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Amare il nemico si può

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Chiara Santomiero - pubblicato il 09/04/13

Franco Vaccari racconta l'esperienza della cittadella della pace “Rondine”

“Se è riuscito ad accadere tra due o tre o cinque, perché non può riuscire tra cento o mille e di più?”. Il soggetto sottinteso della domanda è “l'amicizia tra nemici” ed è la filosofia alla base di Rondine, la cittadella della pace in provincia di Arezzo nata nel 1997 e che promuove un'esperienza attiva di cultura del dialogo e della pace attraverso lo Studentato internazionale. Qui vivono fianco a fianco per due o tre anni giovani che arrivano dalle parti opposte di contesti in conflitto: palestinesi e israeliani, armeni e turchi, russi e ceceni, serbi e bosniaci. A Rondine imparano ad amare il nemico di sempre riscoprendo il volto autentico del proprio credo religioso, come spiega ad Aleteia il fondatore della Onlus, Franco Vaccari, che interverrà il 19 aprile a Roma al TEDx Via della Conciliazione.

Quale esperienza portano con sé i giovani che arrivano da teatri di conflitto?

Vaccari: Portano il dolore dell'esperienza di guerra che ha segnato la loro vita e insieme le speranze che sono proprie di tutti i giovani: che lo scenario attorno a loro un giorno cambi, che possano mettere su famiglia in un Paese in pace, che possano godere di cose semplici come partecipare alla festa di compleanno del vicino. In più portano la consapevolezza che la loro preparazione culturale li abilita a una responsabilità particolare nelle società da cui provengono. Noi selezioniamo dei giovani che possano diventare futuri leader, tramite la pubblicazione ogni anno di un bando che viene spedito a Università, enti, istituzioni dei vari Paesi ma anche singole persone – vescovi, rabbini, responsabili di Ong -, impegnate a promuovere la cultura del dialogo e della riconciliazione. In Italia i giovani percorrono un doppio canale di formazione, quello accademico della laurea breve o del master post laurea e quello interno a Rondine che si basa innanzitutto sull'esperienza della vita di comunità e quindi sulla formazione alla gestione del conflitto.

Spesso il conflitto è motivato da contrapposizioni religiose, ma è davvero così?

Vaccari: Il conflitto è parte della condizione umana, fa parte del “rischio” di vivere. Tuttavia può portare a conseguenze molto diverse: al cambiamento e alla nascita di nuovi rapporti tra le persone generati dalla gestione di queste tensioni oppure può degenerare nella violenza e nella distruzione. In questo caso la violenza si ammanta di molte etichette e la religione può essere una di queste. Succede quando invece di essere elemento di dissoluzione dei conflitti diventa fonte di moltiplicazione delle ragioni di contrapposizione. L'appartenenza religiosa vissuta con autenticità non può che portare alla convivenza pacifica tra le persone.

In che modo i giovani di Rondine tornando nei loro Paesi diventano portatori di una cultura diversa?

Vaccari: Non è facile, perché l'ambiente che trovano è quello di prima mentre per loro niente più è come prima. La loro presenza diventa essa stessa un elemento di rottura e di conflitto. E' in questo che si gioca la mentalità di apertura acquisita a Rondine e ci sono risultati, anche grazie al grado culturale che possiedono questi giovani, straordinari: all'Università di Makeni, in Sierra Leone quattro Rondini d'oro (n.d.r. i ragazzi che hanno terminato l'esperienza nella cittadella di pace) hanno aperto il primo Istituto per i diritti umani dell'Africa subsahariana e sono docenti per altri giovani; nei Balcani sono giornalisti di una emittente tv e sono presenti nel sindacato, altri hanno avuto riconoscimenti nel mondo della diplomazia. Soprattutto essi portano dentro di sé l'esperienza che ciò che sembrava impossibile – incontrare il proprio nemico, addirittura diventarne amico – è invece possibile, è successo. E questa non è un'acquisizione intellettuale ma un'esperienza affettiva, relazionale, culturale che porta frutti di vita. La constatazione dell'insensatezza della guerra sbriciola le radici dell'inimicizia.

Di cosa devono spogliarsi le religioni per essere strumenti di pace e non di conflitto?

Vaccari: Le religioni devono disarmarsi, spogliarsi di ogni tono trionfalistico, delle immagini caricaturali, insopportabili e odiose che hanno a volte di Dio. Il volto vero di Dio è “i fratelli che stanno bene insieme”: quando il riferimento a Dio conduce alla fraternità, la religione è vissuta con autenticità, quando è motivo per considerare l'altro un nemico, non è autentica, è una caricatura. Porta a rendere vera l'espressione del filosofo che affermava: “Padre nostro che sei nei cieli, restaci”. Il giorno in cui ho pensato che l'esperienza di Rondine “funziona” è stato quando un ragazzo palestinese mi ha confessato che il ragazzo israeliano con cui aveva diviso l'esperienza nella cittadella della pace gli mancava. Nemico è qualcuno che voglio far sparire dalla mia vita: se il mio ex nemico, manca perché la mia felicità sia completa, allora la pace non è un'utopia e il nostro compito è farlo sapere.

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