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Un appello a papa Francesco per la Siria

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ARIS MESSINIS

Chiara Santomiero - pubblicato il 24/07/13

La denuncia dell'Onu: 5 mila morti al mese, 3 milioni di bambini senza assistenza umanitaria

“Stimato e caro papa Francesco, sapendola amante della pace nella giustizia, le chiediamo di promuovere personalmente un’iniziativa diplomatica urgente e inclusiva per la Siria, che assicuri la fine del regime torturatore e massacratore, salvaguardi l’unità nella molteplicità del paese e consenta, per mezzo dell’autodeterminazione democratica assistita internazionalmente, l’uscita dalla guerra tra estremismi armati”. Inizia così la lettera che il gesuita Paolo Dall’Oglio, per 30 anni uno dei fautori del dialogo islamo-cristiano in Siria attraverso la comunità di Mar Musa, rivolge a papa Francesco proponendola al tempo stesso come petizione per quanti vogliano unirsi al suo appello.

L’iniziativa di padre dall’Oglio arriva in contemporanea con l’intervento di mons. Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a New York, in un dibattito presso la sede delle Nazioni Unite avente ad oggetto il Medio Oriente. Come riferisce Radio Vaticana (24 luglio), il diplomatico della Santa Sede dopo aver espresso l’auspicio che i negoziati tra israeliani e palestinesi possano riprendere, ha però spostato l’attenzione sull’emergenza in corso in Siria. «“Quanta sofferenza dovrà esserci ancora, prima che una soluzione politica venga trovata?”, si chiede il presule, che intende riportate l’attenzione del mondo sulle cifre impressionanti del conflitto: cinquemila morti al mese, quasi due milioni di rifugiati – il 10% della popolazione – nei Paesi confinanti e quattro milioni di sfollati interni; quasi sette milioni di persone, la maggior parte bambini, che hanno bisogno di tutto. Un’attenzione particolare, poi, per la comunità cristiana locale, che vive nell’insicurezza a causa dell’aumento di rapimenti e omicidi che non risparmiano neppure sacerdoti e vescovi, ma ci sono anche 60 chiese distrutte e il patrimonio artistico e culturale è messo fortemente a rischio. “Non ci può essere progresso sociale senza giustizia – ammonisce mons. Chullikatt – e senza il riconoscimento del ruolo delle minoranze etniche e religiose all’interno della società”. La richiesta è quindi di un’apertura al dialogo da entrambe le parti, perché “non ci può essere alcuna soluzione militare al conflitto siriano”. La guerra, in generale, non è un mezzo per risolvere i conflitti, che invece si possono appianare solo con la diplomazia, perché “la pace in Siria ci rende tutti vincitori, mentre il conflitto duraturo garantisce solo perdenti”».

L’Osservatore Romano, tra le poche testate che ha tenuto viva una attenzione costante sulla crisi siriana, informa (21 luglio) delle drammatiche cifre che riguardano in particolare i bambini titolando «Tre milioni di bambini in ostaggio del conflitto siriano». In Siria oltre tre milioni di bambini sono in assoluta necessità di assistenza umanitaria. «L’allarme – scrive il quotidiano della Santa Sede – è stato lanciato dalla rappresentante speciale dell’Onu per i bambini e i conflitti armati, Leila Zerrougui. Parlando martedì dal Libano, dove nelle ultime settimane c’è stato un contagio delle violenze siriane, Zerrougui ha dichiarato che in Siria al momento ci sono 6,8 milioni di persone che necessitano di soccorsi umanitari e che la metà di loro sono appunto bambini. “Tutte le parti in causa devono cessare i bombardamenti, l’utilizzo di armi esplosive nelle aree popolate e il ricorso ad attentati terroristici” ha detto Zerrougui, sottolineando l’importanza di fornire assistenza umanitaria e precisando che, in base al diritto internazionale, i civili non devono essere presi in ostaggio dai combattenti».

La conferenza internazionale sulla Siria denominata “Ginevra 2” avrebbe dovuto tenersi prima a giugno e poi a luglio ma è slittata a settembre a causa sia del disaccordo tra Russia e Stati Uniti che delle divisioni nel fronte dell’opposizione ad Assad che rendono difficile l’individuazione di un referente unico.

Il protrarsi del conflitto civile in Siria rende sempre più drammatica la condizione delle popolazioni e, in particolare, l’emergenza profughi. Il responsabile dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ha reiterato l’appello ai Paesi confinanti a non chiudere le frontiere ai rifugiati siriani. Sempre l’Osservatore romano (19 luglio) riporta: «“Rinnovo la mia esortazione agli Stati, all’interno e fuori della regione, affinché tengano aperte le proprie frontiere e ricevano tutti i siriani che cercano protezione» ha detto Guterres. «Perché il mio appello abbia successo — ha aggiunto il responsabile dell’Unhcr — è fondamentale che gli Stati limitrofi garantiscano solidarietà”.

Guterres ha lamentato come per i siriani stia diventando sempre più arduo fuggire e andare ad aggiungersi ai circa un milione e ottocentomila rifugiati la cui presenza è accertata dall’Unhcr in Libano, Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto». Il responsabile dell’Unhcr ha poi specificato che «i due terzi dei rifugiati hanno lasciato la Siria dall’inizio di quest’anno, a conferma di un progressivo inasprimento del conflitto, e ha ricordato che a una fuga di simili proporzioni da un Paese non si assisteva dai tempi delle stragi in Rwanda risalenti al 1994».

Il responsabile dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ha rivolto un appello ad una maggiore generosità nell’accoglienza dei profughi anche all’Europa: « “Un esempio positivo dall’Europa – riporta l’Osservatore romano del 20 luglio – adesso è cruciale” ha detto Guterres intervenendo ieri a Vilnius a una riunione del Consiglio europeo dei ministri della Giustizia e degli Interni. Constatando che solo due Paesi europei, Germania e Svezia, hanno ricevuto quasi due terzi dei siriani in cerca di protezione nell’Unione europea — in tutto, comunque, meno di quarantamila persone dall’inizio della crisi — Guterres ha esortato anche gli altri Paesi a offrire asilo o opportunità di reinsediamento ai rifugiati».

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