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Odoardo Focherini, lo Schindler italiano, è beato: salvò oltre cento ebrei

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Carly Andrews - pubblicato il 18/06/13

Marito e padre di sette figli, dirigente dell’Azione Cattolica, giornalista, un cristiano della strada, non “da salotto”. Il ricordo del nipote Francesco Manicardi

La Piazza dei Martiri di Carpi ha celebrato recentemente la figura di un martire cristiano, di un testimone coraggioso del Vangelo. Odoardo Focherini, giornalista, dirigente dell’Azione Cattolica, ucciso in odio alla fede per l’assistenza caritatevole che offriva ai perseguitati e agli ebrei, è stato infatti beatificato il 15 giugno dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di papa Francesco.

Per conoscere più approfonditamente questa figura, Aleteia ha intervistato Francesco Manicardi, 43 anni, giornalista e nipote di Odoardo Focherini.

Ci può spiegare un po' la vita di Odoardo prima e durante la guerra?

Francesco Manicardi: Odoardo Focherini nasce in Italia, a Carpi (Modena), il 6 giugno 1907. La sua famiglia ha origini trentine della Val di Sole, e alle radici montanare Focherini resterà sempre molto legato. Perde la mamma a 2 anni, il padre si risposa e la sua madre adottiva gli vorrà bene come ad un figlio, indirizzandolo verso il contesto della parrocchia dove Odoardo si forma anche grazie a sacerdoti generosi e ad amici veri come Zeno Saltini, futuro sacerdote fondatore di Nomadelfia. E’ di carattere socievole e cordiale, ha tanti interessi (il teatro, il giornalismo sui periodici diocesani; ama i canti di montagna, suona l’armonica, va in bicicletta e sugli sci) con i quali riesce sempre a coinvolgere giovani avvicinandoli all’oratorio e, quindi, avviandoli ad una formazione anche spirituale. Cresce nell’Azione Cattolica, di cui diventerà anche presidente diocesano, e contemporaneamente è promotore a Carpi degli Scout cattolici (Agesci), della Confraternità San Vincenzo (che cura i poveri) e dell’Unitalsi (che si occupa dei malati), testimoniando l’attenzione ai più giovani e ai bisognosi, l’amore concreto e solidale per il prossimo. Nel 1930 sposa Maria Marchesi, anch’essa di origini trentine: tra il 1931 e il 1943 nascono sette figli. Nel 1934 viene assunto dalla Società Assicurazione Cattolica di Verona come agente presso l’agenzia di Modena; diviene poi ispettore nelle zone di Modena, Bologna, Verona, fino a Pordenone. Nel 1939, dopo esserne stato articolista, assume l’incarico di Amministratore delegato, senza percepire alcun compenso, del quotidiano cattolico allora più importante nel Nord Italia “L’Avvenire d’Italia” che ha sede a Bologna. Scriverà anche per “L'Osservatore Romano”.

Quali eventi hanno condotto al suo martirio?

Francesco Manicardi: La vita intera di Odoardo è vissuta come dedizione agli altri, per far conoscere a tutti, attraverso la carità, la bellezza e la gioia di seguire Cristo. Gli insegnamenti di Gesù ovviamente trovano anche oppositori feroci, ma non per questo Odoardo si spaventa. Quando il “prossimo” che ha sempre aiutato si presenta sotto forma di famiglie ebree in fuga dalla deportazione, il “samaritano” Odoardo non esita ad aprire loro il cuore, nonostante i grandi rischi. La moglie Maria condivide e sostiene il marito: “Noi e i nostri figli siamo al sicuro, gli ebrei no: va’ e aiutali”, affermò la compagna di vita di Focherini davanti all’idea di aiutare gli ebrei perseguitati dal nazi-fascismo. Insieme ad un sacerdote, don Dante Sala, il futuro Beato creò una rete clandestina di aiuti organizzativi per nascondere i fuggiaschi, procurare loro carte d’identità false – che lo stesso Focherini compila con dati falsi – e condurli fino al confine in Svizzera. Gli ebrei – uomini, donne e ragazzi – che l’hanno conosciuto in quel periodo lo ricordano sempre sereno e sorridente, fiducioso nella Provvidenza e convinto nell’operare il bene.

Ma Odoardo Focherini è anche impegnato ufficialmente come presidente di Azione Cattolica e come amministratore di un giornale cattolico che non si adegua agli ordini del Regime fascista e alle imposizioni degli occupanti nazisti: assume addirittura giornalisti ebrei, antifascisti e, fra questi, un futuro famoso giornalista come Enzo Biagi. Per questo è ritenuto un personaggio scomodo che, sulla base dei suoi ideali evangelici di giustizia, pace e uguaglianza, non si presta ad essere manipolato dalla propaganda nazi-fascista. Focherini viene arrestato nel marzo del 1944 e senza alcun processo e condanna trasferito nei campi di concentramento italiani di Fossoli (da cui passò anche Primo Levi) e Bolzano, poi nei lager tedeschi di Flossenburg ed Hersbruck. Una ferita ad una gamba gli procura una grave setticemia. Nell’infermeria del campo non viene curato perché lo scopo dei carcerieri è far morire e non far vivere: Odoardo muore a soli 37 anni il 27 dicembre 1944, confermando la fedeltà alla moglie e l’offerta della sua vita in olocausto per la Chiesa, per il giornale e per il ritorno della pace nel mondo.

