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Papa Francesco ai vescovi e clero brasiliani: “pensare la pastorale dalle periferie”

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Chiara Santomiero - pubblicato il 29/07/13

Una Chiesa dinamica e missionaria (ad extra) che coniughi unità e diversità (ad intra)

Un contenuto “programmatico”: è unanime sulla stampa il commento sui discorsi che Papa Francesco ha rivolto a cardinali, vescovi e clero brasiliani in occasione della Giornata mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. A partire dall’omelia nella messa celebrata nella Cattedrale di San Sebastiano alla presenza di oltre mille vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi.  “Con coraggio – ha affermato papa Francesco – pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia. Anche loro sono invitati alla mensa del Signore”.  “Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, quando tante persone sono in attesa del Vangelo” ha aggiunto Bergoglio, osservando che “non è semplicemente aprire la porta per accogliere”, ma è “uscire dalla porta per cercare e incontrare”.

E’ racchiusa qui per Avvenire (28 luglio) la “ecclesiologia di Papa Francesco”. «Quella visione di Chiesa dinamica e missionaria che è chiamata a “uscir fuori” per portare Cristo verso le “periferie”. Una Chiesa che non deve aver paura, ha detto il Pontefice, di pescare nelle acqua profonde di Dio e che deve recuperare la sua capacità di “scaldare il cuore” (altra parola chiave del viaggio), evitando così il rischio che siano in molti ad abbandonarla perché da essa si sentono abbandonati e non visti».

Evidenzia la richiesta alla Chiesa di un profondo cambiamento di mentalità anche Andrea Tornielli su Vatican Insider (29 luglio) il quale sottolinea la critica del pontefice al clericalismo, ai pastori “burocrati e funzionari”, alla Chiesa che si fida troppo delle sue strutture così come gli approcci pastorali “disciplinari”, che «privilegiano i principi, le condotte, i procedimenti organizzativi» ma difettano di tenerezza e vicinanza e sono impostati in maniera tale da creare una distanza che li rende incapaci di incontrare uomini e donne del nostro tempo. «L’entusiasmo dei giovani, l’urgenza della chiamata alla missione restano impresse nella memoria di questa Giornata Mondiale della Gioventù – conclude Tornielli -. Non c’è dubbio però che quanto accaduto a Rio de Janeiro e quanto Francesco ha detto richieda un ripensamento e un cambiamento profondo di prospettiva anche per le Chiese del vecchio continente».

Mette il dito sul linguaggio molto diretto e senza remore del Papa nell’indicare i difetti della Chiesa da emendare Stephanie Le Bars in religion.blog.lemonde.fr del 27 luglio (nella traduzione di finesettimana.org): «con franchezza, ha puntato il dito sul “disincanto” dei credenti di fronte ad un “cristianesimo considerato ormai come un terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso”. Dietro ad una metafora di un episodio dei Vangeli, si è interrogato sui difetti di una Chiesa troppo “debole”, troppo “autoreferenziale, troppo “fredda”, troppo “lontana dai bisogni”, “prigioniera dei suoi linguaggi troppo rigidi”, “sopravvivenza del passato”.  E, mentre il giorno prima aveva attribuito la disaffezione di molti fedeli alla “incoerenza di certi cristiani e di certi preti”, ha insistito davanti ai vescovi sullo “scoraggiamento” dovuto alle richieste di una Chiesa “troppo alta”». Infatti «“Certi hanno cercato dei sotterfugi perché hanno pensato che l’ideale di vita che la Chiesa propone sia fuori portata”. “Con la disillusione nel cuore, sono andati alla ricerca di qualcuno che li illudesse ancora una volta”» e facendo allusione al motto dei Giochi Olimpici che si svolgeranno in Brasile nel 2016, «il papa ha deplorato che “molti se ne siano andati perché era stato promesso loro qualcosa di più alto, qualche cosa di più forte, qualche cosa di più veloce”».

E per quanto riguarda le prospettive future della Chiesa, “unità nella diversità”: è questo alla base della visione di collegialità proposta da Papa Francesco ai vescovi brasiliani secondo padre Laurent Villemin, insegnante di ecclesiologia all’Istituto cattolico di Parigi, intervistato da La Croix (29 luglio, nella traduzione di finesettimana.org). Non basta avere un leader in una conferenza episcopale bisogna che essa sia “uno spazio vitale”. «È molto interessante come concezione della collegialità – sottolinea l’intervista di La Croix -: innanzitutto dialogare “sugli incontri con il Risorto”, valorizzare l’elemento locale e regionale, arrivare non all’unanimità – (il papa) sa molto bene che tra i vescovi brasiliani che gli stanno davanti, le sensibilità sono molto diverse – ma alla riconciliazione». Questo è il segno dell’interesse di Bergoglio per le conferenze episcopali, meno valorizzate meno valorizzate sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI all’insegna di unità come “uniformità” rispetto a “una centralizzazione forte”. «Qui, siamo davanti ad un’altra visione dove, senza rinunciare all’unità, la diversità è fondamentale» riporta ancora La Croix ricordando come questa sia la cifra di Bergoglio fin dall’inizio del suo pontificato quando si è presentato come vescovo di Roma «situandosi in relazione con gli altri vescovi, ma senza rinunciare alla missione particolare di vescovo di Roma». In questa linea, conclude l’intervista provando a delineare il contesto di possibili riforme «ciò che sarà determinante sarà la struttura che darà al gruppo degli otto cardinali di cui si è circondato per essere consigliato. Gruppo che si ispira direttamente a questa concezione della collegialità».

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