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8X1000, puoi sempre scegliere

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Simone Sereni - pubblicato il 17/05/13
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Moltissimi scelgono di non scegliere, ma non mancano mai polemiche sull’8 per mille alla Chiesa cattolica. Che restituisce all’Italia 10 volte tanto in servizi e speranzaC’è chi chiede i soldi indietro al papa che li avrebbe rubati e chi si domanda legittimamente ma “che ci farà la Chiesa?”; c’è chi dice che lo Stato lo obbliga a darlo “ai preti” e chi per protesta invita a fare scelte alternative. Puntuali come la dichiarazione dei redditi, anche nei social network, arrivano le polemiche sull’8 per mille alla Chiesa cattolica. Domande e argomentazioni a volte comprensibili e pertinenti, spesso piene di pregiudizi e di confusione sulla sostanza delle cose.



“Chiedilo a loro” risponde la Chiesa italiana. È il claim della campagna 2013 della Cei per l’8 per mille, una raccolta di video sugli interventi, con le testimonianze dei diretti beneficiari, e tante schede sulle opere finanziate col contributo di tanti italiani: “La verità dalla voce dei protagonisti”.



Nel complesso, nel 2012 la Chiesa ha ricevuto 1 miliardo 148 milioni 76 mila e 594 euro, da più dell’80% di coloro che hanno firmato per l’8 per mille. “Ciò significa che sono circa 15 milioni gli italiani che hanno espresso la loro preferenza” per la Chiesa cattolica. Inoltre, a fronte di questa cifra “la Chiesa rende allo Stato 10 volte tanto in servizi alla popolazione, circa 11 miliardi di euro”. I conti li ha fatti Giuseppe Rusconi nel suo libro L'impegno (documentazione.info, 18 aprile).



Inoltre, i dati su ripartizione e destinazione del contributo sono tutti pubblici e consultabili on line. In particolare, solo un terzo del totale del contributo raccolto è destinato oggi al sostentamento degli oltre 37 mila sacerdoti; quello “stipendio dei preti” che è il principale oggetto di scandalo per alcuni. Parliamo di contributi che vanno dai circa 890 euro netti di un presbitero appena ordinato ai 1.370 euro netti circa di un vescovo giunto all’età pensionabile.



Il vero dato eclatante è che molti, pur potendo non scegliere la Chiesa cattolica per il proprio 8 per mille, non lo fanno: dal 1990, anno dell’esordio del contributo, stabilmente, più del 50% dei contribuenti lascia in bianco la casellina delle proprie dichiarazioni dei redditi. In questo caso, la legge dice che la “destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse” (art. 47 legge 222/85).

La legge 222/85 è quella che ha appunto istituito l’attuale sistema di sostegno economico alla Chiesa che è entrato in vigore il primo gennaio 1990, eliminando i contributi diretti dello Stato.
Da allora sono i cittadini a poter scegliere tra Stato, Chiesa cattolica e altre confessioni religiose: da quest’anno sono stati ammessi alla ripartizione anche buddisti e induisti.



L’8 per mille allo Stato ha visto poche settimane fa una modifica del regolamento di ripartizione, che in ogni caso rimane vincolata agli interventi straordinari per fame nel mondo, per calamità naturali, per assistenza ai rifugiati e per conservazione di beni culturali. O almeno in teoria. Sì, perché, per esempio, il Fondo 2012 dell’8 per mille per lo Stato a gennaio non è stato ripartito «per mancanza di disponibilità finanziaria». Dei 181.781.492 euro disponibili ne sono stati destinati “oltre 121 milioni per esigenze di protezione civile” (Il Sole 24 Ore, 28 gennaio).



E il Governo Letta ha già messo mano all’8 per mille per finanziare il decreto sulle imprese. “Lo Stato salda i debiti della pubblica amministrazione colpendo sempre e solo i più deboli” ha denunciato padre Giovanni La Manna, responsabile del Centro Astalli che si occupa soprattutto di rifugiati. Una misura che porterebbe alla riduzione di circa 20 milioni nel 2015 rispetto ai 44 milioni previsti per finanziare i progetti secondo le 4 priorità di legge (Asca, 17 maggio).