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A che punto è la riforma liturgica?

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Chiara Santomiero - pubblicato il 30/05/13
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A Bose un convegno sui 50 anni della Sacrosanctum ConciliumLa Costituzione conciliare sulla divina liturgia Sacrosanctum Concilium fu il primo testo approvato dai padri conciliari il 4 dicembre 1963. Non si trattò di un semplice dato organizzativo ma, come ha osservato Benedetto XVI “iniziando con il tema della liturgia, il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta”. A cinquant'anni dalla promulgazione del documento, l'XI Convegno liturgico internazionale di Bose organizzato come ogni anno dalla comunità monastica guidata da Enzo Bianchi in collaborazione con l'Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Cei, intende esplorare attualità e problemi aperti di una riforma liturgica ancora in divenire.

Una riflessione tanto più urgente in quanto la liturgia, negli ultimi venti anni, da “luogo di comunione” è diventato “luogo di conflitto, contrapposizione, delegittimazione gli uni degli altri, di accuse che si nutrono di una logica settaria e non conforme allo spirito del Vangelo”. Ne è convinto il priore di Bose, Enzo Bianchi, che nella sua prolusione ha diviso i cinquant'anni di post-concilio e riforma liturgica in due periodi: il primo, fino al 1990, in cui si registra una “ricezione convinta” della riforma liturgica e un altro, negli anni successivi fino ad oggi, in cui si passa al contrario, da una “stasi” a una “diffidenza” verso la riforma che porta a una “interpretazione restrittiva” e anche a una “correzione” del cammino già percorso. Il culmine di questa nuova fase della ricezione è per Bianchi, l'istruzione Liturgiam authenticam, promulgata nel 2001 dalla Congregazione per il culto divino.

La liturgia è luogo, ha affermato il priore di Bose, dell'esperienza della Parola e dello Spirito ma al contempo “luogo che resta umano, umanissimo, in cui l'uomo intero, nella sua unità di corpo, psiche e spirito, è soggetto dell'esperienza di Dio che viene all'uomo”. Solo con un'attenzione e una intelligenza che sappia “cogliere l'umanità della liturgia” è possibile “accogliere in essa il mistero della fede”.

In particolare il priore di Bose ha espresso preoccupazione per la persistente dicotomia tra la liturgia e la preghiera cristiana che impoverisce entrambe. Infatti “La liturgia rischia di essere prevalentemente 'rito' e la preghiera 'devozione'” mentre si dovrebbe rendere la liturgia traccia e ispirazione della preghiera personale, rendendo più presenti i tempi dell'anno liturgico, come chiede la stessa Sacrosanctum Concilium. Perché in Italia, esemplifica Bianchi, le diocesi e i loro uffici liturgici, quando vi è un'assemblea diocesana o di presbiteri o di religiose anziché celebrare la liturgia delle ore “preferiscono fabbricare, sovente con dilettantismo, delle liturgie in cui non si è più capaci di esprimere una lex orandi?”. Anche in momenti rilevanti come l'ultimo Convegno ecclesiale nazionale di Verona nel 2006, nell'ora del tramonto si è preferita “una celebrazione con immagini che apparivano sullo schermo alla celebrazione dei Vespri”. Su questo, per Bianchi, dovrebbe concentrarsi nel prossimo futuro l'impegno delle chiese locali riparando anche alla responsabilità di operatori liturgici e pastorali che “di fatto non riconoscono alla liturgia la qualità di fonte della teologia, della spiritualità e di conseguenza della pastorale”. Ne discende una spiritualità sempre più “narcisistica” “individualista”, “preoccupata di fornire soluzioni terapeutiche” che, come tale, è un elemento che ostacola la partecipazione alla liturgia della Chiesa che è “partecipazione attiva, quando riesce a nutrire, cioè a essere accolta come cibo nella vita di fede del credente”.

Un altro legame da valorizzare negli impegni per il prossimo futuro è, per il priore di Bose, quello tra liturgia ed evangelizzazione, anche se “l'impressione è che si sia imboccata la strada opposta” come attestano gli scarni riferimenti contenuti negli Orientamenti pastorali della Conferenza episcopale italiana per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del Vangelo”. E' necessario affinare la sinergia tra liturgia e missione – riconoscendo alla prima un carattere di fonte rispetto a ciò che la chiesa vive – mentre tra esse permane di fatto un'opposizione.

“Ma se non si è capaci di mostrare questa evidenza nel tessuto dell'azione ecclesiale – chiede Bianchi -, perché poi lamentarsi dello scarso rapporto vissuto dai credenti nei confronti dell'eucarestia domenicale?”. Non deriverà dal fatto che “la liturgia non è sentita come annuncio della buona notizia, come comunicazione del Vangelo, ma è piuttosto vissuta come qualcosa che compete al cristiano, come una sorta di obbligo che fa parte della vita cristiana ma che non ne è la fonte?”.

“Queste e altre domande che si potrebbero porre – ha concluso Bianchi – non sono retoriche, ma a mio avviso saranno proprio le risposte date ad esse a indicare itinerari decisivi per il futuro della Chiesa”.