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La sfida di oggi, educare all’amore

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Roberta Sciamplicotti - pubblicato il 09/05/13

Un libro aiuta ad affrontare con i giovani il tema dell'affettività e della sessualità

Si dice sempre che quello dei genitori sia il mestiere più difficile, ed è vero: una madre e un padre devono affrontare tutte le sfaccettature caratteriali del figlio/a e aiutarlo/a a relazionarsi con l'esterno. Ogni periodo storico è complicato, e in ciascuno emergono argomenti più complicati da trattare. Una delle questioni più delicate è quella relativa alla sessualità.

Al giorno d'oggi, è sempre più difficile trovare dei giovani che abbiano ricevuto in famiglia una buona educazione sessuale. In genere le prime nozioni sessuali vengono assorbite dai programmi televisivi, dagli amici, da qualche giornalino, e in seguito in strada, a scuola, dalla pubblicità, da Internet… “Ognuno in un certo senso si autoeduca, anche attraverso le proprie esperienze nel campo della sessualità, e ognuno approda a convinzioni personali, spesso senza chiari fondamenti scientifici”, affermano Maria e Raimondo Scotto nel loro libro “Educare all’amore e all’affettività” (Città Nuova), che vuole gettare una luce sulla questione e dare suggerimenti ai genitori in questo campo.

Nel campo della sessualità, attualmente sembra non esistere più un’etica, osservano: “tutto può essere lecito; l’importante è che il sesso sia consumato tra due persone consenzienti, senza sopraffazione dell’uno sull’altro”. Di fronte a ciò, la strada da percorrere consiste nell'aiutare i giovani “a lasciarsi guidare nella propria vita affettiva anche dalla ragione, dai propri valori, senza però lasciare spegnere gli impulsi del cuore”. Compito non facile nel contesto sociale attuale, in cui parlare di educazione sessuale è “una grande sfida, anche perché tante sono le agenzie che in qualche modo interagiscono, rendendo a volte apparentemente inefficace l’opera di quei genitori che si impegnano per educare bene i figli”.

Non si tratta di imporre al figlio i valori in cui si crede, ma di “creare il terreno giusto perché essi possano nascere dal suo cuore, dalla sua interiorità”, “di promuovere lo sviluppo di una persona autonoma, libera e consapevole, capace di gestire le pulsioni e di conferire significato ai comportamenti sessuali, proprio in base ai valori interiorizzati”.

Per questo, l’educazione alla sessualità va di pari passo con l’educazione globale della persona, in accordo con quanto sottolineato dalla psicologia. Lo stile educativo più idoneo a favorire tutto ciò è quello in cui l’educatore testimonia con la propria vita quello che richiede e considera con attenzione il punto di vista del figlio o dell’allievo.

La testimonianza deve venire in primo luogo dai genitori, primi responsabili dell’educazione dei figli, e quindi anche della loro educazione sessuale. Spesso, però, i genitori sono impreparati o hanno una certa riluttanza ad affrontare temi delicati e complessi come quello della sessualità. Per questo, quando si parla come accade oggi di “emergenza educativa” non ci si riferisce solo alle nuove generazioni, ma prima di tutto al mondo degli adulti.

Ciò non significa che i genitori debbano essere delle “persone eccezionali” che non sbagliano mai, ma dei genitori “che si sforzano di vivere gli stessi valori che propongono ai figli, ricominciando sempre ogni volta che si accorgono di sbagliare”, anche considerando che l’educazione ai valori nella famiglia avviene, più che attraverso le parole, attraverso i comportamenti.

Educare alla sessualità vuol dire anzitutto educare i figli ad un atteggiamento critico, a saper valutare e scegliere tra le diverse alternative proposte dalla società. Questo presuppone la capacità di saper rinunciare alla gratificazione immediata di una pulsione per riflettere e agire anche seguendo ciò che ci dicono la ragione e le nostre convinzioni più profonde.

Il punto verso cui dovrebbe convergere ogni progetto educativo nel campo della sessualità è la castità, termine che “sembra una parola strana, fuori moda nella nostra società, e spesso dimenticata” e che potrebbe essere invece definita come “la capacità di vivere la sessualità nella dimensione del dono” e coincide innanzitutto “con uno stile di vita, tutto improntato all’amore”, da non confondere solo con l’astensione dai rapporti sessuali.

Di fronte a un campo così complesso, per il quale non esistono “istruzioni per l’uso” o “ricette facili per la felicità” perché è “il campo della vita”, l'obiettivo è sostanzialmente “imparare, anche attraverso sconfitte ed errori, a fare scelte responsabili, a non banalizzare l’amore”.

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