Il filosofo Aleksandr Filonenko al Meeting di Rimini 2013 ricorda l'insegnamento di padre Pavel Florenskij
La risposta, nella sua esperienza è stata l'incontro con Cristo, ripetuto più e più volte nell'incontro con l'altro. Incontri permessi anche grazie alla sua esperienza di servizio nella comunità Emmaus, da lui stesso fondata a sostegno delle ragazze madri e, prosegue, con una ragazzina in dialisi che – conscia della sua morte imminente – chiedeva solo di poter condividere questa sua esperienza. “La piccola voleva solo che qualcuno condividesse con lei la sua vita, perché aveva bisogno di condivisione, e lì – continua Filonenko – ho scoperto che il cristianesimo è questa possibilità di condividere il destino, perché gli uomini hanno bisogno di uno che condivida con loro il destino. L’uomo sovietico vive come un orfano. Tutto il sistema era costruito su figure di padri terribili e noi non sapevamo che cosa era la paternità, fino a quando Dio ci ha mandato Franco Nembrini (moderatore dell'incontro e rettore del centro scolastico “la Traccia”, oggi amico personale di Filonenko, ndr)”. Questa “scoperta della paternità” si può sintetizzare così per il filosofo russo: che il padre è colui che insegna per cosa vale la pena vivere, che i figli perdonano tutto ai padri, ma non la mancanza di speranza e che i padri sono anche i santi che portano nel cuore la gioia del perdono.
A questa riflessione si collega anche la mostra “La Luce splende nelle tenebre. La testimonianza della chiesa ortodossa russa negli anni della persecuzione sovietica”, curata dalla Fondazione Meeting di Rimini con l'Università Umanistica Ortodossa San Tichon di Mosca, di cui il professore russo parla in una sua intervista al ilSussidiario.net (20 agosto) in cui spiega il contributo dei martiri russi del '900: “Il secolo XX ci ha offerto un'orgia di male inimmaginabile prima. Si è spalancata davanti a noi la scala che scende verso gli abissi del male […] noi dobbiamo lasciarci toccare da queste figure di uomini che hanno vissuto una vita piena nonostante tutto. Al loro seguito possiamo vivere anche noi, come discepoli”.