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Più tutela per i ragazzi under 18 davanti alla tv

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Chiara Santomiero - pubblicato il 12/07/13

Un regolamento dell'Agcom confina in appositi spazi contenuti violenti, pornografici, che possano indurre all'uso di droghe o al gioco d'azzardo

Un nuovo regolamento dall’Agcom (l’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni) mira a proteggere i ragazzi dalla tv “gravemente nociva”. Il regolamento entrerà in vigore ad agosto e confinerà in appositi spazi contenuti televisivi violenti e a luci rosse come pure i programmi che possono indurre all’abuso di alcool, all’uso di droghe o spingere al gioco d’azzardo. Ma i video sul web restano zona franca. E i decoder nelle case non sono «sicuri».

Le misure varate dall’Autorità per le comunicazioni mirano a proteggere lo sviluppo equilibrato dei minori da interessi economici di rilievo giocati sulla loro pelle, come suggerisce il quotidiano Avvenire (11 luglio) per il quale il provvedimento riguarda "palinsesti dietro ai quali si muove un business con cifre da primato, anche se chi fa affari con questi prodotti (da Sky e Mediaset a fornitori meno noti) nulla rivela sugli introiti in questo ambito". Inoltre, recependo gran parte dei suggerimenti del Consiglio nazionale degli utenti, l’organismo di vigilanza delle comunicazioni "non si è piegato al pressing dei grandi network impegnati intorno al tavolo dell’Authority a convincere l’Agcom ad allargare le maglie delle norme" mentre "a fianco dei rappresentanti degli spettatori è scesa la Rai che ha appoggiato l’idea di avere una tv meno vergognosa. In campo anche il Garante per l’infanzia" (Avvenire, 11 luglio).

Il regolamento che per adesso non ha avuto molti riscontri sulla stampa, presenta due punti chiave: gli «argini» tecnologici per impedire agli under 18 di sintonizzarsi sui canali a rischio e la classificazione delle trasmissioni che devono essere inibite. Il quotidiano dei vescovi ricostruisce il dibattito che ha portato al Regolamento: "Sul primo versante si è combattuta la battaglia più accesa. Il punto di partenza era che i programmi nocivi potessero essere visti solo su esplicita richiesta (e in generale a pagamento). Ma restava da definire come proteggere i ragazzi. La soluzione tecnica è quella del codice segreto che si inserisce sul decoder e che abilita alla visione. Le emittenti sono tornate più volte alla carica per consentire all’adulto di «disattivare stabilmente» il filtro elettronico che il testo chiama parental control. Un’eventualità che di fatto avrebbe lasciato i ragazzi esposti alla tv più pericolosa, pur di evitare ai maggiorenni l’onere di inserire ogni volta la password" (Avvenire, 11 luglio). Tuttavia alla fine l’alleanza fra le associazioni degli spettatori e la televisione di Stato ha portato a stabilire che il parental control non possa essere disattivato.

Un altro tema centrale di dibattito è stata la classificazione stessa dei programmi «gravemente nocivi». Naturalmente tra questi sono state inserite le trasmissioni pornografiche e quelle con «violenza gratuita, insistita o efferata», ma il confronto presso l’Autorità di garanzia per le comunicazioni ha permesso di allargare il concetto. "Sono considerate dannose le trasmissioni che intaccano i «diritti fondamentali» e l’«incolumità della persona». Qui rientrano sia gli incitamenti all’odio, sia le scene che «esaltano», «legittimano», «invitano» o offrono una «palese approvazione» del ricorso a pratiche che creano dipendenza. Non solo alcol e stupefacenti, ma anche il gioco d’azzardo che, nota l’Authority, è «una delle nuove e pericolose dipendenze alle quali i minori sono esposti» (Avvenire, 11 luglio).

Soddisfatto il commissario dell’Agcom Antonio Preto che intervistato ancora da Avvenire (11 luglio) per un commento ha affermato che «“Grazie alle nuove disposizioni l’Italia si allinea alle direttive dell’Unione europea, particolarmente sensibile a questo delicato tema nel pieno dell’era digitale e del bombardamento mediatico. Potremmo usare una metafora e dire che le maglie dei nuovi media sono molto, troppo larghe, e rischia di passare di tutto”». Rimane il problema dei siti web: «“È il vero nodo – sottolinea il commissario –. I minori sono i soggetti più esposti alle insidie del web. L’Agcom è il regolatore che per legge tutela le fasce più deboli, con particolare attenzione ai minori. Ha ampi poteri sul mondo della tv tradizionale, ma ben più sfumati per quanto riguarda Internet. Credo sia importante che il legislatore ci attribuisca prima possibile poteri di vigilanza e sanzionatori in materia di tutela dei minori anche sulla Rete”».

Anche Elisa Manna, responsabile del Settore politiche culturali del Censis e membro del Consiglio nazionale degli utenti e quindi tra i protagonisti del confronto al tavolo dell’Agcom, apprezza i risultati raggiunti ma invita a proseguire nel cammino intrapreso. Ancora per Avvenire (11 luglio), la studiosa ha sottolineato come «“I media con contenuti nocivi contribuiscono alla disgregazione etica e valoriale. (…) Ogni volta che parliamo di filtro elettronico, non facciamo riferimento a un dispositivo o a un codice segreto, ma alla rappresentazione della realtà che offriamo ai nostri giovani attraverso il piccolo schermo”». E citando Papa Francesco: «“Il Pontefice parla di periferie esistenziali – ha concluso Manna -. Ecco, un bambino che si abitua a trascorrere il suo tempo in mezzo a proposte mediocri sarà un adulto mediocre che probabilmente abiterà i sobborghi della società”».

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