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Cattolici e politica: come dici laico tu?

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Simone Sereni - pubblicato il 01/07/13



Un libro di Diotallevi e una dura critica di mons. Crepaldi all’ex presidente dell’Azione cattolica Luigi Alici (che risponde) riaprono il dibattito sul compito dei laici



Laici obbedienti al magistero ma autonomi; sentinelle sui confini di terre inesplorate che però non si adeguino alle mode culturali: un equilibrio oggettivamente difficile. Di frontiera, appunto. Si torna in questi giorni di nuovo a parlare del ruolo e delle modalità di presenza dei laici cattolici nella vita sociale e nella politica italiana.

Lo fa per esempio il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani e “animatore” del Progetto culturale voluto dal card. Ruini, nel suo nuovo libro “I laici e la Chiesa. Caduti i bastioni”. Enzo Bianchi, nella prefazione, lo considera un lavoro “oltremodo prezioso, perché accetta di scavare nei meandri della crisi e di studiarne le componenti a partire da tre prospettive complementari: le difficoltà del ministero presbiterale, la fine di un mondo cristiano, la vicenda del laicato cattolico in Italia”. Intervistato da Alessandro Gisotti (Radiovaticana, 30 giugno) Diotallevi, ricordando altri momenti di grande crisi “negli anni Settanta, Ottanta” annota che la Chiesa “ha spesso risposto con paura” e con “un’idea di Chiesa in cui tutto si riduce a pastorale”. Mentre “l’apostolato dei laici è un’altra cosa: è il trattare con coraggio delle cose del mondo, cercando di ordinarle a Dio”. Questo lo devono fare “seguendo l’insegnamento dei pastori, ma in coscienza assumendosi le proprie responsabilità”.



Ma sul come poi esprimere e portare il peso di questa responsabilità ci sono vedute differenti. È di pochi giorni fa un’intervista al settimanale diocesano Vita Nuova (vitanuovatrieste.it, 28 giugno) dell’arcivescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi, per il quale “non c’è dubbio che questa dovrebbe essere l’ora del laicato”. Nell’intervista mons. Crepaldi critica piuttosto severamente il laicato cattolico “che non si fa sentire” soprattutto per quanto riguarda l’impegno nella sfera politica in cui “lo scopo dei fedeli laici è stato ridotto a conseguire il bene comune”. L’arcivescovo si riferisce ad alcuni organismi ecclesiali, come l’associazione Scienza e Vita e al Forum delle associazioni familiari, e poi all’Azione cattolica; e fa esplicito riferimento a un libro – I cattolici e il paese. Provocazioni per la politica – di Luigi Alici, filosofo e già presidente nazionale proprio dell’Azione cattolica. Un libro che secondo il presule “non rappresenta l’Azione cattolica, però può essere indicativo di un modo di pensare” e che appartiene “alla categoria dei libri ‘Sì, ma …’: affermare i principi nello stesso momento in cui si aprono fessure per non rispettarli” in cui l’esposizione dei principi di magistero “è sempre volutamente ambigua, dice, ma nega ed è piena di ‘tuttavia’…”.



Luigi Alici non si è nascosto dietro a un dito. Se a caldo ha scelto la prudenza del no comment, a freddo sul suo blog ha pubblicato un post in cui si dice “costretto” suo malgrado “a entrare in dialogo a distanza con l'arcivescovo di Trieste” nonostante “lo stile ecclesiale che preferisco è quello di un dialogo diretto” e della “interlocuzione diretta nelle sedi più proprie”. Alici poi punto per punto smentisce mons. Crepaldi su “posizioni non corrispondenti allo spirito e alla lettera del mio libro” soprattutto attinenti a questioni calde come le unioni degli omosessuali. Alici poi spiega quello che mons. Crepaldi ha sintetizzato nella formula del ‘Sì, ma…’: “Come credente debbo essere disposto a dire un sì senza riserve – anche a costo della vita – nell'obbedienza alla fede, mentre forse è il caso di continuare a dire dei ‘ma…’ dinanzi a una richiesta diversa di obbedienza: alle cordate, alle consuetudini e ad ogni sovrastruttura disciplinare opinabile che tende fare corpo unico con il depositum fidei (come, ad esempio, le preferenze politiche di un pastore)”.

Alici infine riconosce con mons. Crepaldi che “questa è l'ora del laicato in modo particolare” ma pone, di fronte a “una richiesta di laici all'altezza” la domanda: “quali laici? Una domanda che dobbiamo altresì contestualizzare” anche nel “magistero di papa Francesco, che ci sta richiamando all'essenziale della fede e che non vuole ‘dogane’ improprie sulla strada che collega miseria e misericordia”.

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