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In vigore il decreto “Svuota carceri”: è il nome giusto?

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Simone Sereni - pubblicato il 04/07/13

Un provvedimento urgente contro il sovraffollamento carcerario. Un tassello di una riforma più ampia della giustizia. Non senza criticità e duri oppositori

Lo chiamano “Svuota carceri” ed è il decreto “recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”; in vigore dal 3 luglio, è ora in commissione Giustizia al Senato per l’iter parlamentare di conversione in legge. Non senza polemiche politiche e qualche scetticismo anche tra gli addetti ai lavori.


L’elemento chiave è la situazione cronica e drammatica di affollamento delle carceri italiane. Secondo i dati del rapporto 2012 dell’associazione Antigone al 31 ottobre 2012 nell’insieme del sistema carcerario italiano erano presenti 66.685 detenuti, 1.894 in più rispetto alla già allarmante soglia di emergenza indicata nel 2010 di 64.791. “A causa dei numeri citati sopra” continua il Rapporto “l’Italia resta il paese con le carceri più sovraffollate nell’Unione Europea. Il nostro tasso di affollamento è oggi infatti del 142,5% (oltre 140 detenuti ogni 100 posti). La media europea è del 99,6%”.

L’intervento prevede misure che favoriscano “l’adozione di efficaci meccanismi di decarcerizzazione in relazione a soggetti di non elevata pericolosità; ferma restando la necessità dell’ingresso in carcere dei condannati a pena definitiva che abbiano commesso reati di particolare allarme sociale” (Diritto 24, IlSole24Ore.it, 2 luglio).

Dopo le polemiche ormai rituali su una norma che avrebbe riguardato tra gli altri Silvio Berlusconi, il provvedimento nel suo complesso ha incontrato l’opposizione dura in particolare di Lega e Fratelli D’Italia. Secondo il presidente di Fdi, La Russa, il decreto “rimette in circolazione migliaia di delinquenti” e propone piuttosto che “si costruiscano carceri” o “si usino le caserme dismesse per coloro che ancora devono scontare poco più di un anno di pena”. Fuori dal Parlamento, per Rita Bernardini dei Radicali, da sempre vicini ai diritti dei detenuti e favorevoli all’amnistia, si tratta di un provvedimento che “serve a poco” anche se riscontra come elemento positivo “che dopo anni si rimette mano all'ex Cirielli che impedisce l'accesso ai benefici dei recidivi”.


Il ministro, che sarebbe favorevole a una vera amnistia ma solo a fronte di una chiara volontà politica, non condivide il nomignolo affibbiato al provvedimento: “Non è uno svuota carceri ma indica una nuova filosofia dell’espiazione della pena”. E, intervistata da Massimo Martinelli (Il Messaggero, 3 luglio), ha detto esplicitamente che “nessun reato che desta allarme sociale verrà depenalizzato”, in particolare reati di terrorismo, traffico di droga, criminalità organizzata e reati contro donne e bambini.

Tra gli addetti ai lavori, il decreto suscita reazioni diverse. L’Associazione dei funzionari di polizia (www.anfp.it) è preoccupata dei “costi serissimi per la sicurezza” e “dell’aggravio che ci sarà per le forze dell’ordine, nell’effettuare i relativi controlli” per via dell’estensione del beneficio degli arresti domiciliari (per circa 17 mila persone). Inoltre, mette in evidenza che “sono 23 mila i detenuti stranieri” e consiglia “di esperire in via prioritaria l’innalzamento del limite di pena per l’espulsione, come misura alternativa al carcere dello straniero, snellendo l’applicazione del relativo procedimento”.

Per il direttore del carcere di San Vittore, Gloria Manzelli, si tratta invece di un intervento “sacrosanto”. Per la Manzelli, dal suo osservatorio – “diventato una sorta di Mecca dell’emarginazione e dell’emergenza sociale” – beneficerebbero del decreto soprattutto migliaia di detenuti per piccoli reati (Panorama, 3 luglio).

Per don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, sentito da Alessandro Guarasci (Radio Vaticana, 27 giugno) il provvedimento offre “un momento di respiro nel discorso dell’emergenza-carcere”. Favorevole all’utilizzo più sistematico delle pene alternative e alla messa alla prova, don Balducchi indica come chiave una riforma “dell’amministrazione della giustizia che veda il carcere come l’estrema ratio”.

E sembra proprio una riforma ad ampio raggio l’intento del Ministro, di cui il decreto “Svuotacarceri” sarebbe solo un tassello. Una riforma giudiziaria nel suo complesso duramente osteggiata dagli avvocati, che il ministro recentemente ha definito una delle “grandi lobby che impediscono che il paese diventi normale”. Al momento le due parti sono ai ferri corti.

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