Bergoglio incarna l’impegno per i poveri a causa della fede, la denuncia delle ingiustizie sociali con l'annuncio del Vangelo
(da “Libero”, 21 luglio 2013)
Sulla copertina di “Time”, uscita mentre il Santo Padre è in viaggio per il Brasile, c’è una sua foto con questo titolo: “The People’s Pope”. Cioè il Papa della gente o meglio “il Papa del popolo”. Si può dire in effetti che Francesco incarna, nel suo esempio, nel suo insegnamento, nella sua storia e nella sua figura di pastore quella “vera teologia della liberazione” che per anni Joseph Ratzinger e Giovanni Paolo II hanno annunciato. Mentre mostravano gli errori della “teologia della liberazione” che si era diffusa negli anni Settanta in Sudamerica, quella di teologi come Gustavo Gutierrez, Camillo Torres,i fratelli Leonardo e Clodoveo Boff, poi Jon Sobrino e altri, che s’illudevano di realizzare il Vangelo abbracciando le analisi marxiste, la lotta di classe e la rivoluzione. Un errore drammatico.
LA SVOLTA DI BOFF
Di recente proprio uno di loro, Clodoveo Boff, è intervenuto per dare ragione alla Chiesa di Ratzinger, di Giovanni Paolo II e quindi – lo vedremo – di Bergoglio. L’11 marzo ha rilasciato un’intervista, al giornale brasiliano “Folha de S. Paulo”, annunciata con questo titolo: “Irmão de Leonardo Boff defende Bento 16 e critica Teologia da Libertação”. Clodoveo Boff, facendo riferimento a quanto scrisse l’allora cardinale Ratzinger, dice: “egli ha difeso il progetto essenziale della teologia della liberazione: l’impegno per i poveri a causa della fede. Allo stesso tempo, ha criticato l’influenza marxista. La Chiesa non può avviare negoziati per quanto riguarda l’essenza della fede: non è come la società civile dove la gente può dire quello che vuole. Siamo legati ad una fede e se qualcuno professa una fede diversa si autoesclude dalla Chiesa. Fin dall’inizio ha avuto chiara l’importanza di mettere Cristo come il fondamento di tutta la teologia”. Invece “nel discorso egemonico della teologia della liberazione”, riconosce Clodoveo Boff, “ho avvertito che la fede in Cristo appariva solo in background. Il ‘cristianesimo anonimo’ di Karl Rahner era una grande scusa per trascurare Cristo, la preghiera, i sacramenti e la missione, concentrandosi sulla trasformazione delle strutture sociali”.
Il teologo ha concluso con un ricordo personale molto significativo: “Negli anni ’70 il card. Eugenio Sales mi ha ritirato la certificazione per l’insegnamento della teologia presso l’Università Cattolica di Rio. Sales mi ha affabilmente spiegato: ‘Clodoveo, penso che ti sbagli. Fare del bene non basta per essere cristiani, l’essenziale è confessare la fede’. Aveva ragione, infatti la Chiesa è diventata irrilevante. E non solo essa, ma Cristo stesso”.
Se dunque “quella” teologia della liberazione è naufragata, insieme ai sistemi marxisti, è cresciuta la “vera” teologia della liberazione. Proprio Ratzinger ne è stato un forte promotore e Bergoglio ne è il frutto maturo. E qui si scopre di nuovo il filo rosso che lega i due uomini di Dio. E’ noto infatti che Bergoglio fu in America Latina uno dei più accorati sostenitori di questa via indicata dalla Chiesa, cioè l’abbraccio dei poveri, sia nella vita materiale che in quella spirituale, la denuncia delle ingiustizie profonde che opprimevano tanti popoli, ma con l’annuncio del Vangelo e non dell’ideologia marxista. Quel legame porta fino al Conclave del marzo scorso. E’ proprio il viaggio di papa Francesco in Brasile, per la Giornata mondiale della gioventù, che permette di scoprirlo. Lo ha fatto notare Lucio Brunelli con un articolo sul sito “Terre d’America” di Alver Metalli.
TUTTO COMINCIA CON MARIA
Brunelli, sottolineando “l’insolito destino” che “continua a legare il papa regnante e il papa emerito” – oltre all’affetto e alla stima personale – indica un luogo significativo: il