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Papa Francesco a Lampedusa riapre la questione immigrazione

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OMAR TORRES

Chiara Santomiero - pubblicato il 08/07/13

“Chi ha pianto per questi fratelli e queste sorelle?”

Il vescovo della diocesi di Agrigento (nel cui territorio è compresa Lampedusa), mons. Francesco Montenegro l'aveva sottolineato qualche giorno fa in un'intervista ad Aleteia: “l’immigrazione non è più un’emergenza ma qualcosa che fa parte della normalità, della quotidianità”. Quindi qualcosa da affrontare nell'ambito dell'ordinamento italiano ed europeo in una prospettiva di lungo periodo che dall'ottica della difesa dei confini passi a quella di una accoglienza rispettosa dei diritti umani e della dignità della persona. Certamente la scelta di Lampedusa, la “Porta d'Europa” per tante persone che cercano “qualcosa di migliore per sé e la propria famiglia” da parte di papa Francesco per il suo primo viaggio, costituisce un forte monito alle istituzioni a muoversi in questa direzione.

Ora l'immigrazione è affare di tutti” titola il sito di Famiglia cristiana (8 luglio) l'intervista a mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, il cui mandato è in qualche modo rafforzato dall'esempio di papa Francesco: “Caritas ha sempre cercato di riproporre il messaggio di Dio, mediante la Chiesa, a tutti i fratelli. E questo messaggio ci dice che dobbiamo farci carico gli uni degli altri. Il papa ci insegna in prima persona come fare e si pone come esempio per tutti noi. Perché, soprattutto chi è chiamato a interessarsi degli altri, lo faccia con sincerità, sobrietà e fratellanza vera cercando l’autenticità dei rapporti umani al di là delle apparenze”.

Secondo Il Giornale.it (8 luglio) per la politica italiana “la prima visita di Francesco si trasforma nell'occasione per rilanciare la politica delle «porte aperte»”. Il sito riporta, tra gli altri interventi, le parole del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini: «Mi aspetto che i governi lavorino per l'accoglienza. La legge va cambiata, non si basi sulle logiche dei grandi centri dove concentrare migliaia di persone. Ma si punti a un'accoglienza diffusa – prosegue il primo cittadino – con il coinvolgimento dei comuni. Mi aspetto che i flussi vengano regolamentati, che si dica basta all'economia sommersa, che si trovi un modo diverso per far viaggiare queste persone. Occorre squarciare l'ipocrisia e le parole del papa dovranno essere ascoltate». Un appello, quello a cambiare la legge sull'immigrazione, che, commenta Il Giornale.it ha già creato dibattito: “A sinistra è un coro. A partire dal presidente della Camera, Laura Boldrini, secondo cui «la visita del papa a Lampedusa è un messaggio epocale che restituisce dignità alle migliaia di vittime della guerra a bassa intensità che da 15 anni si combatte nel Mediterraneo»”.

Non tutti sono d'accordo. “Papa Francesco a Lampedusa, fra gli immigrati, ha detto 'No alla globalizzazione dell'indifferenza'. Bene, io, da cittadino e amministratore, dico un forte 'No alla globalizzazione della clandestinità. Aiutarli a casa loro è l'unica risposta giusta”. Questo il parere del vice segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini che ha commentato, su Facebook, la visita del pontefice a Lampedusa (Agi.it, 8 luglio).

Papa Francesco si è recato a Lampedusa per “piangere i morti”, quelle migliaia di uomini, donne e bambini che stavano cercando una possibilità di vita migliore ma non ce l'hanno fatta, inghiottiti dal mare. Ventimila morti in venti anni di politiche di respingimenti indiscriminati, senza nemmeno accertare se tante persone non avessero i requisiti per accedere allo status di rifugiati: questa la reiterata denuncia, tra gli altri, del Centro Astalli – Servizio dei rifugiati per l'Italia. Di questi 20 mila non si sanno nemmeno i nomi e si tratta di una tragedia per la quale, come ha sottolineato papa Francesco, ognuno è responsabile e per la quale chiedere perdono. Tuttavia è possibile anche un'altra lettura del loro sacrificio estremo, che li renda più protagonisti del nostro tempo e del futuro della nostra convivenza civile.

“Attenzione a parlarne soltanto come di vittime” ammonisce Gabriele Del Grandesu Famigliacristiana.it (7 luglio). “Sono convinto – afferma Del Grande – che quei ventimila morti saranno un giorno i nostri eroi. Il mondo va in una direzione precisa. E prima o poi, nel villaggio globale interconnesso e interdipendente, la libera circolazione non sarà più un privilegio di pochi ricchi turisti, ma un diritto fondamentale di cittadinanza globale, per tutti. Allora, quei morti saranno ricordati come dei pionieri. Degli avventurieri, certo, ma che con il loro rifiuto della frontiera, hanno di fatto costituito in tutti questi anni il più grande movimento di massa di disobbedienza civile alle leggi sulla frontiera di cui l'Europa si è dotata e che a queste stragi hanno portato”.

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