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Il papa a Rio: un viaggio che segnerà una svolta nel cattolicesimo?

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P Deliss / Godong

Lucandrea Massaro - pubblicato il 22/07/13

I poveri sono il centro della predicazione di Gesù e al giorno d'oggi la povertà è il segno di una società che ha smesso di sentirsi solidale con se stessa

Se lo chiedono in molti se questo viaggio sarà una svolta per la Chiesa, e se la predicazione intensa di questa GMG, rappresenterà un tassello fondamentale del programma di pontificato di Francesco. Luigi Accattoli sul Corriere della Sera firma un editoriale in cui si domanda se il papa argentino, saprà cogliere la grande opportunità della GMG: “da oggi e per l’intera settimana il papa delle «periferie» avvia la sua uscita nel mondo partendo dalla periferia continentale che meglio gli è nota e dalla quale proviene. Due sono le attese su questo primo viaggio internazionale del nuovo papa: per l’incontro con i giovani e per la definizione stessa dell’immagine del Papa latino-americano che da subito si è posto alla ricerca di «una Chiesa povera e per i poveri»”.

E’ il tema dei poveri quello che interessa molto al pontefice e che può fare breccia nei cuori dei più giovani, molto meno individualisti di quanto si pensi, pronti ad accogliere proposte radicali se fatto nel modo giusto. Prosegue Accattoli: “L’incontro con i giovani sarà un tuffo nell’interrogazione centrale del cristianesimo del terzo millennio: se esso abbia ancora un futuro, in Brasile e nel mondo. Com’è nel genio di Rio de Janeiro e della calda gestualità dell’uomo Bergoglio, gli elementi emozionali produrranno manifestazioni contagiose, ma sarà da vedere se il papa che va predicando la misericordia troverà la via per presentare ai ragazzi del terzo millennio una figura di Cristo capace di attrarli” (Corriere della Sera, 22 luglio).

Il Brasile ha appena vissuto una serie di manifestazioni che denunciavano il costo della vita, la  corruzione e le spese esagerate per l’organizzazione dei mondiali di calcio. Ora, il papa argentino,  che dalla sua elezione ha costantemente messo in primo piano gli aspetti sociali, potrebbe far leva  su questo clima per farsi portavoce dei poveri, figli della globalizzazione. Pur senza inserirsi nella  scia dei teologi della liberazione, nella quale riconosce “del buono e del meno buono”, ma di cui  rifiuta l’approccio di tendenza marxista. Il papa, che si sforza di incarnare “una Chiesa povera per i poveri”, ha previsto di andare a piedi in una delle bidonville più povere e, fino a poco tempo fa, più violente della capitale brasiliana, e  anche di incontrare dei tossicodipendenti. Per attirare l’attenzione sulle devastazioni della droga e della prostituzione, tutte forme di “schiavitù moderna” da lui denunciate (Le Monde, 21 luglio).

Una sfida – quella dell’opzione preferenziale per i poveri – che coinvolge tutta la Chiesa cattolica e che spiega anche il rapporto con le chiese evangeliche sempre più presenti nell’America Latina. Rio stessa è anche una città ad alto tasso di crescita “evangelical” cioè protestante. Secondo l’Istituto statistico brasiliano (IBGE) che pubblica ogni dieci anni il censimento delle religioni, la proporzione di cattolici è diminuita nel paese di 10 punti in dieci anni, passando dal 74% nel 2000 al 64,6% nel 2010 (nel 1979 i brasiliani che si dichiaravano cattolici erano il 92%). In parallelo, invece, il numero degli evangelical ha preso il volo, passando dal 5% al 22% della popolazione in quarant’anni. Tra i ventisette Stati del Brasile, quello di Rio batte tutti i record. Meno del 46% della popolazione si dichiara cattolico. Una delle possibili spiegazioni di questa crescita è “l’esplosione demografica a partire dagli anni 50 provocherà, nei decenni successivi, importanti migrazioni interne in tutti i paesi del continente”, spiega Jesus Garcia-Ruiz, antropologo, specialista delle nuove forme del religioso in America Latina (“www.temoignagechretien.fr”, 20 luglio).

