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Alle origini del potere temporale della Chiesa

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Chiara Santomiero - pubblicato il 11/07/13

“Il potere necessario” di mons. Andrea Lonardo aiuta a conoscere la storia per capire meglio l'oggi della Chiesa

I ripetuti inviti di papa Francesco a tutti i cristiani ad adottare uno stile evangelico di vita nel segno della povertà e della sobrietà ripropongono il tema dell'uso dei beni materiali e del potere anche da parte della Chiesa in quanto istituzione. Ma cosa c'è all'origine del “potere temporale” della Chiesa? Su questa vicenda poco conosciuta – accertata ormai da tempo la natura di falso storico della cosiddetta “donazione di Costantino” – fa luce il volume “Il potere necessario. I vescovi di Roma e il governo temporale da Sabiniano a Zaccaria” (Antonianum, Roma) di mons. Andrea Lonardo, direttore dell'ufficio catechistico della diocesi di Roma, che Aleteia ha incontrato.

Il potere temporale della Chiesa non nasce con la donazione di Costantino ma…?

Lonardo: Si potrebbe dire che sia stata una necessità storica. In un momento molto difficile per l'Italia la Chiesa si assunse una responsabilità quasi senza accorgersene. Intorno al 700 l'imperatore di Costantinopoli, a capo di tutto l'impero romano, era troppo occupato dalla lotta contro gli arabi che assediavano la capitale per rispondere alle richieste di Roma a sua volta alle prese con le minacce dei Longobardi. Di fronte a questa impossibilità, il papa del tempo si trovò suo malgrado a provvedere al cibo per la popolazione e alla difesa delle mura ed è lui a protestare con il re longobardo per l'occupazione di cittadine come Sutri, Narni, Sora, Cesena, Ravenna. In occasione della presa di quest'ultima città un brano molto bello – quello cui fa sempre riferimento papa Francesco – afferma che “queste sono nostre pecore, pecore che stanno male e il pastore se ne deve occupare”. L'imperatore non riesce a difendere Ravenna e nel 751 il papa va a piedi fin lì per protestare contro l'occupazione longobarda. Nel 754, papa Stefano II oltrepassò addirittura a piedi le Alpi e si recò a Reims per chiedere l'appoggio della corte franca dopo che il re longobardo si era rifiutato di restituire le terre sottratte all'impero. Lentamente la popolazione si strinse al pontefice come vero responsabile civile.

Questo processo porta a un ulteriore effetto a proposito di ciò che oggi chiamiamo la “laicità dello Stato”, non è così?

Lonardo. Fino a Costantino l'imperatore è anche pontifex maximus, cioè l'imperatore romano è il primo dei sacerdoti; se c'è un culto è lui che lo presiede e tutto il popolo deve seguire il culto dell'imperatore. Trasferendosi a Costantinopoli, Costantino porta con sé il titolo di imperatore e di pontefice ma piano piano non riesce più ad esercitare quello di sacerdote massimo perché di fatto lascia al papa questo compito. L'imperatore cercherà di imporsi a Roma dal punto di vista teologico – per esempio durante la crisi iconoclasta che ha luogo nel periodo in cui sorge il potere temporale – ma alla fine sarà Roma a vincere rifiutando la distruzione delle icone perché nel disegno di Dio. Al termine di questo periodo i due poteri del pontefice e dell'imperatore risultano totalmente separati: a Costantinopoli il potere temporale e a Roma quello spirituale che in qualche modo è anche un piccolo potere temporale, perché il vescovo di Roma è ormai responsabile dell'amministrazione dell'Urbe.

Senza questo ruolo del papa e della Chiesa non esisterebbe la storia europea come la conosciamo?

Lonardo: Il viaggio di Stefano II a Reims è decisivo non solo per Roma ma per tutta l'Europa e il suo sviluppo storico e culturale. Per impedire ai longobardi di annettere anche Roma dopo Ravenna, il papa chiede aiuto ai Franchi e il riferimento politico si sposta dai Bizantini all'imperatore dei Franchi: quello che era l'impero romano si sposta sotto l'autorità di Carlo Magno. A questo si aggiunge l'opera di evangelizzazione che il papa compie tra le popolazioni barbare del nord Europa attraverso l'invio di missionari presso gli angli e i sassoni.

