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Perché Dio non ha distrutto il demonio?

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padre Angelo Bellon, o.p. - padre Albert Hisham Naoum - pubblicato il 29/03/13

Il caso di Giuda pone diversi interrogativi che toccano da vicino la questione del male.

Se Dio avesse distrutto il demonio, che ha creato come essere di rara bellezza, si sarebbe manifestato come un Dio capriccioso e vendicativo. Inoltre non è Dio che decide di mettere al mondo una persona che poi andrà all’inferno. Infine l’azione salvifica di Dio non cessa mai nei confronti di coloro che si perdono.

1. Non è del tutto scorretta questa considerazione. Ha bisogno però di precisazioni. Gesù ha detto di Giuda che sarebbe stato meglio per lui se non fosse mai nato (Mt 26,24)!

2. Come mai allora è nato? Chi l’ha messo al mondo? È nato ed è stato messo al mondo per volontà dei suoi genitori. I quali hanno pensato di donargli tante cose buone con l’esistenza. Ma i suoi genitori non sono imputabili per avergliele date. Perché certamente avranno fatto il possibile per educarlo bene. Giuda si è pervertito, andando dietro, di propria spontanea volontà alle cattive inclinazioni e alle tentazioni del demonio.

3. Dio in questo che cosa ha fatto? Quando i suoi genitori l’hanno concepito, ha creato la sua anima e l’ha infusa in quel corpo, come ha fatto e fa ogni qual volta gli uomini mettono insieme le disposizioni adatte a suscitare una vita.

4. Poteva Dio non creare l’anima di Giuda? In teoria sì. Ma a che cosa avrebbe ridotto la nostra libertà, anche la libertà dei suoi genitori? Creando gli uomini liberi, in qualche modo Dio si è obbligato nei loro confronti. Dio non sarebbe rispettoso della libertà umana se in un caso infondesse l’anima e in un altro caso non la infondesse. Sarebbe allora come un burattinaio che dietro le quinte manovra le scelte degli uomini.

5. Dio avrebbe potuto anche annientare gli angeli pervertiti, i demoni. In teoria lo dobbiamo ammettere. Ma anche qui: che significato avrebbe creare un essere con una natura buona (e non è necessario scomodare le risposte date all’interno di un esorcismo per saperlo) e di suo destinata ad esistere per sempre per poi annientarla se questi decide di non amarlo? In questo caso non diremmo forse che Dio sarebbe capriccioso? Inoltre se non lo ha fatto, ha avuto i suoi motivi.
E probabilmente con questo ha voluto ammonirci e farci pensare alla responsabilità che abbiano nelle nostre singole azioni: siamo in grado di mettere in causa in ogni momento il nostro destino eterno, tanto nel bene quanto nel male.

6. Per tornare a Giuda: se Dio avesse creato Giuda così come Giuda si è manifestato alla fine, se l’avesse introdotto nel mondo senza la volontà dei suoi genitori, se l’avesse creato malefico e irriducibilmente predestinato all’inferno, allora avresti ragione tu. Ma le cose non sono andate così. Giuda è stato voluto come essere umano buono dai suoi genitori. E la sua anima da Dio è stata creata bella e luminosa. Nel prosieguo della sua vita Giuda ha avuto delle tenerezze speciali da parte di Dio. Potrei dire che è stato addirittura oggetto di predilezione. Ha avuto la fortuna di incontrare Gesù, di ascoltare la sua predicazione, di vedere i suoi miracoli, soprattutto di essere stato chiamato a formare la cerchia dei suoi più intimi, gli apostoli. La perversione della sua volontà è stata solo opera sua.

7. Forse, scegliendo Giuda tra i prediletti, Gesù ha voluto mostrare a tutti quanta attenzione abbia per coloro che si dannano. Fa di tutto in ogni istante per premere sulla loro coscienza perché si ravvedano. “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). L’azione salvifica di Dio nei confronti di chi si danna è continua. Dio non abbandona mai nessuno, neanche i peccatori più inveterati nel male. Anche alla fine fa l’ultimo tentativo di salvezza, come ha fatto con i due ladroni crocifissi insieme con Cristo. Di questi però solo uno ha accolto l’azione della sua grazia. L’altro è rimasto ostinato. Da questo ne viene fuori la conclusione che la misericordia di Dio è veramente infinita, anche nel tollerare che qualcuno decida di essergli eternamente ostile.

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