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Philippe Ariño: da omosessuale vi spiego perché la Chiesa non è omofoba

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Il Sussidiario - pubblicato il 22/07/13

Professore di spagnolo, saggista, blogger, racconta il percorso da lui intrapreso nell'abbracciare la continenza

Che Philippe Ariño sia un tipo decisamente controcorrente è un dato di fatto. Francese, nato nel 1980 da una famiglia profondamente cattolica, professore di spagnolo, saggista, blogger, omosessuale dichiarato da quando aveva 17 anni: fin qui la sua biografia non sembrerebbe diversa da quella di altri suoi coetanei, se non fosse che, due anni fa, Philippe lascia il compagno con cui stava dal 2009. “Da allora ho abbracciato la via della continenza che la Chiesa chiede alle persone omosessuali”, racconta senza giri di parole in un mondo “sessocentrico” in cui i vocaboli “astinenza” e “castità” appaiono relitti di un passato morto e sepolto alla maggior parte delle persone, qualsiasi sia il loro orientamento sessuale. Nel suo blog L’Araignée du desert, il “ragno del deserto” ci tiene a precisare di non voler essere etichettato con “un ex gay” come il “Luca era gay e adesso sta con lei” cantato da un discutibile Povia, ma semplicemente come una persona che si è sentita pienamente accolta per quello che è. Un semplice “ragno”, potrebbe dire qualcuno, per tornare alla metafora del titolo, ma un ragno amato.

In molti accusano la Chiesa di essere “omofoba” mentre tu dici di esserti sentito accolto e di aver voluto addirittura intraprendere il cammino della continenza. Perché?


Prima di iniziare il percorso che propone la Chiesa non ero felice, e vedevo che non lo erano nemmeno molte delle persone che mi stavano intorno e ho deciso, per la prima volta, di obbedire a quello che la Chiesa chiede alle persone omosessuali. Da quel momento ho scoperto non solo un’unità che non avevo mai avuto prima, ma soprattutto mi sono sentito amato senza dover rinnegare quello che sono.

Quindi non hai dovuto cambiare per essere accolto?


No, mi è bastato fidarmi della Chiesa e questa cosa mi ha – paradossalmente – permesso di accettarmi come pienamente omosessuale: non ha cancellato quello che sono, ma lo ha esaltato.

In che modo?


Ho capito che la mia vera identità è quella di uomo e di figlio di Dio, e questo è l’essenziale, poi viene il mio desiderio affettivo, che non nego, perché esiste, ma la Chiesa, dividendolo dalla pratica, lo riconosce e non mi forza a rinnegarlo. Ma non è più il fulcro attorno al quale ruota la mia vita: per la prima volta mi sono sentito veramente felice e responsabile.

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ideologia genderomosessualitàtestimonianze di vita e di fede
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