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L’incontro tra due papi, un gesto storico nella continuità

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©OSSERVATORE ROMANO/CPP

Aleteia - pubblicato il 25/03/13

Papa Francesco e Benedetto XVI si incontrano a Castel Gandolfo come “fratelli”

Sabato 23 marzo è un'altra delle giornate di questo 2013 che passeranno alla storia. In un evento senza precedenti, il papa regnante ha incontrato quello emerito, due figure vestite di bianco unite nel bene della Chiesa.

Papa Francesco è infatti volato in elicottero a Castel Gandolfo, dove il suo predecessore Benedetto XVI sta soggiornando dopo le sue dimissioni, entrate in vigore alle 20.00 del 28 febbraio scorso. Entrambi indossavano la talare, cioè la veste che arriva ai talloni, bianca, sulla quale il papa emerito non aveva nulla, mentre quello regnante aveva la mozzetta – la mantellina aperta sul petto -, dello stesso colore e della stessa stoffa della talare, e la fascia intorno alla vita (Corriere della Sera, 24 marzo).

In questa situazione senza precedenti – mai era accaduto che un pontefice “si dimettesse per vecchiaia rimanendo ad abitare vicino al successore e vestendosi ancora da papa” e che il vescovo di Roma “avesse accanto l’emerito a cui fare riferimento e poter chiedere consiglio” -, la parola d'ordine tra Benedetto XVI e papa Francesco sembra essere “continuità”, a dispetto dei tanti che in questi giorni hanno rilevato una frattura tra i due pontificati, come se tanti degli argomenti affrontati dal nuovo pontefice, come la difesa del creato o l'opposizione a carrierismo e mondanità spirituale nella Chiesa, non fossero stati trattati anche da papa Ratzinger  (La Stampa, 24 marzo).

Lo storico incontro a Castel Gandolfo, sotto il segno della tenerezza e della semplicità (Rosso Porpora, 24 marzo), “promessa di serenità e di pace per tutto il popolo cristiano, per l'umanità intera”, come lo ha definito il portavoce vaticano padre Lombardi (Corriere della Sera, 24 marzo), ha visto procedere Bergoglio e Ratzinger con un'armonia spontanea: “l'abbraccio all'eliporto, senza alcun segno di sottomissione o anche solo di deferenza dell'uno verso l'altro; il viaggio in Mercedes, con Francesco seduto dietro a destra, il posto del papa, e Benedetto a sinistra”, l'aver preso l'ascensore di Castel Gandolfo insieme, mentre è tradizione che il papa salga da solo.

Solo a un tratto hanno avuto un momento di incertezza: entrati in cappella, Bergoglio ha distanziato Ratzinger, che avanzava lento con il bastone. “Francesco si è trovato davanti l'inginocchiatoio bianco riservato al Pontefice. D'istinto ha fatto per avvicinarsi. Poi, interpretando un cenno del predecessore, gli ha ceduto il posto e si è mosso verso il fondo della cappella. Ma Benedetto gli ha fatto segno che in fondo sarebbe andato lui. Al che Francesco gli ha stretto la mano tesa e gli ha proposto di pregare insieme: due pontefici inginocchiati nello stesso banco”, perché, come ha detto il papa al suo predecessore, “siamo fratelli” (Corriere della Sera, 24 marzo). “Niente di più bello di quella corsa ad essere secondi” (Il Sussidiario, 25 marzo). Ed ecco allora l'immagine di due uomini in bianco inginocchiati davanti a una Madonna Nera di Czę, qualcosa che il mondo non aveva neppure osato pensare possibile (La Repubblica, 24 marzo).

Nessuna contrapposizione, quindi. I due papi rappresentano lo stesso servizio al Vangelo, ma reso con linguaggi e espressioni diverse. Se i quattro evangelisti erano tanto diversi – Luca con l’opzione preferenziale per i poveri, Matteo che coglie maggiormente l’orizzonte dell’insegnamento e del compimento della Legge-Torah, Marco che sottolinea tutto lo spessore umano del Figlio dell’Uomo e Giovanni che preferisce leggere tutta la vicenda di Gesù come storia e gloria dell’Amore –, “non potrebbero esserlo anche i vescovi e dunque anche quello di Roma, successore non di un evangelista ma dell’apostolo Pietro?” (La Stampa, 24 marzo).

“Si affida a Francesco, Benedetto, come avendogli messo fra le braccia la Chiesa; si affida a Benedetto Francesco, nella certezza della forza di quel 'servizio della preghiera' cui il Papa emerito si è votato. E noi che siamo il popolo di Dio ci sentiamo presi dentro quell’abbraccio”, “tranquilli, sorretti, affidati” (Avvenire, 24 marzo).

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