Possedere dei beni ed esercitare un potere è contrario al Vangelo?

Lonardo. No. E' evidente che il papa di allora possiede dei beni nell'ottica di un servizio alla popolazione: senza quel potere temporale Roma avrebbe distrutto la sua storia latina ereditata da millenni. E' interessante che lo stesso S. Francesco d'Assisi fosse d'accordo sul potere temporale della Chiesa. Egli fonda il Terz'ordine francescano proprio per specificare che se i francescani non devono possedere beni, questo non vale per gli sposi cristiani che devono averli per il bene dei figli. Nel secolo scorso quando Pio XI firmò il Concordato con lo Stato italiano che chiuse la questione del 1870, fece riferimento proprio a S. Francesco. Nel discorso con il quale annunziò la nascita del nuovo Stato della S. Sede, disse: “Noi abbiamo bisogno di un corpo per essere liberi come è stato il corpo di S. Francesco piccolino”, così come l'anima del santo ha avuto bisogno di un piccolo corpo, così il papa per essere libero e non sottoposto ad un dominio ha bisogno di uno Stato, il più piccolo possibile, che lo permetta. Tutto questo è apparso evidente quando i nazisti hanno occupato Roma: nel 1944 se lo Stato vaticano non avesse avuto la sua autonomia, i nazisti sarebbero potuti entrare in S. Pietro oppure a S. Giovanni dove c'erano 800 rifugiati tra cui Pietro Nenni e numerosi socialisti oltre che molti ebrei. A Roma, in effetti, non si è combattuto perché c'era il papa che ha mediato l'ingresso degli alleati dopo l'uscita delle truppe tedesche. E' un episodio che dimostra come il fatto che il papa abbia un suo territorio e dei beni per il servizio della carità abbia effetti assolutamente benefici per l'opera che egli deve svolgere. Anche papa Francesco nel recente incontro con i seminaristi ha detto che occorre avere un'auto, modesta ma è giusto avere un'auto, se serve per l'evangelizzazione.

Qual è il limite tra dare a Cesare e dare a Dio?

Lonardo: Il possesso di beni non significa – come è avvenuto in alcuni momenti della storia della Chiesa – indirizzarli a un utilizzo erroneo ma per l'aiuto e il sostegno. Anche Gesù ha accettato che alcune donne offrissero i loro beni per la sua missione. Nell'anno 200 le catacombe di Callisto erano di proprietà della Chiesa di Roma perché voleva seppellire i suoi morti, poveri e ricchi insieme: un paradosso tipicamente romano in quanto il cristianesimo era ufficialmente perseguitato e si può dire che su questo l'imperatore chiudesse un occhio. La Chiesa ha bisogno di strutture per l'accoglienza, per la catechesi, per il servizio del Vangelo. Una parrocchia è aperta a tutti, anche agli atei o alle persone di altra religione. Ratzinger in “Introduzione al cristianesimo” scrive che se Dio avesse voluto salvarci da soli non ci sarebbe stato bisogno di nessuna struttura, ma poiché siamo esseri comunitari Dio ha voluto salvarci insieme e questo ci obbliga ad avere segni e luoghi dove ritrovarci. L'Eucarestia ci raduna e per celebrarla serve un luogo. La Chiesa ha sviluppato lentamente la proprietà delle catacombe, dei battisteri, la costruzione delle chiese, degli ospedali, delle scuole, delle Università, strutture per l'accoglienza dei rifugiati, perché non esiste una carità solo spirituale, non esiste una fede che non si faccia anche segno tangibile. Deve però trattarsi di segni sobri come ci indica papa Francesco che ha elogiato don Stefano, il parroco di Lampedusa, che attraverso la sua comunità fa del bene a chi arriva sull'isola in cerca di una vita migliore. La struttura è necessaria se si vuole dare un aiuto che serva la concretezza dell'uomo.

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