Il nesso è tutto qui: tra poveri ed evangelo, ecco perché il viaggio e la predicazione di papa Francesco è così importante e così attesa. Ed è a partire dallo slancio missionario che Marcelo Barros, sull’Unità, arriva a scrivere: “«Fornai, falegnami, sarte e tessitrici cercasi». Un tempo si potevano vedere di frequente cartelli come questo sui muri o ai cancelli di imprese e officine nell’interno del paese o nelle periferie delle città del Brasile. Mi piacerebbe leggere, oggi, sulle porte delle nostre chiese: «Profeti e apostoli cercasi»”. Barros si ritrova a pensare alle ingiustizie della sua terra e al modello – economico, sociale – che lo contraddistingue, con tutta le sue contraddizioni e coglie un nesso importante con quanto sta accadendo in queste ore nel Brasile della GMG. Il passaggio di testimone tra una generazione e l’altra. La centralità dei giovani nel risolvere la crisi spirituale e di giustizia che affligge il mondo. E prosegue così: “Sono stato discepolo di uno dei grandi profeti che la Chiesa del Brasile ha avuto la grazia di avere come pastore e apostolo: dom Helder Câmara. Ricordo una visita, quando era quasi nel suo letto di morte. Ero stato ordinato prete da lui e per anni avevo lavorato come suo segretario per l’ecumenismo. Gli chiesi una parola di vita. Con molto sforzo, ormai quasi incapace di parlare, mi sussurrò: «Non lasciar cadere la profezia!». Ho la convinzione che quella parola non fosse rivolta solo a me, ma a voi tutti, in particolare ai giovani. Mi auguro che altri giovani e ragazze di oggi si sentano eredi di questi profeti. E che, pur nel mezzo delle difficoltà inerenti a ogni profezia, sappiano porsi con umiltà ma anche con chiarezza come nuovi testimoni del meraviglioso mistero che rivelano: che il nome del volto divino è giustizia. Fin dai tempi biblici i profeti dicevano: il nome del nostro Dio è giustizia (cfr. Isaia 30,18)”  (L’Unità, 21 luglio).

E su un tenore simile anche il teologo della liberazione Frei Betto, quasi supplica il papa di concedersi ai giovani, ai fedeli, alla moltitudine, piuttosto che al cerimoniale: “Secondo i programmi ufficiali avrà molti più contatti, incontri, confronti con chi ci governa e chi dirige la Chiesa e dialoghi ristretti coi protagonisti della giornata mondiale. Succede proprio nel momento nel quale il nostro popolo vive la democrazia diretta agitando le strade mentre gli organizzatori hanno deciso di chiuderla in saloni e palazzi. Si dice che i suoi discorsi siano oggetto di revisioni per tenere conto dei clamori della gioventù brasiliana. Sarebbe stupendo – è la speranza – se lei rovesciasse i programmi che le hanno preparato per dedicare buona parte della visita al dialogo coi ragazzi” (Il Fatto Quotidiano, 20 luglio).

Il papa sembra già orientato a “stressare” le autorità brasiliane in tema di sicurezza, rifiutando l’auto blindata, posponendo l’incontro con le autorità a favore di un “bagno di folla” già oggi, al suo arrivo. E’ l’idea fissa di Francesco di essere “pastore con l’odore delle sue pecore” (La Stampa, 21 luglio). Così che il viaggio che era già stato organizzato con Benedetto XVI è stato modificato dal suo successore, a cominciare dall’atto di devozione ad Aparecida, così come la visita di mercoledì a un  ospedale dei francescani per il recupero da droghe e alcol e la cura (gratuita) dei poveri, quella di  giovedì alla comunità di Varginha nella favela di Manguinhos ― come già faceva da cardinale, in incognito, nella favela Villa 21 di Buenos Aires, Bergoglio andrà a trovare una famiglia ―, e di nuovo l
‘incontro con alcuni giovani detenuti venerdì fino all’appuntamento con il comitato dei vescovi latinoamericani, prima del ritorno a Roma (Corriere della Sera, 20 luglio).

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