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Chiesa e artisti: un dialogo da approfondire

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Chiara Santomiero - pubblicato il 24/06/13

Le intuizioni del Concilio Vaticano II relative all'arte sacra e all'attività pastorale con gli artisti

Quali sono le innovazioni apportate dal Concilio Vaticano II in materia di arte, architettura e liturgia? Quanta parte delle affermazioni conciliari è stata tradotta nella pratica ordinaria delle parrocchie? A cinquant’anni dalla pubblicazione della costituzione Sacrosanctum concilium sulla sacra liturgia, l’XI Convegno liturgico internazionale “Il Concilio Vaticano II. Liturgia Architettura Arte” che si è svolto presso il monastero di Bose in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici Cei ha provato a tracciare un bilancio. Aleteia ne ha parlato con uno dei relatori al convegno, Ralf Van Bühren, docente di “Comunicazione della fede attraverso architettura e arte”, “Storia dell'arte liturgica” e “Storia dell'arte cristiana contemporanea” alla Pontificia Università Santa Croce di Roma.

Quale novità ha apportato il Concilio Vaticano II rispetto al rapporto tra arte e liturgia?

Van Bühren: La prima novità è che mai un Concilio aveva parlato in modo così ampio del rapporto tra arte e Chiesa cattolica. Il Concilio di Trento nel 1563 e, ancora prima, il secondo Concilio di Nicea nel 787, avevano affrontato solo il tema dell'uso devozionale e liturgico delle immagini. Per la prima volta il Vaticano II ha affrontato questo tema sotto una decina di aspetti diversi: dalla architettura sacra al rinnovamento dell'arte liturgica, dalla piena partecipazione dei fedeli alla giusta autonomia della creazione artistica, dalla cura dei monumenti al dialogo con gli artisti.

Cosa si intende per “giusta autonomia” della creazione artistica?

Van Bühren: Un artista ha bisogno di lavorare in uno spazio di libertà, di scelta, perché l'opera d'arte vive anche di ispirazione, non solo di leggi descrittive importanti per la liturgia. La “giusta autonomia” richiede però anche di riconoscere le esigenze pratiche legate all'uso dell'arte sacra. Il Vaticano II ha posto un focus funzionale sull'arte sacra. Serve per la celebrazione liturgica, la pietà popolare, serve per la riflessione personale, per l'istruzione religiosa in senso catechistico, serve per lodare Dio. L'arte viene dall'uomo ed è fatta per l'uomo: possiede una dignità propria, una bontà naturale. Nel contempo è ragionevole che l'artista riconosca anche la legge morale insita nel suo lavoro di cui è responsabile.

La libertà artistica si muove quindi nella cornice funzionale dell'arte e architettura sacra…

Van Bühren: Per aiutare gli artisti ad entrare in una dimensione di rispetto per le richieste dei committenti, il Concilio ha espresso il desiderio del dialogo fra Chiesa e artisti contemporanei. Questa richiesta di attenzione pastorale verso gli artisti costituisce pure una assoluta novità, di cui non si trova traccia nelle affermazioni conciliari del passato. Oltre agli orientamenti per la riforma liturgica, troviamo quindi nella costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, insieme alla costituzione pastorale Gaudium et spes, diverse richieste per una riforma di tipo pastorale. Tuttavia ancora oggi l'attività pastorale con gli artisti non è molto diffusa: in Germania ci sono solo 20 diocesi su 27 che hanno una commissione diocesana per l'arte sacra, invece solo 11 diocesi che hanno un sacerdote dedicato a questa pastorale.

Quali sono i suoi compiti?

Van Bühren: Organizzano, tra le altre attività, convegni nei quali si incontrano artisti, teologi, liturgisti, docenti universitari, persone con diverse competenze. In molte città, il Mercoledì santo il vescovo celebra una Messa per tutti gli artisti che si radunano e possono conoscersi tra loro e avere un contatto con il vescovo stesso. La scelta di questo giorno nasce a Parigi nel 1926 quando gli artisti francesi chiesero all'arcivescovo di celebrare una messa per gli artisti defunti. La tradizione annuale è stata ripresa dall'arcivescovo di Colonia nel 1950. Dopo il Concilio, poche diocesi nel mondo hanno istituito la figura del sacerdote che non solo organizza mostre ed eventi, ma offre occasioni di incontro personale e aiuta spiritualmente gli artisti. Si tratta di un'intuizione che potrebbe favorire la “fioritura di una primavera nuova dell'arte religiosa postconciliare” tanto auspicata da Paolo VI.

Quali altre carenze rileva?

Van Bühren: Ciò che manca per rinnovare veramente l'arte sacra oggi è la comprensione mistagogica dei sacramenti, cioè il mistero di Dio che si fa presente nel mondo attraverso la presenza di Cristo risorto nei sacramenti e nella Parola. Questa realtà è al centro della liturgia e anche al servizio di questo dovrebbe essere l'arte sacra. Se lo spazio liturgico non fa riferimento al Mistero pasquale anche fuori della Santa Messa, ad esempio per le devozioni extra-liturgiche della pietà popolare, la “partecipazione piena, consapevole e attiva” di tutti i fedeli alla celebrazione liturgica non ottiene il suo necessario appoggio estetico. Gli artisti hanno bisogno di ascoltare e comprendere tali richieste dai committenti. In realtà, la presenza del Mistero, il Verbo incarnato, è una sfida interessante per gli artisti perché ciò che si sforzano di fare con l'arte è proprio tradurre nella materia qualcosa che appartiene al mondo dello spirito. Una seconda carenza riguarda la formazione liturgica che deve essere migliorata per tutti: sacerdoti celebranti, predicatori, laici, religiosi. Il Concilio ha stabilito un'attenzione prioritaria per la formazione permanente liturgica di tutto il popolo di Dio. Non si può migliorare l'arte sacra senza una migliore comprensione mistagogica dei sacramenti e senza una efficiente formazione liturgica.

Sono sufficienti?

Van Bühren: Insieme con una migliore formazione estetica: c'è un grande pregiudizio verso l'arte contemporanea da parte della maggioranza delle persone, credenti e non credenti. Gli artisti devono capire questa difficoltà: un artista totalmente astratto, ad esempio, deve riconoscere che questo linguaggio è più o meno accessibile solo a persone di formazione più elevata. Per questo credo che una commissione diocesana per l'arte sacra dovrebbe ascoltare anche – almeno con voto passivo – le impressioni di chi frequenta abitualmente la chiesa riguardo al concorso indetto per un nuovo edificio di culto o per l'adeguamento liturgico. Il Concilio ha voluto una più attiva collaborazione all'interno del popolo di Dio per lavorare insieme.

C'è qualcosa che invece il mondo dell'arte può insegnare alla Chiesa?

Van Bühren: Gli artisti hanno una sensibilità di stupore; sono in grado di capire la bellezza, la magnificenza delle piccole e grandi cose del mondo, partendo non solo dalla natura ma anche dalla convivenza umana della quale scorgono i problemi, i conflitti, il dolore ma anche la gioia e la speranza. Gli artisti sanno trasmettere tutto ciò in un modo accattivante attraverso la musica, la pittura, l'architettura. Non tutte le opere realizzate sono eccezionali ma normalmente hanno qualcosa da trasmettere che apre una prospettiva nuova per le persone. I cristiani hanno bisogno di chi sappia scrutare la trascendenza per trasmettere speranza. La bellezza porta a ringraziare per la nostra vita. E se l'arte sacra è capace di suscitare il ringraziamento, è già un grande servizio agli uomini.

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