Potrebbe descrivere il momento della sua beatificazione? Come avete vissuto questo momento, voi della famiglia?

Francesco Manicardi: La cerimonia di beatificazione si è svolta il 15 giugno nella Piazza dei Martiri a Carpi, davanti alla Cattedrale semidistrutta dal terremoto d’Emilia del maggio 2012. Alla celebrazione erano presenti oltre 5000 persone, provenienti da molte parti d’Italia e d’Europa. Per i figli di Odoardo si è trattato di un momento di grande emozione, un momento atteso da anni e capace di rendere merito anche alla moglie di Odoardo, Maria Marchesi, donna paragonabile al marito per fede e generosità.

Oltre ai figli erano presenti i 15 nipoti e 21 pronipoti di Focherini, ugualmente coinvolti e partecipi. In famiglia è stata usata spesso la similitudine con la cerimonia del matrimonio, ossia di un sigillo ed un evento unico, nel quale si ritrovano non solo parenti vicini e lontani del festeggiato, ma anche i rappresentanti di tante realtà che Odoardo ha attraversato e vivificato. Accanto infatti agli ebrei salvati, ai figli dei salvati, ai compagni di campo di concentramento, c’erano i membri dell’Azione Cattolica nazionale, i referenti della stampa con il direttore di Avvenire, i tanti amici del Trentino e del Piemonte, il giovane parroco di Hersbruck e i rappresentanti del Museo di Flossenburg.

Tutti grati come noi per il dono di Odoardo, come lo sono stati i rappresentanti delle Comunità ebraiche italiane che, attraverso il loro presidente Gattegna, hanno espresso “deferenza e commozione” per la beatificazione di Focherini che per Israele è “Giusto fra le Nazioni”.

Che tipo di esempio ci ha lasciato Odoardo a ognuno di noi?

Francesco Manicardi: Odoardo Focherini ci mostra, attraverso la sua esistenza, le sue opere e le sue parole – gli articoli e soprattutto le lettere scritte alla moglie e agli amici dalla prigionia – che l’unico modo di vivere pienamente la vita è il servizio gioioso e attento agli altri, senza alcuna distinzione di credo o appartenenza politica e senza temere le conseguenze delle proprie buone azioni. Odoardo non è un “cristiano da salotto” ma un cristiano della strada, che fa strada con gli altri, al passo dei piccoli e degli ultimi. E’ stato un lavoratore, un genitore, un coniuge esemplare. Si è impegnato nella Chiesa e nella società contro le ingiustizie e per la verità, resistendo alle tentazioni di “defilarsi”, di stare dalla parte del più forte, pagandone il prezzo di persona. Tutti noi viviamo una o più di queste situazioni, e possiamo chiedere al beato Odoardo di soccorrerci, consigliarci, mostrarci la via. Il suo motto era “io faccio quello che posso, dove non arrivo io arrivi Dio. Poiché io lavoro per Lui, è impegnato ad aiutarmi”. Una fiducia nella Provvidenza tutta da riscoprire oggi per noi, spesso “gente di poca fede” alla maniera di Pietro sulla barca in tempesta. In tutto il mondo – stiamo ricevendo richieste di informazioni sul Beato da Filippine, Messico, Polonia, Belgio, Spagna, Texas – d’ora in poi ci saranno persone che potranno guardare ad Odoardo per chiedere la grazia per un figlio adolescente, una crisi di coppia, la cura di un malato, la ricerca della propria vocazione umana, professionale, civile. E in tanti contesti attuali in cui i cristiani subiscono maltrattamenti e il martirio essi potranno trovare l’ispirazione nelle parole scritte a Maria dal Lager: “Se il Signore vorrà o permetterà un prolungamento o un aggravamento? Fiat voluntas Dei Mariolina e con immutata certezza che tutto dobbiamo donare con generosità, accettiamo con animo il più sereno possibile la croce, se verrà, più pesante e avanti”.

Ha qualche aneddoto da raccontare?

Francesco Manicardi: Due aneddoti:

1) La reliquia ufficiale del Beato Focherini è la sua fede nuziale – il suo corpo non è mai stato trovato e con ogni probabilità è finito nei forni crematori di Hersbruck. Si tratta della fede originale che Odoardo e Maria si scambiarono il giorno del matrimonio nel 1930. Il giorno del suo arresto da parte dei nazi-fascisti, nel marzo del 1944, Focherini aveva al dito la fede nuziale ma riuscì a farla uscire dal carcere e avere alla moglie. Oggi e per sempre sarà nel reliquiario del Beato Focherini.

2) Vedere in piazza a Carpi e poter parlare con i salvati dal nonno – pochi in vita oramai – ma anche con alcuni dei figli e pure i nipoti di quei cento salvati, poter vivere insieme le emozioni della giornata della beatificazione, tutti accomunati dal “sacrificio vitale di Odoardo”, mi ha fatto pensare a Gesù ed alla profondità e bellezza delle sue parole quando afferma: “Se il chicco di grano non muore rimane solo; se invece muore porta molto frutto” (Gv 12, 24).

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