto dovuto alle persone.
Se uno con il proprio comportamento automobilistico causa la distruzione di un’intera famiglia come potrebbe non provarne dispiacere e pentimento?
Anche un ateo può avere vero pentimento.

11. Ma per quanto vero, non sarebbe ancora un pentimento salvifico.
La Sacra Scrittura dice in maniera categorica che “senza la fede è impossibile essergli graditi a Dio; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano” (Eb 11,6).
Essere salvi comporta certamente la salvezza dall’inferno, ma nel suo risvolto positivo significa entrare in una vita di comunione con Dio, mediante la grazia.
Il paradiso è questo.
E chi non entra in un modo o nell’altro in comunione con Dio mediante la grazia sta fuori dal Paradiso, sta fuori dalla comunione con Dio.
La separazione da Dio si identifica con l’inferno.

12. Anche chi non è battezzato in un modo o nell’altro può entrare in comunione con Dio mediante la grazia.
Ma se uno non crede a Dio e alla sua ricompensa ha già attuato tra lui e Dio una separazione.

13. Potrei dire che tu sei a metà strada: speri nella ricompensa senza credere nell’esistenza di Dio.
Penso che sia già qualcosa, una premessa per poter rendere più limpida la tua intelligenza e giungere a co
noscere, ad amare e a possedere fin d’ora Colui che ha messo dentro di te la nozione e il desiderio di Sé.

14. Concludi scrivendo: “Le vorrei tanto assicurare le mie preghiere, ma credo che a Dio esse non risultino affatto gradite”.
Ti posso assicurare invece che gli sono gradite. Tutto quello che è buono, anche se non fosse ancora accompagnato dalla grazia, gli è gradito.
E ti ringrazio infinitamente se pregherai per me, soprattutto con il Pater e l’Ave Maria. Sono preghiere di una potenza infinita.
Io ti assicuro le mie.
Te le assicuro di vero cuore.
In particolare ti avrò un ricordo personale per te nel momento più alto della nostra religione cristiana: nella consacrazione durante la celebrazione  del Santo Sacrificio della Messa.

Intanto di cuore ti benedico.
A presto.
Padre Angelo

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