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Rifugiati, storie catturate dagli scatti fotografici

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TONY KARUMBA

Chiara Santomiero - pubblicato il 19/06/13

Papa Francesco: “Cristo è nella carne dei rifugiati”. Presentata a Roma una mostra fotografica dal titolo “Santuario e nutrimento”, iniziativa del Centro Astalli

“Ho subito in carcere tutto ciò che potete immaginare venga fatto a una donna”. A volte basta solo l'accenno pieno di dignità ad una verità inenarrabile per descrivere l'orrore di una condizione: quella dei perseguitati per varie ragioni dal potere politico del proprio Paese e che ottengono in Italia lo status di rifugiati. Una fortuna per molti versi amara, come ha spiegato Beatrice, una rifugiata congolese in occasione della presentazione a Roma della mostra fotografica “Santuario e nutrimento. Ospitalità in emergenza”, una delle iniziative del Centro Astalli – Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia per la Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno.

Beatrice in Congo si è laureata in economia dello sviluppo e lavorava in una ong. Arrestata per la sua attività di sensibilizzazione all'esercizio del voto in occasione della campagna elettorale per le elezioni del 2006, è riuscita a venir fuori dall'orrore del carcere e a raggiungere il Centro Astalli che l'ha aiutata ad ottenere lo status di rifugiata. Ciò le consente di non dover tornare in Congo, ma non la aiuta a trovare né casa né lavoro anche perché la sua laurea non è riconosciuta dal nostro ordinamento. Così, tra mille difficoltà, ha superato il test di ingresso all'Università per studiare scienze infermieristiche e cercare di ricostruirsi un futuro.

La sua è una storia simile a quella di migliaia di persone che sono costrette a fuggire dal proprio Paese lasciandosi indietro tutto: famiglia, casa, professione. Per questo la mostra fotografica sulla vita e difficoltà dei rifugiati congolesi e siriani inaugurata presso la Chiesa del Gesù di Roma – in contemporanea con Roma e New York – si intitola “Santuario e nutrimento”.

“Per chi è stato strappato dalla sua casa – ha spiegato padre Peter Balleis, direttore internazionale del Servizio dei gesuiti per i rifugiati – la parola 'santuario' evoca il valore dell'aprire la porta, del tutelare i diritti umani fondamentali sacri a noi tutti”. Ma i rifugiati hanno anche un estremo bisogno di 'nutrimento', inteso non solo come cibo, acqua, rifugio, indumenti ma come “bisogno di appagare le esigenze più profonde, quelle che alimentano le nostre esistenze, come i rapporti umani, l'amicizia compassionevole, la conoscenza, l'ospitalità”.

Dal 18 al 21 giugno un video di 12 minuti proiettato tra le 21 e le 2 di notte illustra queste storie attraverso 200 fotografie proiettate sulla facciata della Chiesa del Gesù: obiettivo dei promotori dell'iniziativa è accrescere la consapevolezza dell'opinione pubblica perché agisca a favore dei diritti fondamentali di rifugiati e richiedenti asilo, in particolare riguardo all'accoglienza, all'alimentazione e all'istruzione.

“Proiettare volti di rifugiati sulla facciata della chiesa – ha aggiunto Balleis – ha un significato profondo. Come ci ricorda Papa Francesco, “Cristo è nella carne dei rifugiati: la loro carne è la carne di Cristo”.

Focus della mostra, allestita in collaborazione con l'organizzazione non-profit Art Works for Human Rights e visitabile fino al 30 giugno, sono le crisi umanitarie provocate dai conflitti nella Repubblica democratica del Congo e in Siria. Bastano le cifre a dare evidenza delle dimensioni del problema. In Congo la violenza imperversa senza interruzioni da 17 anni, con un bilancio di oltre 5 milioni di morti e 2.6 milioni di sfollati interni di cui il 63% nelle province di Nord e Sud Kivu, nel Congo orientale. Nei primi tre mesi del 2013 altri 86 mila nuovi sfollati si sono aggiunti in Nord Kivu a causa delle azioni del gruppo ribelle M23 mentre, per gli stessi motivi, si sono avuti 70 mila rifugiati in Uganda e Ruanda.

In Siria il conflitto dura già da due anni e mezzo provocando – oltre a 100 mila morti – l'impossibilità di lavorare, frequentare la scuola e sfuggire in ogni caso alla violenza. Per questo motivo 1,5 milioni di persone hanno varcato i confini entrando in Libano, Turchia, Iraq, Giordania e persino Egitto, causando gravi difficoltà anche a questi paesi. Gli sfollati interni al confine siriano sono invece 4 milioni e sono costretti a spostarsi di continuo per cercare rifugio e protezione dalle violenze. Si calcola che siano 6,5 milioni le persone bisognose di aiuti umanitari urgenti.

La situazione è disperata – ha affermato Danilo Giannese, responsabile per l'advocacy e la comunicazione del Servizio dei gesuiti per i rifugiati della regione Grandi Laghi – ma non abbiamo il diritto di arrenderci, di dire che non si può fare niente. E' il nostro dovere di uomini alimentare la speranza concreta attraverso l'istruzione, la formazione, la difesa dei diritti umani, la solidarietà e la pace”.

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