Il “papa di transizione” stupisce la Curia per prima e tutto il mondo con l’annuncio dell’indizione di un concilio ecumenico. Perché lo ritiene urgente per la vita della Chiesa?
Capovilla: Papa Giovanni era consapevole – e questo è il senso della collegialità che Francesco ha reso visibile con l’istituzione della commissione dei nove cardinali – che un uomo da solo non può bastare per capire la complessità del tempo e delle culture. Aveva bravi collaboratori che stimava ma, diceva “non bastiamo a questa grande impresa”. Il Concilio nasce per questo, per comprendere insieme come la Chiesa deve rispondere alle attese del suo tempo. “Non è un progetto umano – diceva Roncalli – ma è Dio che ci guiderà”. Era consapevole che probabilmente non l’avrebbe portato a termine: “Io lo inizio – affermava – è già un grande onore che Dio mi ha dato questa ispirazione. Rispondere di sì a un’ispirazione, mettersi in strada è già molto”.
A 50 anni dal Concilio c’è qualcosa nella sua attuazione che dispiacerebbe a Giovanni XXIII?
Capovilla: Lui ha detto “camminiamo insieme” e “quando saremo cristificati, tutto si risolverà più facilmente”. Come? Alcuni esempi ci sono. Da giovane prete mai avrei potuto immaginare la visita del patriarca ecumenico Bartolomeo, eppure nei giorni scorsi c’è stata. Sento sempre più vero ciò che disse lo scrittore Francois Mauriac che era in piazza S. Pietro la sera dell’11 ottobre. Quando sentì le parole di Giovanni XXIII “la mia persona conta niente, è un fratello divenuto padre per volontà di nostro Signore, ma fraternità e paternità è tutt’uno, è grazia di Dio, tutto, tutto”, scrisse “mi è sembrato di vederlo srotolare e venire in mezzo a noi e ho capito una cosa che con quel gesto e con quelle parole, lui nel muro spesso fitto della separazione ha aperto non una breccia ma una fessura. Attraverso la fessura è passato lo Spirito e adesso so che le parole di Gesù ‘una sola famiglia, un solo ovile, un solo pastore si farà’”. Magari fra millenni, non dopodomani, chi siamo noi? Mille anni davanti a Dio è “il giorno di ieri che è passato”. Tantum aurora est, disse Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio: “E’ solo l’aurora”. Siamo agli inizi.