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Chi è il vescovo e qual è il suo ruolo?

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Aleteia - pubblicato il 10/04/13

Il tema al centro della prima “Agorà” tra fede e laicità

Chi è il vescovo? Quali devono essere le sue caratteristiche oggi? Qual è il suo ruolo nei confronti della comunità ecclesiale e della comunità umana in generale? A queste e altre domande cercherà di rispondere la prima “Agorà” tra fede e laicità, organizzata da Gabrielli editori e dal Monastero camaldolese di Fonte Avellana (PU) e che si svolgerà dal 19 al 21 aprile presso il Monastero.

L'“Agorà” avrà come titolo e oggetto di riflessione proprio “Il Vescovo”, partendo dal libro “Non solo vescovi. La Gerarchia cattolica e le sfide della Chiesa” di Giovanni Panettiere (Gabrielli editori 2012), che racchiude 14 interviste ad altrettanti vescovi italiani sulle sfide che la Chiesa è chiamata ad affrontare in questo nuovo millennio.

L’editore e la comunità di Fonte Avellana riconoscono nel ruolo del vescovo un punto di riferimento fondamentale per un autentico rinnovamento della Chiesa locale e quindi universale. L'importanza della figura del vescovo è stata sottolineata con vigore anche da papa Francesco fin dal suo primo saluto ai fedeli dalla loggia della basilica di San Pietro, quando ha ricordato che “il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma” e ha chiesto di avanzare insieme, “vescovo e popolo”.

Nel testo di Panettiere, le caratteristiche della figura del presule vengono trattate dal vescovo di Mantova Roberto Busti, da quello di Fidenza Carlo Mazza e da quello di Cremona Dante Lafranconi.

Tutti e tre sottolineano tra gli aspetti principali la necessità che il vescovo sia vicino ai suoi fedeli e non si faccia prendere la mano dal suo ruolo. “fraternità”, ha spiegato monsignor Mazza, “bisogna farla, non solo dirla”, anche superando “un certo condizionamento storico e culturale”, ad esempio l’idea che “il vescovo non può che stare in cima alla piramide della Chiesa, con gli altri fedeli posti sotto”.

La fraternità, infatti, “cozza contro quell’ossequio così tradizionale al vescovo che da un lato può essere anche interessante, dall’altro rischia di essere una caricatura”. “Deve maturare un rapporto che tenga conto del fatto che il vescovo è vescovo, ma può essere anche un fratello. È un uomo come gli altri, un battezzato come gli altri e vive la sua fede con fatica al pari di qualsiasi credente”. Bisogna dunque “cambiare mentalità, mutare linguaggio”, perché spesso si crede ancora che “il rispetto sia a sostegno della riverenza, della sacralità del vescovo”.

La fraternità è fondamentale anche per monsignor Dante Lafranconi, vescovo di Cremona, che sottolinea come la Chiesa non sia “una comunità di perfetti”, ma “una comunità di convertiti alla grazia di essere figli di Dio in continuo cammino di conversione per vivere coerentemente questa dignità”, con il coraggio quindi di “ammettere i propri errori, perché crede nel perdono di Dio tanto quanto nella validità della proposta evangelica a cui non cessa di guardare per orientare i propri comportamenti”. “La forza della Chiesa sta proprio qui: nella sua capacità di chiedere perdono per i propri errori e nel quotidiano umile impegno di correggersi”.

 L'umiltà è un tratto importante che deve caratterizzare gli uomini di Chiesa e quindi i vescovi, ha rimarcato monsignor Roberto Busti, vescovo di Mantova, ponendo l'accento sulla necessità di “non farsi ardere dal carrierismo”, che “rende sordi alle ragioni altrui e ciechi davanti ai diritti dei più deboli”.

La voglia di potere, ha riconosciuto, “non conosce isole felici” e pervade anche la Chiesa, che è fatta di uomini, “nessuno dei quali esente dal peccato d’origine e da difetti comuni e personali”, al punto che “si dice scherzosamente che ci siano più vocazioni all’episcopato che al presbiterato”. Per questo, bisogna tener sempre presente la necessità di conversione della Chiesa, “per non cedere alla tentazione più grave dell’uomo, la ricchezza come fonte di potere e di autosufficienza”.

[LEGGI IL PROGRAMMA DELL'AGORA']

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